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La Poesia: archetipo dell’Uomo



Carlo Scirocchi



Carlo Scirocchi è nato a Roma ed è stato finalista, con opere di poesia e di prosa, in diversi concorsi di importanza nazionale e internazionale tra cui si segnala: Premio Nazionale Biennale di Poesia Città di Solofra, Premio Nazionale Biennale di Poesia “Prometeo-Bassano”, varie edizioni del Premio Internazionale "Eugenio Montale" di cui ha vinto l'edizione del 1988 per la sezione poesie inedite con la pubblicazione della silloge “Poesie d’amore e nostalgia” presso l'editore Scheiwiller.
La sua raccolta “Poesia in Forma di Bambino” è risultata tra le opere vincitrici del Premio Letterario dell’Istituto Bibliografico Napoleone (Roma 1990). Ha pubblicato la raccolta di poesie "L'uomo di Palenque" (Forum/Quinta Generazione,Forlì 1983) e il romanzo “L’uomo del III° millennio” (Editrice Tracce, Pescara 1994).
Il suo racconto “Il Portalettere” è apparso sull’antologia “A cosa servono gli Angeli” (Edizioni Ellin Selae, Murazzano (CN) 1995). L’ultimo romanzo, ‘La Porta dei Cherubini’ è stato pubblicato dalle edizioni Il Punto d’Incontro di Vicenza.

Ho letto con interesse il numero di Caffè Europa  così ricco di spunti e riflessioni sulla poesia. Il fatto che capiti di incontrare dibattiti e articoli di questo tipo anche su Internet già dimostra che la poesia non è affatto morta.

Anche Adorno aveva predetto la morte della poesia dopo i campi di sterminio ma il fatto stesso che esistessero documenti come il Diario di Anna Frank, scritto da un’anima nobile dall’interno dell’olocausto, mostrava il contrario: l’anima umana e la poesia sono due cose che non possono che esistere insieme, anche nei momenti più terribili e nelle forme più inaspettate. Probabilmente il punto di vista che possiamo avere guardando il mondo dall’Italia è viziato da quello strano connotato della nostra nazione che è la scarsità di lettori. Sappiamo dalle statistiche quanti sono gli analfabeti o quasi e quanti sono quelli che leggono non più di un libro all’anno, meno che mai di poesia. Insomma le sorti del linguaggio poetico, per fortuna, vanno ben oltre il momento storico e culturale alquanto depresso del nostro Paese.

Non voglio entrare in questa sede nell’analisi delle cause di tale situazione. Preferisco fare alcune affermazioni sulla Poesia, maiuscola, come linguaggio portato alla sua massima intensità, come affermava Ezra Pound. Interrogarsi sulla ‘funzione’ della poesia o confrontarla con i mass media moderni in questa ottica non ha molto senso poiché l’esistenza della Poesia è semplicemente giustificata dall’esistenza dell’uomo. Tempo fa mi è capitato di leggere un articolo di un Maestro Sufi il quale affermava che il sufismo è sempre esistito e sempre esisterà finchè ci sarà la razza umana. Quello che è cambiato nei secoli è solo la sua forma esteriore che ha preso le sembianze degli usi e costumi delle diverse popolazioni e delle diverse epoche.

Qualcuno dirà: cosa centra il sufismo con la Poesia? Bene, il nesso è che sia l’Insegnamento spirituale, di cui il sufismo è una delle massime espressioni, che la Poesia sono espressione archetipica dell’Umanità. Se la Poesia è, come credo che sia, non soltanto una espressione culturale o estetica ma una espressione dello spirito umano, allora non potrà che esistere finché esisteranno esseri umani. La sua funzione, se proprio vogliamo esprimere la questione in questi termini, nasce dalle sue stesse caratteristiche.

Mi viene in mente che un personaggio antico, ma di validità universale, come Pitagora aveva già individuato tre forme fondamentali di linguaggio: la semplice parola, il geroglifico e il simbolo. A queste tre forme egli attribuiva tre diverse funzioni: il verbo che esprime, quello che nasconde e quello che significa.. Di geroglifici per addetti ai lavori, fatti per nascondere le cose agli ‘estranei’, ve ne sono in giro molti anche oggi. Di parole in libertà che esprimono notizie più o meno attendibili, demagogìe e propagande ve ne sono fin troppe. Mi sembra che quello che soffra maggiormente della civiltà dei telefonini sia proprio il linguaggio simbolico di cui la Poesia è appunto la massima espressione. Non che il linguaggio poetico sia fatto solo di simboli ma anche gli altri strumenti che gli sono propri, come l’allusione, la metafora, l’allegoria, rientrano, come il simbolo, nell’area immaginifica, allusoria, intuitiva del pensiero umano che, tutta insieme, rappresenta il ‘significato’ Pitagorico dell’esistenza.

La mia riflessione, evidentemente, parte dal presupposto che le facoltà percettive dell’uomo non risiedano soltanto nei sensi ma che esista una dimensione profonda che è in grado di ‘udire’ quello che né la lingua può definire né le orecchie possono discernere. Si tratta della dimensione spirituale che, stranamente, entra in maniera piuttosto stentata nei dibattiti odierni sull’Arte e sulla Poesia. Per quanto mi riguarda non ho difficoltà a dichiararmi credente e, quindi, seguace dell’idea che esista qualcosa chiamata ‘spirito’ e, perciò, una comunicazione specifica per questa dimensione. Il fatto che la Poesia riesca ad evocare, o come altro si voglia definire il suo effetto, certe particolari sensazioni credo si possa interpretare come il risultato di questo suo connettere la dimensione visibile con quella invisibile ma archetipica dell’uomo. Insomma parlare di Poesia, secondo me, implica il coinvolgimento dei molteplici piani della coscienza umana che non riguardano solo la sfera emozionale o psicologica o sociale ma anche, e a maggior ragione, quella spirituale.

Non credo che sia per puro gusto del ritmo o dell’eleganza espressiva che la letteratura umana sia nata attraverso i grandi poemi che tutte le culture hanno espresso. Non credo neanche che sia per semplice ritualità o liturgia che tali poemi rispondano tutti alla dimensione e alla forma mistico-simbolica. Insomma, mi sembra che il legame tra il linguaggio poetico e la dimensione mistica dell’uomo sia altrettanto stretto di quello, dal lato della forma, con la musica e il ritmo con cui, fin dalle origini, la poesia è strettamente connessa. L’addentrarsi del linguaggio poetico, secondo i canoni più disparati, anche apparentemente minimali o ‘laici’, nel fitto labirinto delle sottili evocazioni, è fenomeno che appartiene alle necessità dello spirito umano che vuole essere partecipe del mistero dell’esistenza, non raggiungibile altrimenti.

Se poi si vuole a tutti i costi vedere connessioni con i moderni strumenti della comunicazione mi permetto di osservare che, ben prima dei computer, al linguaggio poetico si deve riconoscere il merito della virtualità. Parlo di merito perché non c’è dubbio che oggi la realtà sia modellata anche da ciò che transita sulla rete o risiede nelle memorie elettroniche e che tale stato di fatto sia un elemento di evoluzione e, se ben usato, renda il mondo più accessibile. Ma, seppure nei limiti del solo supporto cartaceo o papirico, le gesta degli eroi e degli dei di Omero o l’avventura di Dante e di Virgilio nei gironi dell’aldilà, o l’epopea di Ghilgamesch appartengono al mondo della visione mitologica e simbolica cioè, come dice il dizionario alla voce ‘virtuale’, non reale. Ma quanta saggezza, quanto materiale di comunicazione, quanta cultura condivisa esiste in quei versi! Si tratta veramente di una autentica ‘banca dati’ nel senso più ampio del termine, una banca dati che riguarda il cuore dell’uomo più che il suo intelletto razionale.

Questo stesso ragionamento mi sembra rappresenti un elemento di ottimismo verso la Poesia. Infatti, proprio la possibilità di avvalersi oggi dei tanti mezzi di comunicazione verbale e scritta può permettere a chi abbia la sensibilità giusta di riconoscere e riappropriarsi della funzione poetica in senso stretto. Non avendo più la necessità di affidare ai versi anche i contenuti culturali, rituali e sociali dell’epoca, che possono viaggiare lungo altri canali, la specificità evocativa e spirituale della Poesia può essere vissuta in piena coscienza e libertà, gustando questo suo idioma che ‘significa’ la nostra vita.

Per questo non è affatto necessario che il poeta si affanni a trovare una giustificazione al suo lavoro cercando di inventare cose come ‘poesia impegnata’ o ‘poesia ecologica’. La Poesia è come la spiritualità: saprà suggerire le sue stesse forme, come è sempre successo nella storia umana conosciuta. Naturalmente, essendo i poeti anche dei grandi narcisi, è giusto che si preoccupino del loro successo come individui. Ma non credo che la loro storia individuale abbia, su scala cosmica, molta importanza. La Poesia si esprime attraverso di loro, per quanto è concesso da loro stessi.

In fondo, a parte i nomi che sono altrettanto rarefatti e resi a loro volta simbolici dal tempo, cosa sappiamo veramente di Dante o Omero o Shakespeare se non l’espressione poetica che attraverso la loro effimera carne si è manifestata? Nella loro opera apprezziamo e condividiamo il nostro spirito senza tempo, non certo le beghe politiche o sentimentali contingenti alla loro vita e alla loro epoca. Ed è questa profonda condivisione, e null’altro, che ci fa vivere e rivivere con sottile emozione l’appartenenza a un’umanità che, volente o nolente, nella sua unicità, si trova a remare nella stessa barca dell’indefinibile, ineffabile, misterioso apparire del nostro spirito nel tempo e nello spazio.

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