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Attualita'



Confermato, il male fa notizia

Giancarlo Bosetti


Giancarlo BosettiLettori e voglia di spiegazioni

Ah, la durezza dei fatti, quanto male fa! E quanta fatica facciamo ad accettarla! Si capisce dalla immediata, scatenata passione con cui tutti noi cerchiamo istintivamente di elaborarli, di approfondirli con altre notizie, di trovarne le ragioni, di circondarli di teorie, in una parola di spiegarli, perche’ spiegandoli bene possiamo continuare a sperare di trovare rimedi, soluzioni, ragioni di speranza. Che si tratti di pulizie etniche o di terrorismo, del calvario dei kosovari e della guerra oppure dell’assassinio di un intelligente tessitore di politiche del lavoro, si manifesta un fortissimo desiderio di sapere. Non ho mai visto bene questo fenomeno, pure cosi’ umano e cosi’ trasparente, come dal retrobottega di questa rivista elettronica. Dalle redazioni dei giornali di carta, che pure si stanno occupando di guerra e di terrorismo con grande impegno sia nella cronaca che nella discussione culturale e politica, neppure con i piu’ sofisticati strumenti demoscopici si potra’ mai sapere esattamente che cosa la gente legge. Qui invece, nonostante "Caffe’ Europa" sia una rivista nata da pochi mesi e ancora poco conosciuta, succede che, gia’ dalle prossime ore, sapro’ quante persone avranno letto queste righe, quante avranno letto il dispositivo dell’incriminazione di Milosevic, quante avranno faticosamente affrontato il documento integrale delle Br che rivendicano l’uccisione di Massimo D’Antona o interrogato gli esperti che avanzano ipotesi sul delitto. Non so se un giorno, quando quotidiani e riviste on line saranno oggetti di consumo corrente, ci sara’ qualche forma di garanzia (della privacy? dei diritti individuali o sindacali?) per impedire che circolino i dati analitici sulla lettura in un modo che quantifichi al millesimo il numero di occhi che si e’ posato su un pezzo e ne ha trascurato un altro. Quel giorno i venticinque indistinti lettori del Manzoni diventeranno una cifra indiscutibile su un tabulato.

Il male fa notizia

Per ora abbiamo la conferma matematica che "il male fa notizia", implacabilmente piu’ del bene. La discussione sulla guerra provoca su Caffe’ Europa piu’ contatti (le pagine aperte sono passate con la guerra da cinquemila a dodicimila al giorno) di qualunque discussione letteraria, politica, artistica, per quanto avvincente, e l’analisi di quest’ultimo crimine delle Br, cosi’ carico di interrogativi, spinge i lettori a cercare elementi che spieghino anche quello che nessuno riesce ancora a spiegare. E’ vero che l’informazione e’ anche intrattenimento e che di questo, anche, vivono i giornali. Ma in momenti come l’attuale il bisogno di informazioni sul "male" diventa vitale, primario.


Ci sono i consolatori

A proposito di durezza dei fatti, mai come in queste circostanze e’ evidente che la difficolta’ di accettare i grovigli malefici che la cronaca ci mette davanti e il disagio di convivere con problemi di difficilissima soluzione spinge a cercar rifugio in spiegazioni che non spiegano ma che hanno, in fin dei conti, un valore consolatorio. E’ un meccanismo che ha sempre fatto la fortuna delle dietrologie, delle teorie cospiratorie, delle scuole del sospetto. Lo sanno bene molti abili giornalisti, che sono amati dal pubblico anche per questa loro capacita’ "terapeutica". Due esempi: gli articoli di Indro Montanelli sul Corriere e di Renato Farina sul Giornale di venerdi’ 28 maggio.

Montanelli e Farina

Il primo racconta il suo colloquio, alla fine del processo di Norimberga contro i criminali nazisti, con l’avvocato Schlabrendorf, un perseguitato dal regime che fu incaricato di sostenere la loro difesa. Questi disse a Montanelli: "Fatto dai tedeschi, questo processo avrebbe potuto avere un grande significato di giustizia. Fatto dai vincitori, sara’ soltanto un atto di vendetta che esentera’ il popolo tedesco dall’esame di coscienza sui crimini del nazismo". Eh gia’, sarebbe stato molto meglio! La rievocazione serve all’autore per introdurre la tesi che l’Aja avrebbe dovuto aspettare, per l’incriminazione, che facesse il suo corso l’estremo tentativo russo di mediazione e che un Milosevic giudicato dal suo popolo sarebbe preferibile al vederlo trascinato come preda bellica davanti alla Corte dell’Aja. Piu’ ispido e radicale, Renato Farina spinge la sua recriminazione per la decisione della Procura dell’Aja fino a denunciare una "giustizia a orologeria" (allusione a Mani Pulite) al servizio della Nato: "Sono i vincitori a spiegare chi sono i buoni e i cattivi nelle guerre…" con quel che segue. Farina vorrebbe incriminare gli incriminatori, si appella a una corte piu’ alta di quella dell’Aja, la corte della coscienza, e invoca, a fin di pace, una immunita’ temporanea per Milosevic e compagni. "Poi sara’ il suo popolo a regolare i conti".

 

Le ragioni di Louise Arbour

La durezza dei fatti, di cui dicevamo, e con cui invece dobbiamo misurarci consiste in questo: che il procuratore dell’Aja Louise Arbour e la sua squadra di inquirenti ha raccolto nei confronti di Milosevic, presidente della Repubblica federale jugoslava, Milutinovic, residente della Repubblica serba, Sainovic, viceprimoministro federale, Ojdanic, capo delle forze armate, Stojiljkovic, ministro degli interni serbo, una base documentaria sufficiente, e soltanto per i primi mesi del ’99, a incriminarli per deportazioni, stragi, assassinii e persecuzioni, cioe’ per crimini contro l’umanita’ e per violazioni delle convenzioni di guerra. La durezza dei fatti consiste in questo: che quegli elementi sono considerati sufficienti – c’e’ qualcuno che ne dubita? – a chiedere l’arresto del capo dello stato jugoslavo e a congelare i suoi beni e che la tutela dello stato di diritto richiede oggi che lo stato federale jugoslavo, e in particolare il ministro della giustizia, provvedano a garantire che gli accusati si consegnino volontariamente oppure vengano catturati e consegnati al tribunale dell’Aja. E consiste ancora nel fatto che, se la Procura internazionale non avesse proceduto avrebbe tradito la fiducia di coloro che hanno in lei una garanzia per la loro vita e la loro sicurezza. E sempre a proposito di indigesta durezza dei fatti, il testo della dichiarazione della Arbour spiega a chi argomenta in base a legittime preoccupazioni per la pace e le trattative che "rifiutare" la incriminazione non sarebbe stato un atto meno carico di conseguenze sulle stesse trattative.


Il capo e’ Milosevic

L’incriminazione – questo il sottile e tagliente argomento della procura – non rende gli accusati meno affidabili della non incriminazione, semplicemente rende esplicita la loro inaffidabilita’. Che ha la durezza di un fatto, al quale, credo, nessuno possa ragionevolmente obbiettare. In altri termini, si puo’ speculare quanto si vuole sui tempi della decisione, sui suoi effetti nella dinamica internazionale delle mediazioni, ma il problema rimane li’, squadernato per quello che e’: Milosevic e’ il capo del governo federale jugoslavo e nessuno lo caccia via pacificamente.


Se i popoli non decidono

I fatti. Schlabrendorf, l’avvocato, chiamato in causa da Montanelli aveva partecipato alla congiura di Stauffenberg e Goerdeler per far fuori Hitler con una bomba. Purtroppo – un gigantesco purtroppo – quell’attentato falli’. E, ancora purtroppo, nessuna iniziativa del popolo tedesco provvide a giudicare sovranamente Hitler, talche’ ci vollero sbarchi, da Anzio alla Normandia e molti morti. Storia nota di "ingerenze". Ah, se i popoli provvedessero da soli! E se la Germania si fosse liberata di Hitler con un referendum, o un’insurrezione? E se gli Italiani avessero cacciato Mussolini nel 1939? Quante cose sarebbero cambiate, non credete? A Nettuno non ci sarebbe un cimitero americano. A Dresda non ci sarebbero tuttora tante rovine. Ma non accadde. Ci volle l’"ingerenza".

L’unico vantaggio che ora hanno i Serbi e’ che questa loro pagina di storia, altrettanto tragica, non e’ ancora tutta nel passato. Ma siamo agli sgoccioli. Il tempo e’ quasi scaduto.

 

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