Accordi e disaccordi, scritto e diretto da Woody Allen, con
Sean Penn, Samantha Morton, Uma Thurman, Woody Allen
Da tempo - almeno dall'uscita di Mariti e mogli - non riesco più
a guardare un film di Woody Allen senza provare un'amarezza profonda,
un senso di disperazione così totale da restarne quasi annichilita.
E succede anche se ho passato metà della proiezione a ridere.
Un esempio per tutti? Tutti dicono I love you, la commedia
più tragica e priva di speranza sul tema dell'amore della produzione
alleniana. Se non fosse perché comunque Woody rimane un regista
di classe, avrei smesso di farmi del male andando a vedere i suoi
nuovi film.
Per fortuna ho tenuto duro fino ad Accordi e disaccordi,
che pur nella sua amarezza - dichiarata, questa volta, e forse
per questo più accettabile - è un film di grande pietas e di irresistibile
tenerezza. Accordi e disaccordi è la fantabiografia del
chitarrista jazz Emmet Ray (Sean Penn) che durante gli anni della
Grande Depressione gira l'America cercando di affermarsi come
il migliore nel suo genere, pur essendo dolorosamente cosciente
che il numero uno, il gitano (realmente esistito) Django Reinhardt,
sarà sempre un po' più bravo di lui.

Il vero problema di Emmet non è tuttavia quello artistico: anzi,
solo con in mano una chitarra lui prova qualcosa di simile alla
felicità (o almeno un po' di sollievo dall'infelicità del vivere).
Il dramma è che Emmet, in quanto artista, è convinto di non avere
bisogno di nessuno, e che il fatto stesso di creare legami affettivi
con gli altri - diciamolo, di innamorarsi - possa privarlo del
proprio talento. Questa perversa teoria fa il paio con quella
secondo la quale "se tiri fuori quello che hai dentro hai
chiuso", quando invece è proprio l'incapacità di riversare
completamente se stesso nella musica a impedire a Emmet di raggiungere
la vera grandezza.
Neppure l'incontro con una ragazza muta, Hattie (Samantha Morton),
anima gemella del chitarrista anche grazie al suo handicap (Hattie
è in grado di ascoltare la musica e le chiacchiere di Emmet, ma
non di rispondergli, così che lui può illudersi che la loro sia
davvero una "relazione a senso unico"), riesce a farlo
uscire dall'autismo emotivo al quale si è volontariamente condannato.
Altro che Stardust Memories: è Accordi e disaccordi
il più genuino tributo di Woody Allen a Federico Fellini. Il rapporto
fra Emmett ed Hattie rimanda infatti a quello fra Zampanò e Gelsomina,
lui un "artista" egoista e brutale, lei una creatura
indifesa e gentile, preda naturale (e alla fine carnefice involontaria)
del proprio compagno di strada (non a caso anche Accordi e
disaccordi è una sorta di road movie all'interno dell'avanspettacolo).

Quante volte Woody Allen ha affrontato il tema (fortemente autobiografico)
della difficoltà - o incapacità - di amare degli artisti? Quante
volte, con estrema (auto)ironia, ha fatto sì che il suo protagonista
si barricasse dietro al proprio talento per non confrontarsi con
la realtà, e soprattutto per non mettere in gioco le proprie emozioni?
La differenza è che questa volta Allen, raccontando il dramma
di un artista che non vuole o non sa amare, ha creato un personaggio
a tutto tondo che è sì un suo alter ego, ma non una sua copia
carbone (anche perché non viene interpretato personalmente da
Allen, o da qualche suo clone, col solito corollario di tic e
neurosi newyorkesi).
Questo piccolo film, girato con un'attenzione maniacale al dettaglio
(splendide le scenografie di Santo Loquasto, splendida la fotografia
di Zhao Fei, già responsabile di Lanterne rosse, accuratissima
la scelta delle musiche, dei costumi, dei caratteristi - uno per
tutti: John Waters) è una favola minore, raccontata come la tragedia
di un uomo ridicolo nella sua ostinata determinazione a non lasciarsi
contaminare dai sentimenti, eppure struggente nel suo desiderio
di amare e di essere amato.
Quanta malinconia in queste inquadrature color seppia e ocra,
in queste nuance di rosa antico e verde salvia, quanta nostalgia
per un'epoca in cui la musica per tutti era musica da intenditori,
per un mondo scomparso dove la luna era di cartone e le stelle
si vedevano a occhio nudo, dal buio della strada. E quanto affetto,
da parte del regista, per il suo Zampanò con la banana impomatata,
un pappa col biglietto da visita, uno che appena prova a sollevarsi
da terra scopre di soffrire di vertigini (e la metafora della
falce di luna è molto più onesta di quella dei danzatori che si
librano nell'aria in Tutti dicono I love you: Emmet sa
di non riuscire a volare, i ballerini sulla Senna facevano finta
di crederci).

Così il personaggio di Emmet Ray, l'uomo che non sapeva amare,
diventa suo malgrado l'ultimo dei romantici, e ci fa riscoprire
un Woody Allen tanto più commovente quanto meno è impegnato a
cammuffare la sua disperazione esistenziale con storielle finto-ottimiste
dall'immancabilmente a lieto fine.
Una parola sola per Sean Penn e Samantha Morton, attrice inglese
al suo debutto americano: strepitosi. Lui da superbo bad boy si
è trasformato in un prim'attore totalmente privo (almeno in questo
film) di vanità personale. Lei ricorda le star del cinema muto,
capaci di esprimersi con gli occhi, con la bocca (anche se non
con la voce), con il corpo: mai visto tanto quieto carisma in
una ragazza così apparentemente anonima.
I siti ufficiali del film:
In inglese, a cura della Sony Pictures Classics
Notizie, videoclip, foto di scena
http://www.spe.sony.com/classics/
sweetandlowdown/home.html
In francese, a cura della Pyramide Films.
Immagini del film, musica, note di produzione e di regia, link
http://www.pyramidefilms.com/accordsetdesaccords/