Polveri e altari
Ermelinda Campani
Il Festival di Cannes, giunto alla 53 edizione, si è aperto sotto un cielo coperto e
una pioggia estiva che ha bagnato tanto il pubblico quanto il premier Jospin e le star
che, una dopo l'altra, hanno salito le scale del Palais du Festival. La cerimonia
inaugurale non ha tuttavia deluso le aspettative in quanto a grandeur ed eleganza. Lo
stesso non si può dire di Vatel, il filmone di Roland Joffé che ha inaugurato, fuori
concorso, la 53ma edizione del Festival di Cannes, perché la scenografia barocca del
film, che raffigura la Francia secentesca e il modo di vivere alla corte del Re Sole, e la
storia che il film racconta di fatto non sono riusciti a convincere gli spettatori, e
nemmeno a emozionarli.
Depardieu veste i panni di Vatel, un uomo la cui vita e' regolata dalle passioni e il cui
scopo e' quello di dare piacere agli altri. Di fatto, in un testo che dovrebbe celebrare i
piaceri, appunto, del palato e non solo, ci troviamo invece di fronte a una fredda
ricostruzione storica, a personaggi che come esseri umani risultano poco convincenti e a
una narrativa che a tratti si fa troppo lenta, quasi tediosa. Non bastano a salvare il
film le ricette che la creativita' di Vatel inventa, una dopo l'altra. In fondo, la crema
chantilly, suo asso nella manica, serve solo a contribuire alla chiusa prevedibile del
film.

Le ricette non salvano nemmeno la vita di Francois Vatel che, alla fine (non riveliamo
nulla: la storia e' nota) si suicidera' disperato perche il pesce che aspettava e che
avrebbe dovuto chiudere in grande stile la tre giorni gastronomica in onore del Re Sole
non arriva. Ma della morte di Vatel non si accorgera' nessuno, l'abbuffata continua e lo
spettacolo secentesco va avanti. Si', perche' Vatel e' come uno degli strabilianti addobbi
secenteschi di cui il film abbonda e che si devono alla maestria di Jean Rabasse per le
scene, di Yvonne Sassinot de Nesle per i costumi, e di Louise Marzaroli per le splendide
tavole imbandite.
Vatel, che celebra uno degli episodi piu francesi della storia di Francia, e che inaugura
con spirito patriottico il festival, e' girato in inglese; se Depardieu confessa di
divertirsi di più quando non recita in francese lo stesso non puo dirsi del pubblico che
fatica a decifrare le sue parole, inglesi si' ma francesissime in quanto ad accento. Poco
male, in effetti questa scelta di lingua (che tradisce uno degli stereotipi piu'
tipicamente attribuiti ai francesi, ma si sa, Cannes non e' Parigi) e' forse una delle
note piu' riuscite del film perche' da' a Vatel un che' di esotico, lo colloca al di fuori
della norma e fa di lui un uomo decisamente diverso da quelli che lo circondano. Vicino a
lui, come ad ogni grande uomo che si rispetti, c'e' una donna. E' Anna, interpretata da
Uma Thurman (che al Festival si e' presentata con un abbigliamento che pareva voler
riscattare il destino sottomesso di Anna), imprigionata nei meccanismi certo non
femministi della corte ma che riesce, grazie all'incontro con Vatel, ad affrancarsi e a
cambiare il proprio destino.
Speriamo che non si cada anche per questo film nelle solite e stantie polemiche relative
alla fedelta' reale o presunta del testo filmico rispetto alla Storia, quella vera. Non
importerebbe che il Re Sole di Joffé fosse credibile o meno, se il film riuscisse a
convincere il suo pubblico e a collocarsi come testo dentro e fuori dalla Storia. Ma la
sceneggiatura di Jeanne Labrune, riscritta in inglese da Tom Stoppard, di fatto non si
cura ne'della storia ne' del protagonista il cui ruolo alla fine risulta soffocato dai
tanti (troppi) intrighi di corte che si succedono, uno dopo l'altro, attorno a lui.

Questo film non regge il confronto con La presa di Potere di Luigi XIV, il testo
rosselliniano dedicato a Re Sole, o con quelli di Ferreri, Bunuel e gli altri che mettono
in scena i piaceri della carne e del palato. In un certo senso, il Vatel di Joffe' e
Depardieu assomiglia di piu' al Casanova di Fellini perche' Joffé riesce almeno a dare il
senso del grand siecle così come Fellini era riuscito a dipingere (con più arte e più
maestria) un altro secolo e un altro personaggio. Mentre però Casanova era in se epitome
di tutto il Settecento, Vatel rimane una immagine vuota, tanto che quando muore, come una
sorta di agnello sacrificato, il secolo e il banchetto, come si diceva, proseguono
indisturbati.
A proposito di secoli reali o immaginari, Cannes 2000 in apertura ha offerto un altro
spettacolo, questa volta piu' riuscito. Con un titolo proustiano e francessissimo,
"La recherche du siécle perdu", il regista più francese al mondo, Jean-Luc
Godard, ha regalato un cortissimo montaggio che, percorrendo all'indietro il Ventesimo
secolo, lo riassume attraverso le sue immagini piu' significative.
Un inizio importante per Cannes e, tutto sommato, un'inaugurazione riuscita visto che
quello che conta è che il festival faccia parlare di se'. Meglio se a far parlare sono le
polemiche sui film piuttosto che i commenti sugli abiti delle star e delle starlette che
attorno al festival pullulano, come mosche al miele. Anche il resto della kermesse si
annuncia promettente soprattutto per il cinema orientale visto che e' quello a far da
padrone.
La presenza italiana e' raccolta all'interno di uno stand che con la nostra solita
esterofilia si chiama 'The Italians at Cannes', e disseminata, a piccole dosi, nelle
diverse sezioni del appuntamento francese che negli anni passati ci ha regalato grandi
soddisfazioni con registi quali Amelio, Moretti e Tornatore. Mario Martone fa parte della
giuria ufficiale mentre Francesca Comencini giudicherà i "corti". "Pane e
tulipani" di Silvio Soldini appare nella "Quinzaine des realisateurs", e
Mimmo Calopresti con "Preferisco il rumore del mare" si trova nella sezione
"Un certain regard". Il poster ufficiale del festival che si vede dappertutto e
persino sui "pass" è opera di un bresciano che lavora in Francia, Lorenzo
Mattotti; Valeria Golino interpreta la parte della malata in uno dei 4 episodi di
"Thing you can tell just by looking at her" di Rodrigo Garcia, (figlio del piu'
famoso Garcia Marquez); Monica Bellucci ha il ruolo che era stato di Romy Schneider nel
remake di "Guardato a vista", cioè "Under suspicion" di Stephen
Hopkins, con Gene Hackman. Infine Ornella Muti e' in "Tierra del fuego" di
Miguel Littin. Stefano Accorsi (che abbiamo gia' visto in "Radiofreccia') è il
protagonista del film portoghese di Maria de Medeiros "Capitani di Aprile"
mentre le musiche di Vatel si devono al nostro Ennio Morricone.
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