Un marito ideale, scritto e diretto da Oliver Parker, con Rupert
Everett, Cate Blanchett, Minnie Driver, Julianne Moore, Jeremy Northam
In un certo senso, è l'antidoto ad American Beauty: se il film
di Mendes è un'apocalittica black comedy di fine millennio sulla
dissoluzione della famiglia, e prima ancora della coppia, Un marito
ideale è una favola romantica fin de siecle (l'Ottocento, si intende)
sulla fiducia nell'amore, e quindi nella coppia che sceglie di amare.
E se dopo aver visto American Beauty ci si sente intellettualmente
stimolati ma emotivamente scossi (se non addirittura furibondi o
devastati), Un marito ideale ci lascia leggeri, speranzosi, ben
disposti verso il mondo intero. Tutto questo senza farci vergognare
del nostro sentimentalismo, perchè non abbiamo assistito a un polpettone
romantico, ma a una commedia arguta, intelligente, e profondamente
umana. Quale messaggio migliore per il primo San Valentino del 2000?
E infatti Un marito ideale, ennesimo remake della commedia di Oscar
Wilde, esce nelle sale italiane proprio in occasione della festa
degli innamorati.
Un marito ideale è molto ben diretto e interpretato: tutto il cast
(gli inglesi Rupert Everett, Jeremy Northam e Minnie Driver, l'australiana
Cate Blanchett, l'americana Julianne Moore) è strepitoso, le scene
e i costumi sono magnifici, la fotografia impeccabile, la mano registica
di Oliver Parker, ex attore (di qui l'abilità nel trarre il meglio
dai suoi pari), è particolarmente sicura e felice.
Ma Un marito ideale è soprattutto ben scritto, e non solo da Oscar
Wilde, ma anche dallo stesso Parker, sceneggiatore oltre che regista,
che ha attualizzato il testo originale semplicemente riarrangiando
la sequenza di alcune battute, inserendone altre, sempre di Wilde
ma tratte da altre fonti, svecchiandone l'inglese vittoriano senza
privarlo del suo fascino retrò, e rendendo ancora più accessibile
la struttura drammatica (un vero e proprio congegno ad orologeria,
Dio benedica il genio teatrale del suo ideatore) con transizioni
visive fluide ed esplicative.
Un marito ideale ripete l'impresa di Shakespeare in love di far
apparire nuove e fresche, come se le ascoltassimo per la prima volta,
certe frasi ormai diventate citazioni, così note che molti di noi
non ne ricordavano nemmeno l'autore. A differenza di Shakespeare
in love, però, Un marito ideale non modernizza il testo o la trama
colorandoli di senno di poi. Quella che vediamo, ricostruita in
modo del tutto realistico (cioè non come una scenografia teatrale)
con un'attenzione spasmodica al dettaglio storico, è proprio la
Londra di inizio secolo: il contrasto con la finzione teatrale è
anzi volutamente accentuato dalla scena in cui i protagonisti si
riuniscono a teatro davanti a una rappresentazione di La fortuna
di chiamarsi Ernesto che fa da controcanto allo svolgimento della
trama (proprio in quella circostanza infatti uno dei personaggi
mente alla propria moglie, rivelandosi assai poco "Ernesto").
In quella scena Oscar Wilde fa la sua apparizione in palcoscenico,
ma in un certo senso l'avevamo già visto attraverso le sembianze
del vero protagonista della storia, Lord Arthur Goring, interpretato
da Rupert Everett. Non me ne vogliano i fan di Colin Firth, ma Rupert
Everett è la perfetta incarnazione di Oscar Wilde, anche perchè
la sua immagine pubblica coincide quasi perfettamente con la descrizione
che Oscar Wilde fece di se stesso, attraverso il personaggio di
Goring.
Lord Goring, scapolo impenitente le cui uniche pratiche vitali
sono l'ozio e il vizio, si sveglia ogni mattina con un bicchiere
di Alka Seltzer (o il corrispettivo vittoriano del celebre digestivo),
mentre un corpo caldo e sconosciuto sgattaiola fuori dal suo letto.
Lord Goring è orgoglioso del fatto che di lui "non si diranno
mai certe cose": e cioè che sia probo, casto o morigerato.
Lord Goring ama le donne e trova gli uomini sciovinisti "spaventosi",
una valutazione che, anche se pronunciata da un donnaiolo, si adatta
a un omosessuale conclamato come Oscar Wilde, come Rupert Everett.
Oscar-Rupert-Arthur è naturalmente elegante, geneticamente snob,
ambiguamente attraente. Nonostante la sua lingua tagliente, o forse
proprio per questo, è una compagnia irresistibile (ricordiamo che
Rupert Everett, oltre che attore, è anche autore di due romanzi
di gossip mondano, scritti con velenosa ironia, che sono diventati
best seller oltremanica); di lui sono adorabili proprio le cattive
qualità, per usare uno degli ossimori tanto cari a Wilde, pronunciato
dallo stesso Goring in Un marito ideale.
Arthur Goring conosce la natura umana e nonostante questo continua
ad amarla, sapendo bene che questo è un atto di coraggio, come un
atto di coraggio è scegliere di amare, pur essendo coscienti che
l'amore è la più insondabile (e ingestibile) delle emozioni umane.
Così anche lo scapolo d'oro più narcisista del mondo, nonchè "l'uomo
più ozioso di Londra", soccomberà all'amore altruista e disinteressato
e si accollerà lo sforzo di far funzionare un matrimonio, diventando
a modo suo un marito ideale e raggiungendo la tanto temuta maturità
affettiva.
Rupert Everett con questo film raggiunge invece la maturità artistica,
dopo una carriera non proprio lineare: dai promettenti esordi di
Another country (altro caso di casting azzeccatissimo, e non solo
perchè il protagonista era gay) e Ballando con uno sconosciuto a
clamorosi faux pas come la miniserie televisiva Princess Daisy e
il Pret-a-porter di Robert Altman (ma anche il recentissimo Sogno
di una notte di mezza estate). A cominciare da Il matrimonio del
mio migliore amico, Everett si è costruito un'immagine originale
e convincente e ha messo a frutto quel talento interpretativo (e
quella dimestichezza con la parola scritta e il gesto di scena che
gli deriva da anni di scuola di teatro) tanto spesso sprecato.
Che Everett sia diventato un personaggio di successo se n'è accorta
anche Madonna, che l'ha voluto accanto a sè nella sua prossima commedia,
affidandogli una parte che essenzialmente coincide con il suo ruolo
pubblico: l'amico gay arguto, adorabile e sexy, forse convertibile.
Che sia anche un buon attore, soprattutto quando il ruolo gli si
addice, lo dimostra Un marito ideale, in cui rivela la stoffa di
un Cary Grant per il nuovo secolo.