L'Imbalsamatore,ovvero
come raccontare l'irraccontabile.
Angelica Alemanno
Nei manuali di sceneggiatura leggiamo che un buon soggetto dovrebbe
avere un personaggio per cui il pubblico prova un minimo di simpatia,
e che quel personaggio vuole fortemente qualcosa molto difficile, ma
possibile, da raggiungere. Se il personaggio a malapena si prende cura
di raggiungere uno scopo, o se il suo obbiettivo è troppo facile o
impossibile da raggiungere, non ci sarà alcun dramma.[da Gli
strumenti dello sceneggiatore, David Howard e Edward Mabley, pag
30].

Ci sono alcuni film che non
seguono il percorso battuto da tutti gli altri per arrivare a
quell'angolo del cervello che ha accesso diretto al cuore. Alcuni di
questi film hanno il coraggio della propria umana ambiguità, perché
umano, puro -e in qualche modo ingenuo- è l'animo di chi li ha
concepiti. Ma vedremo subito di che tipo di ingenuità si tratta.
Non si scandalizzino i tecnici della narrazione se qualcuno di loro
trova bello il fatto che un'azione, in una determinata scena, ha
fascino pure se immotivata, è (anche per loro) attraente anche se
"cruda" nel senso di lenta, senza climax, senza effetti
immediati. Il segreto di questi film, il loro fascino, risiede proprio
in ciò di cui parliamo, qualcosa di sempre più raro nel cinema
italiano degli ultimi tempi.
Contraddicendo ogni tecnica collaudata Garrone, il regista di L'Imbalsamatore,
non disegna un protagonista propriamente simpatico, non
"prepara" le svolte narrative, dunque non mira ad un
crescendo emotivo, addirittura talvolta evita i passaggi-chiave. Leva,
sottrae, non trae alcuna soddisfazione dalla simmetria
dell'inquadratura, dalla battuta perfettamente articolata. In questo
film come nei precedenti sentiamo scorrere, viva, la vertigine della
verità.
Scordatevi la ricerca ossessiva dell'identificazione: durante la
visione sarete tenuti lontani dai suoi personaggi che vi condurranno
laddove s'annida un particolare malessere, verso tutto ciò che è
molto più brutto di come lo si dipinge, ovvero di come siamo abituati
a vederlo al cinema. Più brutto, cioé meno spettacolare, ma proprio
perciò più simile a noi. Questo male di vivere è più semplice,
eppure più disarmante.

Ne L'Imbalsamatore, dunque,
siamo condotti per la mano lungo i sentieri di un noir
contrastatissimo ma senza penombre ovattate, senza tagli di luce a
svelare una lama. Solo l'impercettibile vagito del verosimile. Certo,
quando il protagonista è un nano, affiliato alla malavita, operante
in uno squallido e profondo sud, e per giunta imbalsamatore, ci viene
da chiederci se siamo più vicini ad un ìsimboloî che ad un essere
umano vero e proprio. Se poi scopriamo che l'imbalsamatore è pure
gay, la tentazione della caricatura viene da sé.
Ma le immagini non ci permettono di dubitare neanche per un istante
della potenziale realisticità del protagonista, tanto più sapendo
che si tratta di una storia ispirata ad un fatto realmente accaduto,
cosa, per altro, che il regista ricorda malvolentieri, sottolineando
la distanza che lo separa dalla cronaca. Eppure, rimaniamo incollati
alla poltrona del cinema per vedere raccontata questa strana storia
già sentita. Laddove uno sguardo smaliziato svelerebbe incongruenze,
contraddizioni, spiazzamenti continui, proprio lì, in quel torbido
alternarsi di situazioni drammaticamente cupe, altre più fortemente
ironiche, leggere, quasi paradossali, si rivela invece la natura del
film, la sua cifra linguistica. Rimaniamo rapiti dalla scelta astratta
e concretissima di quegli spazi urbani deserti, da quegli interni
squallidi e deformi, riecheggianti Lynch, Fassbinder, perfino
Almodòvar.
Male di vivere, male dell'anaffettività, del microcosmo della
solitudine, il male dell'ignoranza, il male della coppia, il male
dell'orrore, il male della morte. Il tutto esorcizzato attraverso la
ricerca di un ideale di bellezza irraggiungibile: il corpo marmoreo di
Valerio, la vera dark lady del triangolo. Questo diviene l'oggetto
passivo di due desideri contrapposti, quello del nano, platonico, non
corrisposto, quasi mercificato, e quello di Lei, viscerale, spinto,
autocompiaciuto, coronamento obbligato di un sogno estetico già
realizzato in parte nella ricostruzione artificiale dei propri tratti
somatici.

Garrone ha accettato la sfida di
raccontare una storia -di per sé noir-, confrontandosi con un
"genere" che il suo stile sembra in qualche modo
contraddire, smascherare, criticare. La scena che vale tutto il film
è quella finale. Non tanto per una presunta necessità di correttezza
formale, ma per un congegno esplosivo che la porta ad essere insieme
conferma e contraddizione di ogni aspettativa.
In sostanza il finale non è affatto chiuso, benché sostanziato dalla
morte di uno dei personaggi. Cioè non tornano i conti: non solo non
capiamo bene perché l'azione finale è compiuta, ma non siamo neanche
certi di cosa sia realmente accaduto. Sospeso sui fili della propria
ambiguità significante e significata, il film di Garrone si regge
sulla sfaccettata e multiforme intelaiatura delle realtà possibili di
personaggi finalmente vivi, e quindi imprevedibili, quasi
irraccontabili.
Senza minimamente contraddire il proprio percorso narrativo, Garrone
fa ri-nascere in noi quello sguardo lucido del bambino che osserva
senza giudicare, che racconta senza ammiccare, che svela senza
dichiarare. Ed ecco profilarsi quell'ingenuità poetica della quale
parlavamo all'inizio. Diffidare dell'oscura e perversa legge del
possesso, delle insidiose maglie dell'amicizia viziata
dall'esclusività, dall'orrore che accompagna una vita senza
autenticità, cosí che imbalsama di aridi desideri?
Raccontare il malessere senza compiacimento, oggi più che mai, è
un'impresa tanto ardua quanto felicemente anacronistica, data la
calcolata spettacolarità dei più drammatici eventi reali. E questo
è lo sguardo privilegiato dei film di Garrone: di Siluette, di
Terre di Mezzo, di Ospiti, di Estate Romana fino
all'ultimo, inaspettato L'Imbalsamatore. Un'opera che conserva
ancora tratti di immaturità stilistica, qualche incertezza di troppo,
ma certamente una veste inusueta. Un piccolo gioiello che offre grandi
spunti di riflessione.
Il link:
L'imbalsamatore online (Flash)
http://www.limbalsamatore.it
Il sito ufficiale del film: foto, notizie, filmati e un forum di
discussione.
In piu', interessanti link e curiosita' sulle tecniche e la storia
della tassidermia e della mummificazione
Vi
e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di
vista cliccando qui
Archivio Cinema
|