Lettera da Cannes
Leonardo Gandini
A vedere film a raffica, come avviene appunto ai festival
cinematografici, ci si accorge bene di come il repertorio di
argomenti, motivi e figure passibili di trattazione sul grande schermo
sia praticamente sterminato. Cio’ nonostante, da ogni festival
finiscono per emergere alcuni temi prevalenti, che affiorano, film
dopo film, anche in contesti, ambienti e situazioni molto differenti.
Proviamo dunque a stilare, sia pure in forma alquanto sintetica e
provvisoria, un “soggettario” di Cannes 2002:
Musica
All’argomento e’ dedicato addirittura un film intero, 24 Hours
Party People, dell’inglese Michael Winterbottom, che
ricostruisce il momento di gloria del rock britannico tra gli anni
Ottanta e Novanta, a Manchester. Gloria in verità abbastanza
effimera, termine che del resto ben si adatta anche al film, gradevole
e sin troppo accattivante. Il mondo del rock fa da sfondo anche alla
commedia Laurel Canyon, secondo lungometraggio della
statunitense Lisa Chodolenko. Frances Mc Dormand è una manager
musicale che non ha mai abbandonato uno stile di vita anticonformista,
e che nella sua sontuosa casa di Malibu, tra spinelli, alcolici e
bagni in piscina, prova a produrre il disco di una band emergente. Ma
nella villa arriva il figlio con la fidanzata, coppia di ragazzi
impeccabili nello studio come nella vita, con luminose carriere
professionali all’orizzonte. Com’era prevedibile sin dal
principio, la ragazza scopre che scrivere la tesi di dottorato in
medicina è molto più noioso che bere e pomiciare con una rockstar,
mentre lui, impegnato in un tirocinio in psichiatria all’ospedale,
resiste a stento alle avances di un’avvenente dottoressa. La
McDormand e’ brava come al solito, ma il film non ha un’impennata
- narrativa o stilistica - che sia una.
Aerei/Voli
Demonlover di Olivier Assayas si apre a migliaia di chilometri
di altitudine: su un volo Tokyo-Parigi, dove Connie Nielsen riesce,
con la destrezza di un’illusionista, a drogare la legale di una
multinazionale, per poterle subentrare come responsabile nell’importante
affare commerciale che si sta per concludere con una compagnia
giapponese specializzata in fumetti per adulti. Siamo nel clima giusto
per una spy-story di buon livello, peccato che Assayas voglia
strafare. E allora, presto il film di spionaggio si trasforma in un
pasticcio incomprensibile, pieno di scenari high-tech e di sequenze
che si ispirano all’animazione giapponese, quando non la copiano
direttamente. Demonlover conferma che i registi francesi
conservano una propria grandezza anche nella caduta: quando sbagliano
un film, lo fanno completamente.

Qualche anno fa, la stampa
americana ha riportato la notizia di un signore che, scoperta una
falla nell’offerta promozionale di un’azienda alimentare che
regalava alla clientela la possibilità di volare gratuitamente per un
dato numero di miglia, è riuscito, spendendo semplicemente qualche
centinaio di dollari nell’acquisto di una massiccia quantità di
confezioni di budino, a guadagnare il diritto di volare gratis per
tutta la vita. Da questo episodio di cronaca il cineasta americano
Paul Thomas Anderson (già autore di due film eccelsi, Boogie
Nights e Magnolia) è partito per costruire una commedia
stralunata, Punch-Drunk Love, interpretata da Adam Sandler,
comico affermato in America quanto (per ora) sconosciuto da noi.
Sandler è un grande ammiratore di Jerry Lewis, e Anderson in qualche
modo gli è andato dietro, optando per uno stile che, dalla scelta dei
colori all’uso dello spazio e della profondità di campo, si rifà
esplicitamente al cinema hollywoodiano degli anni sessanta.
Con meravigliosa disinvoltura, attore e regista camminano insieme sul
filo del paradosso e del surreale, confezionando un film delizioso,
tra i migliori visti al festival. E, a proposito di commedia dell’assurdo,
non scherza nemmeno il palestinese Elia Suleiman, che con Intervention
divine riesce nel miracolo di realizzare un film sui territori
occupati in cui il dramma viene sublimato dalla risata, dall’ironia
usata come un’arma, qui più affilata di qualsiasi coltello. Per
raccontare la vita a Ramallah usando Buster Keaton come punto di
riferimento ci vuole coraggio e intelligenza, doti che a Suleiman non
fanno certo difetto. E, visto che parliamo di voli, citiamo una delle
scene più spassose ed emblematiche del film: per passare inosservato
al check-point, distraendo i gendarmi israeliani, il protagonista di
nascosto fa librare nell’aria un palloncino con la faccia di Arafat,
che volteggia sopra le teste dei soldati, proprio vicino alla torretta
di controllo, tra l’incredulità generale della milizia.
Città/campagna
In El Bonaerense dell’argentino Pablo Trapero, fattosi
conoscere in Italia con Mundo Grua, un ragazzo di campagna che
si guadagna da vivere come fabbro viene incastrato dal suo capo in una
brutta storia di cassaforti scassinate. Grazie all’intercessione
dello zio, finisce a Buenos Aires, in polizia, dove impara a far
rispettare la legge, compresa quella della corruzione e delle
mazzette. Trapero è un regista su cui scommettere: ha una sua precisa
idea di cinema - narrazione essenziale, mai un’inquadratura di
troppo, e fotografia stilizzata, in questo caso sovraesposta - e del
mondo, nel quale la povera gente, dal camionista di Mundo Grua
al fabbro-poliziotto di questo film, attraversa la vita senza mai
capirci troppo, con stolida semplicità, ma assorbendo comunque un po’
della follia, della miseria e delle ingiustizie che la caratterizzano.

Dalla provincia arriva in città
pure il protagonista del film di Aki Kaurismaki, L’uomo senza
passato, anche se non ricorda il perchè. Appena approdato ad
Helsinki, rimane infatti vittima di un furto con pestaggio che gli fa
perdere la memoria. Da qui parte un’odissea fatta di incontri con
personaggi bislacchi: proletari e poliziotti, l’esercito della
salvezza e un imprenditore rovinato dalle banche, musicisti eclettici
e persino il cane del regista, che nella finzione si chiama Annibale.
Kaurismaki è rimasto forse l’unico cineasta socialista in
attività, visto che dal suo cinema sobrio e paradossale emerge
chiaramente una filosofia basata sull’idea che il denaro rovina la
gente, mentre la solidarietà umana - sia pure di un tipo molto, molto
particolare, basata essenzialmente sulle sigarette e le bevute -
contribuisce a riportarla a galla. Acquistato dalla Bim, L’uomo
senza passato uscirà anche in Italia.
Musei
Russian Ark, di Alexander Sokurov, è un estenuante
tour-de-force stilistico (un solo, ininterrotto movimento di macchina,
lungo novantacinque minuti) dentro al museo dell’Ermitage di San
Pietroburgo, dai tempi dello zar sino alle soglie del Ventesimo
secolo, in compagnia di un diplomatico francese dell’ottocento. Una
panoramica - nel senso letterale e metaforico del termine - sulla
storia della Russia, letta attraverso i gusti pittorici e
architettonici di chi deteneva il potere, e non badava a spese per
esibirlo.
Anche nell’americano About Schmidt, di Alexander Payne,
compare qualche museo: piccole attrazioni tra il Nebraska e il
Colorado, dove l’epopea del west e dei pionieri viene banalizzata ad
uso e consumo del turismo locale, la storia nazionale ridotta a
qualche punta di freccia e ad agghiaccianti contaminazioni tra passato
e presente. Payne è un regista al vetriolo, lo si era gia capito dal
suo film precedente Election, passato quasi inosservato sui nostri
schermi (ma per colpa della distribuzione, che lo aveva fatto uscire
in agosto). La cattiveria non riguarda certo solo i musei, ma tutta l’american
way of life, qui incarnata da Warren Schmidt, assicuratore che,
arrivato alla pensione e rimasto vedovo nel giro di qualche giorno, ha
modo di ripensare alla propria esistenza, di vederne le falle, i
vuoti, la mediocrità che l’hanno caratterizzata. Crudele e
spassoso, scritto e diretto con impressionante precisione e grande
controllo espressivo , About Schmidt eèuno dei pochissimi
grandi film visti a Cannes. Certo il film non sarebbe stato lo stesso
se ad interpretare il protagonista non ci fosse Jack Nicholson, a dir
poco superlativo, assolutamente all’altezza della sua fama di mostro
sacro del cinema hollywoodiano.
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