Alla ricerca di
un'identità europea
Moritz Bleibtreu, Stellan Skarsgård e István Szabó con Paola
Casella
Un maggiore americano viene incaricato dal Generale Wallace di
dimostrare l'esistenza del possibile rapporto di connivenza fra il
celebre direttore d'orchestra Wilhelm Furtwängler e il regime
nazista. Da quel momento inizia l'indagine, che a tratti prenderà
toni persecutori e violenti, e il duetto di bravura fra Harvey Keitel,
che interpreta il ruolo del maggiore americano Steve Arnold, e Stellan
Skarsgård, che incarna invece Wilhelm Furtwängler.
Il vero Furtwängler, in uno stralcio di documentario davvero
inquietante, lo vedremo solo alla fine del nuovo film di István
Szabó, A torto o a ragione, uno dei più interessanti della
stagione, sia perché tratta argomenti molto attuali - il rapporto fra
arte e politica, la necessità di un artista di prendere, o meno,
posizione nei confronti di un regime totalitario - sia perché
rappresenta un originale esempio di cinematografia europea.

A torto o a ragione è prevalentemente europeo nel cast, che
oltre allo svedese Stellan Skarsgård, uno degli attori preferiti di
Lars Von Trier (che l'ha voluto in Le onde del destino e nel
film che ha appena finito di girare), comprende il tedesco Moritz
Bleibtreu, già protagonista maschile di Lola corre di Tom
Tykwer, nel ruolo del giovane tenente che lavora a fianco del maggiore
Arnold, e l'austriaca Birgit Minichmayr, nei panni della figlia di uno
dei partecipanti al complotto contro Hitler.
Europeo, anzi, mitteleuropeo è il regista, l'ungherese István Szabó,
che già aveva inscenato un contrasto fra un artista e il regime
nazista nel film che gli è valso un Oscar nell'82, Mephisto (e
i cui film sono stati candidati all'Oscar altre tre volte, per Confidence,
Il Colonnello Redl e La notte dei maghi).
Europea è la rete produttiva del film, che ha coinvolto France 2
Cinema come l'inglese Jeremy Isaacs Production, il Filmboard Berlin/Brandenburg
come Eurimages, ed è stato realizzato con il sostegno del Programma
Media dell'Unione Europea. Europea, infine, è la sensibilità che
sottende tutta la sceneggiatura, e che mette in diretto contrasto un
americano pieno di certezze e di indignazione e un europeo divorato da
dubbi e sensi di colpa, con un senso molto meno definito di dove stia
il torto e dove la ragione.

"La storia europea è sempre stata molto complessa, e le
questioni politiche estremamente complicate", dice István Szabó,
il regista del film. "Spesso per noi europei è difficile
decidere dove stava il bene e dove il male, perché la nostra realtà
ci è apparsa troppo confusa. Per un militare americano, come lo Steve
Arnold di A torto o a ragione, la realtà invece è divisa in
bianco e nero: nel suo caso, chiunque non si fosse attivamente opposto
ai campi di concentramento e avesse continuato a ricoprire incarichi
di rilievo durante il regime nazista era automaticamente
colpevole."
"Il maggiore Arnold, da americano, ha un approccio diretto e in
qualche modo semplicistico ai problemi", osserva Skarsgård.
"Noi europei tendiamo invece a vedere le cose in modo più
relativo. Forse ci avviciniamo di più alla verità, ma ci riesce
molto più difficile passare all'azione. Viceversa il personaggio
interpretato da Harvey Keitel ha tutti gli argomenti giusti, ma questo
non vuol dire che abbia sempre ragione."
"Bisogna anche ricordare che gli americani avevano vinto la
guerra, e quindi l'atteggiamento del maggiore Arnold è quello del
vincitore", aggiunge Bleibtreu. "Guai ai vinti: è un
atteggiamento che colora tutta la politica estera degli Stati Uniti, e
che fa sentire gli americani la polizia del mondo. Anche nel cinema è
così: quello americano è popolato da eroi, quello europeo da
antieroei".
Ma esiste un'identità europea?
"Credo che esista un'identità tedesca, una italiana, una
francese, e così via, ma non un'identità europea", continua
Bleibtreu. "E anche il cinema è una questione locale. Chi fa
cinema racconta storie, e noi europei possiamo raccontare solo storie
che nascono dalla nostra esperienza, che è anche un'esperienza
nazionale. Se poi la storia è profonda e ben raccontata può
diventare universale, ma la partenza deve essere locale".
"Un'identità europea esisterà," assicura Szabó, "ma
sarà basata sulle identità dei singoli villaggi: se ti senti a casa
nel tuo villaggio e riesci a sostenere la tua cultura la puoi portare
nel villaggio più grande, che è formato da tutte le culture unite.
Il campo è lo stesso, ma vengono seminati fiori diversi, con diversi
profumi e diversi colori".
"Da svedese", commenta Skarsgård, " sento più vicine
a me la Francia, la Germania, l'Italia che non gli Stati Uniti, dove
ho vissuto e lavorato (interpretando, fra gli altri, Will Hunting
genio ribelle e Ronin, nda). D'altro canto in Europa
assorbiamo così tanto della cultura pop americana che finiremo per
assomigliare sempre più a loro. Credo invece che l'identità europea
vada trovata partendo dalle nostre radici, che di solito non sono
nemmeno nazionali, ma provinciali: non si tratta di essere europeo ma
svedese, e poi svedese di una certa parte della Svezia, o svedese di
paese piuttosto che di città. Tutte le identità provinciali devono
imparare a coesistere in una sola identità collettiva: la misura del
livello di civilizzazione di un Paese sta nella sua capacità di
tollerare e accogliere la diversità."
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