Birthday Girl
Paola Casella
Birthday Girl, scritto e diretto da Jez Butterworth, con Nicole Kidman,
Ben Chaplin, Vincent Cassel e Mathieu Kassovitz
Chi avesse ancora dubbi sul talento di attrice di Nicole Kidman li
perderà vedendo Birthday Girl, il piccolo film diretto da Jez
Butterworth e scritto dallo stesso regista insieme al fratello Tom. La
Kidman è infatti l'anima del film, non solo perché ha una grande
presenza scenica (indispendabile per compensare un partner
cinematografico, Ben Chaplin, volutamente incolore) ma anche perché
sa vibrare on camera, comunicando uno spettro di emozioni che rendono
il suo personaggio riconoscibilmente umano, e che conferiscono un
minimo di credibilità a una trama che diventa via via sempre più
implausibile.
La trama: un triste impiegato di banca inglese (Chaplin) decide di
rompere il cerchio della solitudine procurandosi via Internet una
sposa russa. Quando la sposa (Kidman) compare, si rivela tutto ciò
che il bancario aveva sempre sognato: una compagna devota, una cuoca
competente, un'amante sfrenata, degna impersonatrice di tutte le
fantasie erotiche da lui fino a quel momento confinate alle pagine
delle riviste porno che nasconde nel cassetto. Ciliegina sulla torta,
la sposa si rivela praticamente muta: non sa infatti una parola di
inglese, ma comunica, soprattutto a letto.
Ma ogni sogno ha il suo risveglio, che nel caso del bancario è
particolarmente brusco: due amici russi (Mathieu Kassovitz e Vincent
Cassel) vengono a trovare la sposina nel giorno del suo compleanno (di
qui il titolo del film) e da quel momento in poi l'amara realtà
prenderà il sopravvento. Non vi spieghiamo i dettagli, ma vi
annunciamo che ci saranno botte, voltafaccia e colpi di scena, ed è
subito dopo i fuochi artificiali che la trama diventerà sempre più
improbabile, per culminare in una scena dove due dei protagonisti
vagano per la campagna londinese senza una vera meta, così come la
sceneggiatura.
Fino a quel momento, però, Birthday Girl si è rivelato
eccezionalmente vivo e interessante, e fino alla fine rimarrà
delizioso, e insolitamente commovente. Fra i pregi, oltre alla
recitazione della Kidman e di Chaplin (che sa essere incolore senza
diventare trasparente, nella tradizione dei grandi del cinema
anglosassone, da Cary Grant ad Alec Guinness), ci sono l'abilità
dell'onnipresente Kassovitz (mentre Cassel lavora troppo sopra le
righe), una regia mossa ma mai incoerente, un'attenzione ai dettagli
che coinvolge ogni aspetto del film, compresi scenografia, trucco e
costumi, e soprattutto una sincerità di fondo, sia nella
caratterizzazione dei personaggi principali che nella narrazione
filmica, che rende le ingenuità della trama quasi affascinanti.
C'è un grande charme nella figura della ragazza russa già
perfettamente smaliziata dalle possibilità del neocapitalismo, ancor
più che dalle difficoltà della sua vita precedente, e persino la
meschinità del bancario, alla quale lui ha tutto sommato improntato
la sua vita, risulta amabile: perché, come la grettezza di lei, è
contrastata da una decenza elementare che fa cercare loro, anche
inconsciamente, la cosa giusta, la persona bella.
E alcune scene, soprattutto quelle mute dell'inizio, sono animate da
vera poesia. In queste sta anche lo spunto più interessante del film:
l'idea che le parole siano di intralcio ai sentimenti, che lasciati
alle loro risorse primarie arrivano dritti e genuini, oltrepassando le
peggiori schermaglie razionali. E l'idea che la comunicazione,
apparentemente facilitata dalla conoscenza delle lingue, resti in
realtà sempre affidata alle intenzioni dei comunicatori, e alla loro
volontà di costruire un ponte con l'altro.
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