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Segnalazione/Lo sceneggiatore ieri e oggi



Riceviamo e pubblichiamo:

In un’intervista televisiva Zavattini definì quello dello sceneggiatore "un mestiere zoppo", manifestando così, più ancora che un’insoddisfazione personale, una sorta di riserva sulla compiutezza creativa di chi scrive sceneggiature. A sua volta, un altro cineasta, Blake Edwards, affermò che "da una buona sceneggiatura può anche venir fuori un brutto film, ma da una brutta sceneggiatura non può mai venir fuori un bel film".

Forse non è del tutto casuale che sia stato uno sceneggiatore italiano (e che sceneggiatore!) a mettere l’accento sui limiti del proprio lavoro, e che sia stato un regista americano (anche lui un maestro nel suo genere) a sottolineare l’importanza della sceneggiatura. Nelle tante differenze tra Hollywood e Cinecittà (e il cinema europeo) c’è anche questa: di concepire in modo diverso la fase preparatoria e i ruoli professionali della realizzazione filmica.

Là, in linea di massima, e con le dovute, importanti eccezioni, ha predominato la nozione di "sceneggiatura di ferro", qui, sempre in linea di massima e sempre con le dovute, importanti eccezioni, si è affermata, almeno in ambito culturale, la nozione di "film d’autore". Ma l’importante non è stabilire chi ha più ragione, tra Zavattini ed Edwards o tra Hollywood e noi, quanto piuttosto prendere spunto da questa (relativa) opposizione per constatare ancora una volta quanti problemi susciti la figura dello sceneggiatore, e quante possibilità di riflessione teorica e di attuazione pratica comporti lo scrivere una sceneggiatura, questa "struttura che vuole essere un’altra struttura", per dirla con Pasolini, e per incrementare l’insorgenza di nodi pratico-teorici.

E infatti viene da chiedersi: quando e in che misura uno sceneggiatore può essere considerato un coautore? Quale margine di autonomia espressiva ha veramente uno sceneggiatore? Chi condiziona maggiormente il suo lavoro? il regista? Il produttore? I presunti gusti del pubblico? I canoni narratologici? E ancora, con riferimento più specifico alla situazione del nostro cinema, è giusto (è inevitabile) basare prevalentemente sulla sceneggiatura il giudizio circa il riconoscimento e dunque l’eventuale realizzazione dei "film di interesse culturale nazionale"?

A tali domande - e alle molte altre che si possono aggiungere - cercherà di rispondere questo convegno cui partecipano, con relazioni e interventi, sceneggiatori, studiosi della "scrittura per il cinema" e altri cineasti comunque coinvolti nella problematica, teorica e pratica, che la figura dello sceneggiatore e la sceneggiatura, intesa come un più o meno obbligato luogo di passaggio del fare cinema, da tempo evidenziano, appunto sollecitando risposte che risultino convincenti e sul piano teorico e su quello pratico.

Il convegno

Lo sceneggiatore ieri e oggi
XX Convegno Internazionale di Studi sul Cinema e gli Audiovisivi
Pesaro, 2-4 novembre 2001
Teatro Sperimentale - Via Rossini, 16

Il programma del weekend:

SABATO 3 NOVEMBRE

Ore 17,30 Adriano Aprà: La sceneggiatura sul set
Callisto Cosulich: Leggere cinema

Ore 18,30 Discussione

DOMENICA 4 NOVEMBRE

Ore 10,30 - Tavola Rotonda presieduta da Lino Miccichè con i relatori e i partecipanti al convegno. Sono previsti interventi di Dino Audino, Gian Luca Arcopinto, Beppe Attene, Francesco Bruni, Emidio Greco, Vilma Labate, Francesco Maselli, Silvia Napolitano, Amedeo Pagani, Francesca Solinas, Chiara Tozzi, Vito Zagarrio.

Ore 13,00 - Chiusura dei lavori

 

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