La passione di
Giosuè l’ebreo
Pasquale Scimeca con MariaTeresa Cinanni
Il prossimo film di Pasquale Scimeca, il regista di Placido
Rizzotto, sarà ambientato nella Spagna di fine Quattrocento e
racconterà la questione ebraica spagnola, ossia l'epoca in cui
Isabella la Cattolica ordinò l'espulsione di tutti gli ebrei dalla
penisola, causando una nuova e lunghissima fase dell'esodo di questo
popolo costretto alla fuga da sempre.

Innanzitutto quale sarà il titolo?
Mi piacerebbe Passione di Giosuè l'ebreo, anche se siamo
ancora in una fase provvisoria e, viste le leggi italiane sui diritti
d'autore, devo ancora controllare che non esista già un film con lo
stesso titolo.
Come mai questo cambiamento radicale dopo tre film sulla mafia? E
perché proprio quel periodo storico e non il più noto Olocausto?
E' una scelta che potrei definire esistenziale: un giorno in Sicilia
trovai casualmente una ricerca storica di un padre gesuita che aveva
seguito meticolosamente le vicende di una famiglia ebrea spagnola
convertita al Cattolicesimo per evitare l’espulsione conseguente
all'editto del 1492. E visto che nemmeno la forzata conversione era
riuscita a evitare loro la confisca dei beni e la ghettizzazione, la
famiglia decise di emigrare in Sicilia. Dopo un po' di tempo e qualche
ricerca più approfondita, scoprii che era la mia famiglia d'origine,
per cui da allora, ho sempre avuto l'idea di realizzare un
lungometraggio sull'argomento.
Lei che si definisce un agnostico quali altre scoperte ha fatto
durante queste ricerche ?
Ho scoperto che il razionalismo sta alla base della cultura e della
religione ebraica e che gli ebrei hanno un rapporto diretto con Dio,
quasi alla pari, ben lontano dalla sudditanza cattolica. E poi sono
rimasto affascinato dal loro continuo chiedersi il perché delle cose,
senza accettare nulla passivamente. Credo che questo abbia influito
molto sulla mia formazione successiva, perché ho cominciato a
motivare molte mie scelte che credevo istintive con l'invisibile
legame con una cultura alla quale appartengo sia pur lontanamente.

una scena del film "Placido Rizzotto"
Nei suoi film precedenti ha trattato dei soprusi e della
limitazione della libertà individuale. Cambia l'ambientazione, ma la
scelta tematica sembra la stessa.
Senza però il taglio caratteriale-antropologico degli altri film
perché in questo ci sono due piani di lettura fondamentali: la
teologia, vista come etica e come morale, e l'avventura, tipica dei
poemi cavallereschi. Anzi potrei definire Passione di Giosuè
l'ebreo un film d'avventura con una base storica, come l'Orlando
Furioso.
L'amore per la letteratura è una costante dei suoi film. Quanto
influisce la sua formazione letteraria nella scelta dei soggetti e
nell'impostazione registica?
Moltissimo. La letteratura sta alla base di ogni mio film.
Soprattutto gli autori siciliani o quelli che hanno conosciuto la
realtà dell'isola. Infatti eccetto La Donzelletta (1989) che
ha un'impostazione pasoliniana, Un sogno perso è tratto da
racconti di Vittorini, I Briganti di Zabut narra la rivolta dei
contadini alla De Robertis e Placido Rizzotto, nella sua
realistica evoluzione di un tragico evento di cronaca, segue le orme
di Verga, dei naturalisti con dei risvolti quasi da tragedia greca.
Prediligo il naturalismo, il neorealismo, ma... con un alone magico
alla Vittorini.
E cioè?
Prediligo la trasfigurazione letteraria o cinematografica della
realtà e il simbolo che dalla realtà deriva. In quest'ultimo film,
volendo andar per metafore e citazioni letterarie, al mio grande amore
per Vittorini si aggiungono quelli per Conrad e Steinbeck, che sono
fondamentali per un approccio moderno con l'avventura. E credo che
anche il cast debba rispecchiare quest'internazionalità.

una scena del film "Placido Rizzotto"
A questo punto è d'obbligo la domanda: chi saranno gli interpreti?
E' ancora top secret perché L'Istituto Luce, coproduttore del film,
è in fase di trattativa con alcuni attori e siamo in attesa di
risposte.
Ma lei chi vedrebbe nei panni dei suoi personaggi?
Vedrei un cast multinazionale con qualche attore americano di
grosso calibro. Per adesso comunque è soltanto una mia idea.
Il nuovo ordinamento politico potrebbe influire sul suo cinema e sul
cinema in generale?
No, non credo. Io realizzo film per passione, in cui credo fermamente,
senza condizionamenti politici o commerciali. E voglio augurarmi che
il giudizio su un film prescinda dall'appartenenza politica del
regista. D'altronde se L'ultimo bacio" di Gabriele
Muccino, un regista definito di sinistra, è stato bocciato dalla
Commissione Cinema del governo passato, in un governo di destra
potrebbero approvare un mio film! In generale credo ancora di abitare
in un Paese democratico e di poter esprimere liberamente le mie idee.
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