Chi ha vinto a
Cannes?
Paola Casella
"Ha vinto Nanni Moretti, ha vinto il cinema italiano, ha vinto
quella parte dell'Italia che condivide con lui l'amore per la cultura,
l'intelligenza, l'impegno, l'onestà intellettuale. Possiamo dire,
forse esagerando, che con Nanni ha vinto anche un pochino la sinistra
che ha perso le elezioni, e che da sempre lui ha criticato, filmato,
incoraggiato, inventato, e certamente votato."
Così ha scritto Natalia Aspesi su la Repubblica del 21 maggio,
probabilmente travolta dalle emozioni contrastanti casuate dagli
eventi più recenti: la sconfitta della sinistra in Italia, il trionfo
di Moretti a Cannes. Il giorno dopo, un lettore la accusava di
"strumentalizzare il cinema con la politica", e lei
rispondeva, sempre dalle pagine di Repubblica, "Resta il
fatto che l'autore di La stanza del figlio è un uomo di
sinistra", concludendo che "Le tre Palme d'oro conquistate
dagli italiani dal 1977, sono andate a autori di sinistra, i Taviani,
Olmi, cattolico di sinistra, e Moretti. Onesti intellettualmente ce ne
sono certamente anche a destra, ma finora non hanno fatto film da
Palma d'oro."
A me sembra che, più che strumentalizzare il cinema con la politica,
si siano messe insieme mele e pere, come si suol dire, e che nel farlo
si sia peccato un po' di emotività e un po' di provincialismo. Mi
spiego: Moretti è certamente (e dichiaratamente) un uomo di sinistra,
e in passato è stato anche un regista di sinistra, nel senso che i
suoi film facevano diretto riferimento al credo politico del loro
autore.
Ma La stanza del figlio non è ascrivibile a un'ideologia: è
intimo, personale, e, come hanno già osservato sulle pagine Web di Caffè
Europa il filosofo Umberto Curi e la giornalista Angelica
Alemanno, è ripiegato su se stesso, nel senso che il personaggio
principale (che per molti versi coincide con l'autore), impotente di
fronte alla morte, tende a isolarsi, a escludere chi soffre accanto a
lui.
Nel contesto di un festival di cinema internazionale come quello di
Cannes, e nell'ottica di una giuria cosmopolita come quella che ha
scelto il vincitore della Palma d'oro, la matrice politica dell'autore
de La stanza del figlio era - lo speriamo, oltre che supporlo -
irrilevante. Così come la recente vittoria politica del centrodestra
in Italia non dev'essere stata direttamente coinvolgente per i
giurati. Rischiamo davvero il provincialismo nel dare per scontato che
le vicende del nostro paese e le esternazioni politiche dei nostri
registi abbiano così grande risonanza oltre confine.
Mi sembra triste, e poco confortante, controbilanciare la sconfitta
(vera) della sinistra in Italia con la valenza simbolica della
vittoria a Cannes di Moretti, conquistata con un film che di sinistra
non è - anche se non è nemmeno di destra: la voglia di guardarsi
dentro non è necessariamente conservatrice, e un uomo di sinistra non
deve chiedere scusa se parla di famiglia invece che di politica e
società.
Meglio non mescolare i piani di ragionamento, non confondere la logica
con l'emozione (anche se è comprensibile lo sfogo della Aspesi, della
quale conosciamo bene qualità e carattere ). La stanza del figlio non
è rappresentativo della sinistra italiana, e forse neppure del nuovo
cinema italiano: è un film di Moretti, un auteur, come lo
definiscono in Francia, che ha una poetica sua, e che agisce al di
fuori di qualsiasi gioco di squadra, anche artistica.
Vi
e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di
vista cliccando qui
Archivio Cinema
|