"Soffre solo chi sbaglia"

Intervista a Paolo Mieli di Stefano Caviglia

 

La semplice espressione crisi dei giornali provoca un moto di insofferenza nella voce del direttore editoriale della Rizzoli-Corriere della Sera Paolo Mieli: "Ma che significa crisi dei giornali? Non si può fare di tutta l'erba un fascio, mettendo insieme giornali come Il Corriere della Sera o La Repubblica che sono ai massimi storici di diffusione e di raccolta pubblicitaria e quelli che invece boccheggiano". Così, il discorso sul futuro della carta stampata arriva subito al sodo, che per Mieli significa anzitutto un'analisi impietosa dei difetti di una parte della stampa italiana. "Il fatto - aggiunge - è che molti dei quotidiani medio-piccoli, a differenza dei giornali più importanti, non riescono ad andare incontro ai gusti e alle necessità dei lettori. Credo che il campo andrebbe un po' disboscato".

Quindi lei non vede una difficoltà del giornale quotidiano come strumento di comunicazione, come formula editoriale?

Assolutamente no. Il Corriere della Sera in pochi anni ha raddoppiato il fatturato pubblicitario. Ma lo sa che Io donna, il supplemento del sabato, è arrivato a un passo dal primato per la raccolta pubblicitaria fra i settimanali italiani? Sette poi va fortissimo, e anche il Venerdì di Repubblica se la cava ottimamente...

 

Ma lei sta citando i due gruppi più importanti, che insieme si dividono circa il 20 per cento del mercato. Non per niente c'è chi denuncia il rischio di un aumento abnorme della concentrazione nella proprietà dei quotidiani. Non sarà proprio questo a rendere la vita difficile ai più piccoli?

No, guardi, non è quello il problema. Del resto proprio l'esperienza di Repubblica è lì a dimostrarlo: se un giornale nato poco più di vent'anni fa è riuscito con le sue forze a imporsi in modo tanto spettacolare nel mercato editoriale, vuol dire che lo spazio non manca. Un esempio più recente è quello del Messaggero, giornale che sta diventando fortissimo, pur senza avere alle spalle un impero editoriale. Solo perché ha scelto la strada della modernità.

Insomma, la crisi è una specie di effetto ottico?

Non dico questo. Quando qualcuno mi dice che il mondo editoriale italiano è in crisi perché si vendono meno copie o perché ci sono tanti giornali in passivo, io dico: d'accordo, ma andiamo a vedere chi va bene e chi va male.

E chi è che va male?

Soprattutto molti giornali locali, che non riescono a dare ai lettori un prodotto all'altezza delle aspettative. L'editoriale di un giornale cittadino dovrebbe far tremare il suo ambiente di riferimento, né più né meno di come succede per i grandi giornali con la politica nazionale. Ma questo purtroppo accade molto di rado. Basta girare un po' l'Italia per rendersi conto di come stanno le cose. Alcuni di questi giornali sono terribilmente vecchi, sembrano addirittura appartenere ad un'epoca pretelevisiva. Avrebbero bisogno di un'ora x per essere ripensati e ridisegnarli daccapo. E ne varrebbe davvero la pena, perché di spazio e di pubblico possono averne parecchio. Anche l'esperienza del Corriere del Mezzogiorno a Napoli, lo dimostra. Ha avuto un inizio difficile, faticoso, ma ora vende e guadagna. E secondo me la sua concorrenza ha fatto bene anche al Mattino, che ora sta vivendo una specie di seconda giovinezza.

E la sfida telematica? Neanche Internet deve far paura al giornale?

Non credo proprio. Si ricorda quando uscì il film War games? Sembrava che ben presto tutti sarebbero stati in grado di accedere alle reti della Nasa dal computer di casa. Sono passati quasi vent'anni e questa rivoluzione è ancora all'inizio. Il giornale ha ancora decenni davanti, prima che l'editoria telematica lo insidi sul serio. Del resto, la carta ha dei vantaggi che non potranno mai essere annullati del tutto. Il giornale può essere portato a letto, in barca, in autobus e così via. Per non parlare del piacere fisico della lettura. Oggi si accede a una grandissima quantità di informazioni per via telematica, ma a chi verrebbe in mente di leggere I Promessi Sposi o La Divina Commedia al computer?

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