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Da: Roberto Barzanti <roberto.barzanti@tin.it
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Lunedì, 27 maggio 2002 14:36
Oggetto: Il verdetto di Cannes



I premi assegnati dalle giurie obbediscono a logiche inevitabilmente perverse.Sono necessari per eccitare la curiosità, per destare l'attenzione, per fomentare un pericoloso agonismo da stadio, talvolta a sfondo nazionalistico o strategicamente dosato in chiave di relazioni internazionali. Ma guai a prenderli sul serio i premi. E' questa una considerazione che vale anche per l'edizione cinquantacinquesima del festival più ricco e frequentabile del mondo.

Le mie impressioni sono quelle di uno che a Cannes non è riuscito a vedere tutti i film in concorso e quindi peccano di parzialità. Senza dubbio c'erano film molto più incisivi e contemporanei di quelli che sono stati esaltati. Perchè dare la palma d'oro alla correttissima e gelida ricostruzione storica di The Pianist di Roman Polanski? Loach o Leigh o Cronenberg meritavano di più. Se si voleva incoronare un autore nuovo, da far scoprire al grande pubblico, si poteva mettere al primo posto L'uomo senza passato di Kaurismaki, una storia anarcoide di sapore brechtiano, girata con uno stile nitido e rugginoso, impeccabilmente cadenzata nei tempi fino al didattico-ironico finale.

Invece si deve leggere,anche in recensioni di esperti che si dànno arie di navigati saggi, che la giuria non si è accorta di strepitosi exploits come la Russian Ark di Sokurov, che è semplicemente una scommessa tecnica al limite: un unico movimento di macchina attraverso le sale dell'Ermitage di tanto in tanto ravvivate da calligrafici tableaux vivants degni di un seminanimato Museo Grevin! L'ora di religione di Marco Bellocchio non ha raccolto nulla, ma non c'è da stupirsene, né da dolersene.Il film è parso a molti pretenzioso e confuso.

E' bene che abbiano successo e gloria i film belli, poco importa da quale nazione provengano. Senonché la Palma d'oro a Polanski puzza di ammiccamento poltico-diplomatico-produttivo. Mette in sott'ordine la rabbia e l'inventiva di film tanto più graffianti. E poi come si fa a premiare la regia calligrafica del coreano Chihwaseon ignorando - se proprio si voleva privilegiare l'Oriente, come a Cannes è d'obbligo - il duro e amaro vagabondaggio del cinese Ren Xiao Yao (Piaceri sconosciuti)? Misteri che rimarranno sconosciuti di un verdetto fastidiosamente lambiccato e assai "accademico".

Roberto Barzanti


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