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I lettori scrivono

 

Da: Diego Coniglio <mn.red@flashnet.it
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Sabato, 4 maggio 2002 4:35
Oggetto: Magnolia



dal momento che esiste la possibilità di commentare la recensione - ma perché? - vorrei dire che parlare di genio riguardo a PT Anderson, potrebbe non essere proprio pertinente, ma dire che abbia preso una cantonata sembra più uno sfogo di femminismo di plastica, un rigurgito contro il personaggio critico del film, interpretato da un Tom Cruise in vena di rivelazione di se stesso e riscatto professionale.
Certamente, il personaggio è un pugno allo stomaco, e per un certo pubblico femminile può risultare eccessivamente disturbante. Ma, attenzione, è molto molto facile prendere Magnolia e farlo a pezzi, così tanto per sport. L'opera non è così ingenua come sembra e parlarne in quattro righe è davvero pericoloso. Le relazioni tra i personaggi rappresenta una maglia drammaturgica complessa ed elaborata a tavolino, senz'altro, un'invenzione metanarrativa.
Plagio? Papocchio? O solamente irritazione emotiva, pigrizia di guardare tra le righe?
un caloroso saluto


Risponde Paola Casella:

Ancora oggi, a distanza di oltre un anno dalla sua pubblicazione, la mia recensione di Magnolia suscita reazioni viscerali fra i lettori, in genere in difesa del film e del suo regista. Questo mi fa immenso piacere, anche se credo sia più un merito del forte legame che Paul Thomas Anderson e il suo cinema hanno saputo instaurare con gli spettatori che della mia abilità di critico.

Cerco di rispondere a tutte le sue obiezioni, caro Diego Coniglio, punto per punto:

Perché commentare una recensione? Me lo dica lei, che l'ha appena fatto. Personalmente, credo che il bello di Internet stia proprio nella possibilità per i lettori di partecipare attivamente alla rielaborazione dei suoi contenuti. La definirei una forma di partenogenesi, un termine che ho usato anche scrivendo la recensione di Magnolia.

Sul mio presunto "femminismo di plastica, un rigurgito contro il personaggio critico del film, interpretato da un Tom Cruise in vena di rivelazione di se stesso e riscatto professionale" ho i miei dubbi: il personaggio di Cruise è quello che trovo meno memorabile e originale (mentre memorabile e originale mi sembra l'interpretazione di Cruise, finora rimasta un non sequitur), e che dunque mi ha suscitato minori reazioni, uterine o meno: credo che si capisca anche dalla recensione, visto che non gli dedico che un accenno fugace.

Mi preoccupa invece il rigurgito sciovinista che trapela dalla sua osservazione, suppongo legata al fatto che sono un critico femmina. Perché mai questo dovrebbe rendermi incapace di giudicare con obbiettività le qualità artistiche di un lavoro cinematografico? Perché mai dovrebbe invalidare le mie affermazioni, o ascriverle a un'ideologia alla quale, secondo lei, dovrei aderire per appartenenza di genere?

Prossimo punto: la sua frase "è molto molto facile prendere Magnolia e farlo a pezzi, così tanto per sport". In realtà non è affatto facile "fare a pezzi" Magnolia, nel senso di "scorporarlo criticamente": molto più facile è fare come gran parte degli spettatori e dei critici, cioé accoglierlo nella sua interezza, lasciandosene sedurre senza opporre resistenza, senza sollevare obiezioni davanti alle sue carenze strutturali.

Da spettatore, è un atteggiamento comprensibile e anche condivisibile: è come Fight Club, Magnolia non si discute. O, come cantava Sam Cooke, "don't fight it, feel it" (la fight, comunque, c'è sempre). Da critico, preferisco fare il mio mestiere in modo responsabile, additando le magagne di un film anche quando il risultato finale resta coinvolgente. Mi sembra un atteggiamento meno cinico e - nel caso di Magnolia - meno conformista di altri. Così facendo, diventa evidente, e facilmente dimostrabile, che la "maglia drammaturgica complessa" della quale lei parla ha buchi grossi come voragini e seri problemi di ridondanza narrativa.

"Plagio? Papocchio? O solamente irritazione emotiva, pigrizia di guardare tra le righe?" Aggiungo alle sue le mie domande: perché la mia irritazione le appare emotiva, visto che l'argomentazione è razionale? C'è più pigrizia mentale nell'accostarsi a un film con serietà o nel liquidare il giudizio di un recensore come "emotivo" (e, suppongo, anche questo uterino)?

Un caloroso saluto a lei, appassionato lettore: spero che l'ironia che ha colorato la mia risposta sia apprezzata da un lettore che mi ispira immediata simpatia.

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