I lettori scrivono
Da: Marino <mmlobf@tin.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Sabato, 4 maggio 2002 5:53
Oggetto: Arafat
e Michael Collins
Ciao,
l'articolo che mette in parallelo i due leader mi è piaciuto molto.
In particolare mi ha colpito la sottolineatura di quello che spesso
non si dice o passa sotto silenzio (per esempio il rilievo sulla
porzione di territorio che viene concessa rispetto a ciò, ed è la
fetta maggiore, che non si concede) e il dilemma vissuto dai due
leader di fronte all'occasione storica. Mi hanno fatto riflettere:
credo che non sia semplice risolvere le due situazioni (Irlanda del
Nord e Palestina) in poco tempo e in modo semplice e indolore. Certo,
piacerebbe a tutti avere la bacchetta magica per poter pacificare
d'incanto i conflitti. Spesso non si tiene conto però che bene e male
sono mischiati, anche in ognuno di noi: ci portiamo dentro tante
contraddizioni ed incoerenze.
Posso solo pregare e sperare che prima o poi si guardi a ciò che
unisce e non a ciò che divide.
Ciao e grazie.
Risponde Antonio Carioti:
Mi fa piacere che l'articolo le sia piaciuto. In realtà oggi il caso
irlandese, ridotto alla sola questione delle sei contee a maggioranza
protestante incluse nel Regno Unito, è di molto più facile
soluzione. A Belfast il processo di pace, per fortuna, sembra
funzionare. Le armi da fuoco tacciono, le bombe non scoppiano più. In
Ulster non ci sono luoghi
sacri e la grande maggioranza della popolazione rifiuta la violenza.
Inoltre i due paesi coinvolti (Eire e Gran Bretagna) sono entrambi
democratici e fanno parte dell'Unione Europea. Ma soprattutto vale
quello che dice lei: in Irlanda del Nord la possibilità di guardare a
ciò che unisce è di gran lunga maggiore. In Medio Oriente (e lo
vediamo) tutto risulta più difficile.
Da: Giuseppe Piscopo <rsu_nb@libero.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Lunedì, 6 maggio 2002 7:38
Oggetto: Arafat non è Collins
Molto romanticismo nell'articolo di Antonio Carioti. Vorrei
ricordargli che se gli attentati dell'IRA eliminavano spie e
collaboratori dell'esercito britannico, gli attentati quasi quotidiani
in Israele uccidono uomini, donne e bambini innocenti.
Forse ha ragione quando scrive che Arafat non poteva firmare gli
accordi di Camp David perchè da lì si sarebbe scatenata una guerra
intestina nel popolo palestinese, ma è anche vero che anche
sull'altro fronte gli ortodossi israeliani non avrebbero accettato
tranquillamente quegli accordi. Occorreva coraggio da entrambi le
parti.
giuseppe.piscopo@libero.it
Risponde Antonio Carioti:
Romanticismo? Credevo di aver scritto un pezzo desolatamente realista.
Comunque è vero che tutti i paragoni storici hanno dei limiti. Ai
tempi di Collins l'Ira non era in grado di portare la lotta armata
nelle contee a maggioranza unionista protestante, ma in epoca più
recente i guerriglieri repubblicani irlandesi, quando si sono trovati
di fronte una popolazione ostile (appunto gli unionisti) e non solo un
esercito occupante, hanno colpito senza pietà civili innocenti,
mettendo bombe nei negozi, negli alberghi, nei pub. Sono perfettamente
d'accordo sul fatto che Barak si è comportato molto meglio di Arafat
e che scegliere la pace richiede un grande coraggio anche da parte dei
governanti israeliani. Basta pensare alla tragica fine di Rabin,
contro il quale Sharon e Netanyahu (non dimentichiamolo) avevano
scatenato un'infame campagna d'odio.
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