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Da: Silvestrini Gianni <giasilver@libero.it
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it
Data: Martedì, 22 gennaio 2002 13:38
Oggetto: Tutta colpa di D'Alema?


Non se ne può proprio più. Basta con questo "è tutta colpa di D'Alema" . Non è vero che è tutta colpa di D'Alema. Sarebbe troppo facile e troppo comodo e tanta parte dell'opinione di sinistra è sempre affascinata dal facile, dal comodo e dalle cose perfette . La verità è che è anche colpa di D'Alema. Ma questo e' meno facile e meno comodo. Gira che ti rigira il vero problema della sinistra e del centro sinistra è stato ed è la mancanza di coesione politica.

Questa è la colpa e questo è il problema. La destra era battibile ed è battibile. Il Paese è diviso a metà ed all'elettore di centro sinistra serve la "credibile speranza" di una coalizione coesa che sappia sempre tenere insieme tutti coloro che sono e si sentono all'opposizione del centro destra. Purtroppo ancora tutti sono tesi a rafforzare il proprio partito e partitino a volersi sempre contare e a tenere la posizione. Poi alla fine per poter continuare il gioco basta dire: E' tutta colpa di D'Alema.

Per ben tre elezioni ho votato, io elettore di sinistra ed iscritto ad un partito della sinistra un candidato che non era proprio il mio preferito e continuerò sempre a farlo. La vera colpa quindi e' di chi non ha dato la possibilita' a tutti quelli che erano e sono contro la destra di poter votare utilmente per batterla. Questa è la colpa e questo è il problema, tutto il resta è facile semplificazione. E non mi si risponda che e' troppo facile dire "coesione politica", perchè ribatterei: allora fatela o facciamogliela fare. E' la semplicità che è difficile a farsi.


Risponde Corrado Ocone:

Caro Silvestrini,

in politica, mi sembra, non è il caso di dare colpa o ragione. Il problema, più concretamente, è di individuare la politica giusta per realizzare il programma ideale a cui ci si ispira. Grosso modo la sinistra si trova, diciamo almeno dalla fine del vecchio PCI, di fronte a un’alternativa: seguire la via antagonistica o quella riformistica.

Bisogna dire che, dal punto di vista ideale, D’Alema è da un bel po’ che, con coerenza, la sua scelta riformistica l’ha bell’e fatta. Le sue idee, mi sembra, sono per buona parte le idee giuste che una moderna ed europea forza del socialismo liberale deve fare proprie. Dove il nostro ha invece indubbiamente sbagliato è non nelle strategie, ma nella tattica: dapprima credendo di poter contenere in forme democratiche una Destra che sta a fatica nelle forme (mi riferisco, chiaramente, alle vicende della Bicamerale); e poi, nel momento in cui è venuto meno l’appoggio di Rifondazione al governo Prodi, adoperandosi perché non si andasse alle urne preferendo di fatto una soluzione pasticciata alla crisi che contraddiceva (nella forma se non nella sostanza) le scelte dell’elettorato.

Nel primo caso la sinistra ha creduto utile scendere a compromessi quando era giusto invece essere intransigenti sui principi (e ciò ha fatto sì che poi ci si trovasse spiazzati).

Nel secondo caso si è disperso di colpo tutto il patrimonio di credibilità fino a quel momento incamerato (probabilmente, andando subito alle urne, il centrosinistra avrebbe superato l’avversario). Errori politici, questi imputabili per buona parte a D’Alema, grossi come un macigno. Ciò tuttavia non vieta, a mio avviso, che, una volta riconosciutili apertamente, D’Alema possa non solo continuare a dare il suo contributo ai DS, ma anche assumere quel ruolo di leader che sicuramente gli è congeniale.

Riconoscere i propri errori, che ovviamente non sono mai solamente individuali, in un certo momento è un elemento di forza e non di debolezza. Anche perché è fisiologico nella politica democratica sbagliare e correggersi.La presunzione di essere sempre nel giusto e di non sbagliare mai lasciamola pure all’ “unto del signore”!



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