I lettori scrivono
Da: FEDERICO SOLFAROLI CAMILLOCCI <fsolfar@tin.it>
A: <caffeeuropa@clarence.com>
Data: Venerdì, 11 gennaio 2002 12:47
Oggetto: Il
mestiere delle armi
Paola Casella offre una chiave di lettura davvero interessante de Il
mestiere delle armi.
Per quanto mi riguarda, nei volti dei protagonisti del film, nel loro
atteggiarsi, ho rivisto taluni ritratti di cui è ricca la pittura
italiana del Quattro-Cinquecento. Così, la comparsa in scena di
Federico Gonzaga (straordinariamente fedele, peraltro, a quello
immortalato da Tiziano) mi ha immediatamente riportato alla mente il
ritratto raffaelliano di Baldassarre Castiglione; più volte, poi, nel
film tornano particolari pittorici degli stessi Tiziano e Raffaello, o
anche del Giorgione (Ritratto di cavaliere con scudiero), nonché -
come è stato osservato - degli artisti fiamminghi.
Peraltro, l’opera di Olmi, se è vero che abbonda di immagini
ispirate ai dipinti del passato, contiene essa stessa istantanee
originali di assoluta bellezza e, per ciò, destinate a restare
impresse nella nostra memoria: il volto di Giovanni dei Medici, le
barche avvolte nella nebbia del Po, le figure immote di sovrani e
cortigiani, gli elmi appesi sui rami degli alberi nella pausa dei
combattimenti, ed altre ancora.
Il film - dominato dai temi incrociati della guerra, del potere, della
malattia, dell’amore, e, sopra tutto, della morte - trasmette
suggestioni profonde: l’atmosfera cupa di un passato tormentato e
affascinante, la vita di un uomo audace precocemente spezzata, l’evolversi
della malattia che consuma rapidamente un corpo ancora giovane e
vigoroso, l’avvicinarsi inesorabile della morte che separa
definitivamente dagli affetti più cari.
Le sequenze finali, con le truppe imperiali che muovono alla volta di
Roma, efficacemente preannunciano altri eventi drammatici che
segneranno uno dei periodi più oscuri della nostra storia.
Un cordiale saluto a tutti gli amici di Caffeeuropa.
Federico Solfaroli Camillocci - Roma.
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