I lettori scrivono
Ha ragione da vendere Giancarlo Bosetti nel suo editoriale "Quanta
religione in questo terrore : “la religione mantiene, o ha
addirittura accresciuto il suo peso nella vita delle società
contemporanee”. Due secoli di illuminismo non sono stati, alla prova
dei fatti, sufficienti. E la profezia della “morte di Dio”, di un
mondo ormai completamente laico e secolarizzato ove l’uomo non ha
più bisogno di dei e trascendenze, si è rivelata miseramente
inesatta. O, almeno, così sembra, ad un primo sguardo.
Va dato anche atto a Bosetti di averci offerto uno sguardo appropriato
sulla “guerra” scatenata dal terrorismo: di avere cioè
ridimensionato le spiegazioni economicistiche (il disagio materiale di
enormi popolazioni) e politiche (il terrorismo come modo per
combattere potenze imperialistiche o che comunque appoggiano regimi
locali autoritari e corrotti) e di aver puntato invece subito l’indice
accusatorio direttamente sulla religione. Una religione che, spesse
volte, “fornisce al terrore: a) motivazioni, b) giustificazioni, c)
organizzazione, d) visione del mondo, e) una comunità di sostegno”.
E che “nel caso dei terroristi suicidi forse anche f) la ricompensa
nell’al di là”.
La religione, in poche parole, è forse “il” problema. Il problema
per antonomasia del nostro tempo.
Mi è più difficile seguire Bosetti quando invece invoca dalle
religioni una “secolarizzazione di se stesse”. E, in qualche modo,
le misura e le gerarchizza servendosi come indice del tasso di
autosecolarizzazione raggiunto. Le cose per Bosetti stanno in questo
modo: non esiste solo la secolarizzazione delle società, cioè la
progressiva riduzione del peso che la religione esercita su ognuna di
esse, ma anche la seolarizzazione interna ad ogni religione, che è
poi la capacità di rispettare e tollerare “la rivelazione degli
altri” ovvero delle altre religioni. Sociologi e filosofi si sono
concentrati sul primo tipo di secolarizzazione, che è la
secolarizzazione tout court, ma poco sul secondo, che è quello che
oggi più ci serve.
Ora, io credo che una religione rivelata, monoteistica, non può, pena
contraddirsi, rispettare e tollerare le rivelazioni degli altri. O è,
si accetta come la Verità, e allora tutto ciò che è esterno ad essa
è per ciò stesso falso e deviato, oppure mette in discussione se
stessa e non è più una religione, quella religione. Tertium non
datur.La religione che mette in discussione la Verità del suo nucleo
di verità, consentitemi il bisticcio di parole, non fa più appello
alla fede ma alla ragione. Per ciò stesso non è più religione, ma
filosofia.
Norberto Bobbio ha scritto pagine memorabili sulla differenza fra l’uomo
di fede e quello di ragione. Laddove la fede è autosufficiente, la
ragione non semplicemente tollera gli altri ma ne ha bisogno. La
verità della ragione nasce dal dialogo, è dialogica: se io non
mettessi a confronto le mie opinioni con quelle degli altri, non
potrei mai sapere se sono vere né mai potrei “perfezionare” le
mie verità integrandole con quelle degli altri. Ovviamente, fede e
ragione sono due tendenze dell’animo umano presenti anche al di
fuori dell’ambito propriamente religioso: quando Bobbio distingue
con accuratezza i “laici” dai “laicisti” intende proprio dire
che un laico è laico nella misura precisa in cui è disposto ad
ascoltare gli altri e a mettere in gioco le proprie convinzioni.
Il laico che più non lo fa, che a priori sa ciò che è giusto e
sbagliato, non è per ciò stesso più laico. Non esiste infatti solo
una fede nel trascendente, ma anche la fede in tutto ciò che viene
sottratto al flusso del divenire che è l’immanenza. E che, in
questo modo, si pone come un’indebita e astratta ipostatizzazione (
Ragione degli illuministi più radicali, lo Spirito assoluto di Hegel,
il Mercato a suo modo assoluto dei falsi liberisti sono tutti esempi
di fideistiche metafisiche).
Giustamente Bosetti individua, nell’ambito delle religioni
istituzionalizzate, due tendenze: una dialogante, l’altra
escludente. E, ovviamente, ci implora a incoraggiare la prima tendenza
e a scoraggiare la seconda. D’accordissimo: è questa la lezione del
2001, di questo terribile anno “religioso” appena conclusosi. E
sicuramente questa strada dovremo imboccare e con decisione seguire.
Ma tutto questo, io credo, fa parte del compito infinito che ha la
società laica, fondata sulla ragione, di autopreservarsi.
Se esistono uomini religiosi morbidi o religioni che paiono soft, è
perché la realtà è più complessa della “teoria”, è perché
esistono (per fortuna) animi complicatissimi (nel senso che
soggiacciono a diverse e non sempre armonizzate o armonizzabili
inclinazioni), è perché le istituzioni (ad esempio la Chiesa
cattolica) sono costrette a vivere (e anche a “compromettersi”)
nella storia (nel “secolo” come dicono sempre i cattolici), è…per
mille altre ragioni.
P.S. Tutto questo con Dio c’entra poco o punto. Lasciatevelo dire da
un incallito anticlericale (grazie Bosetti per avere ridato dignità
al termine, che è da intendere appunto etimologicamente come l’opposto
di quel clericalismo che tu descrivi così bene). In effetti, la
nostra logica del finito non può dire nulla sull’infinito, cioè su
ciò che sta fuori dal nostro orizzonte. Chi perciò vi dice che Dio
non esiste fa un “peccato” di logica al pari di chi è invece
sicuro della sua esistenza.
Corrado Ocone
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