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Quanta religione in questo terrore
Giancarlo Bosetti
Non so se “niente” è più come prima” alla fine di quest’anno,
rispetto all’inizio, ma sono sicuro che qualcosa sì è cambiato:
negli ultimi mesi siamo diventati più attenti a quel che accade
nelle sfere celesti, o per restare più terra terra (come sarebbe
piaciuto ai materialisti alla Feuerbach o alla d’Helvétius) nelle
sfere cerebrali che gran parte degli esseri umani impiega per
credere alle sfere celesti, ed elucubrarci sopra per trovare
risposte ai misteri del mondo.
Dopo l’ultima impresa di Bin Laden, quella di settembre, abbiamo
visto gente dagli orizzonti solitamente molto ristretti alzare lo
sguardo sulla geopolitica globale e occuparsi di sezioni del pianeta
che erano sempre state fuori dal loro campo visivo, anche perchè
prive di spiagge coralline e fuori dalle offerte Alpitour. Non
avranno letto tutti “Strategia” di Edward Luttwak, ma almeno lo
avranno sentito in tv, da Santoro.
Ma questo è ancora poco; abbiamo visto, soprattutto, gente per la
quale fino a quel momento il mondo arabo e quello islamico erano la
stessa cosa, una massa monocolore di gente chinata a pregare, tutti
uguali, imparare che tra uno sciita e un sunnita passano differenze
storiche grandi almeno quanto quelle tra un cattolico di Roma, un
luterano olandese, un battista del Midwest, un ortodosso del
Bosforo; o scoprire, dai giornali (che, bisogna dire, hanno prodotto
uno sforzo da ricordare) la enorme realtà dell’islamismo asiatico
non arabo e addestrarsi alle divisioni e sottodivisioni, fino alle
numerose etnie o sètte, come quella wahabita deobandita,
internazionalista e jihadista, che ci ha regalato Al Qaida e il suo
leader.
La religione, ecco il tema dell’anno, è uscita da una zona o di
indifferenza, o di automatismi e routine (per fedeli e infedeli), e
ci si è parata dinnanzi come un problema, forse come il problema.
Ho davanti la copertina di un libro uscito in California un anno fa.
Si intitola “Terror in the Mind of God”, Terrore nella mente di
Dio. L’autore si chiama Mark Juergensmeyer, studioso accreditato
di sociologia della religione, ed in copertina ha messo i volti di
tre “religiosi” di questo inizio del terzo millennio: uno -
avrete capito - è Osama Bin Laden, ma non è per niente solo,
accanto ha Shoko Asahara, una “star” da noi meno in vista, ma
assai famoso in Giappone come leader della setta buddista degli Aum
Shinrikyo, che nel 1996, sempre per ragioni religiose, decise di
irrorare di gas nervino la metropolitana di Tokyo; e poi c’è
Timothy McVeigh, un cristiano fondamentalista che per ragioni di
fede, anche lui, fece saltare l'edificio federale di Oklahoma City
nel 1995.
Il libro fornisce una sconcertante rassegna di "fonti
religiose" della violenza terroristica, le “milizie di Cristo”
con i loro attentati alle cliniche degli aborti, Yoel Lerner
ideologo dell’estremismo sionista ispiratore dell'assassinio di
Rabin, o Baruch Goldstein con la sua strage di palestinesi alla
tomba dei Patriarchi, e poi lo sceicco Ahmed Yassin, fondatore e
capo spirituale di Hamas, l’organizzatore dei kamikaze di
Gerusalemme E poi ancora, altre sette assassine. E, per passare a un
libro di casa nostra, guardatevi “Martiri e assassini”, di
Franco Cardini e Gad Lerner. E’ una lettura assai interessante tra
due persone di vedute diverse, ma sull’argomento hanno speso un po’
di tempo.
Se non altro guardate la cronologia di attentati suicidi, che c’è
alla fine. Vedrete che negli ultimi dieci anni c’è un incremento
esponenziale del terrorismo kamikaze, quello che comporta nella sua
stessa struttura organizzativa la morte dell’autore. E dove c’è
questo genere di suicidio strumentale, c’è al cento per cento la
fede, c’è una religione che fornisce al terrore (volete un elenco
schietto e impietoso?): a) motivazioni, b) giustificazioni, c)
organizzazione, d) visione del mondo, e) una comunità di sostegno.
Nel caso dei terroristi suicidi fornisce anche f) la ricompensa nell’al
di là.
Sfere celesti, ecco perchè di voi dobbiamo occuparci di più. Le
statistiche del Dipartimento di Stato americano, già all’epoca
della Albright, documentavano l’incremento della motivazione
religiosa nel terrosismo a discapito di quella ideologica o etnica.
E’ vero che c’è una crisi della politica: e chi ha più voglia
di ammazzare o farsi ammazzare per una utopia egualitaria o
classista? O per una redistribuzione del reddito? Nessuno, o quasi.
Lo si fa invece con grande entusiasmo per la Vera Fede, quella dell’unico
Dio rivelato. Lo si fa per portare la Luce della Verità alle masse
ignare. Lo si fa per uccidere il Demonio.
La cultura laica, quella che - mi si passi l’espressione - si
ispira all’epoca dei Lumi, quella che nei suoi momenti migliori si
è battuta per affermare i principi della libertà, della
tolleranza, della compatibilità di vedute diverse anche sull’al
di là, farebbe bene a riaffacciarsi con qualche energia e a
intavolare - tra le altre numerose cose necessarie, come appoggiare
l’azione armata contro i terroristi, dedicarsi anche alle cause
materiali del consenso che si raccoglie intorno a leader estremisti,
concentrarsi su una soluzione della guerra civile mediorientale -
una doverosa “critica della religione”.
Non si tratta per niente di contestare ai fedeli la loro credenza
nella Scrittura, qualche che sia; ma di contestare invece la
tendenza a non tollerare Scritture diverse dalla propria. Se è vero
che la religione mantiene, o ha addirittura accresciuto il suo peso
nella vita delle società contemporanee, è indispensabile
chiamarla, sempre, quale che ne sia la fisionomia, alla prova della
sua capacità di rispettare le altre religioni, le altre fedi, le
altre convinzioni.
I laici si sono abituati a misurare la intensità dei processi di
modernizzazione e di liberalizzazione delle nostre società a
partire da un concetto, quello di “secolarizzazione”. Che cosa
significa? Significa riduzione del peso che la religione esercita su
una società, sui suoi costumi, sulle sue leggi, sulla sua politica,
sulla morale prevalente e così via. Significa il contrario di
clericalismo, o di teocrazia, che è lo stesso.
Bisogna introdurre un’altra abitudine: quella di misurare non solo
la secolarizzazione della società nel senso della sua liberazione
dalle pretese invasive di una religione, ma di misurare la
secolarizzazione della religione stessa, ovvero la sua
disponibilità a tollerare “gli altri”, a rispettarli, in ultima
analisi a rispettare quel che per il fedele di una religione
rivelata è più difficile: la rivelazione degli altri. Prova assai
difficile, attenzione, perchè significa digerire il boccone più
indigesto, quello di accettare che accanto al proprio spirito
missionario, ci sia lo spirito missionario di un altro. Non
rinunciare al desiderio di convertire altri alla Vera Fede, cosa che
un religioso non può fare, ma accettare che accanto al nostro
desiderio di convertire altri ci sia quello di altri di convertire
noi.
Il Papa di Roma aveva dato all’anno giubilare una impronta
potenzialmente aperta alla “confluenza di trascendenze diverse”.
La serie dei “mea culpa” della Chiesa cattolica aveva questo
significato, aprire la Chiesa a una maggiore tolleranza, ma la
spinta propulsiva in questa direzione è stata frenata e si è
arenata su un documento, steso dal prefetto della fede, il cardinale
Joseph Ratzinger che circoscrive rigidamente la salvezza (nell’al
di là) a chi muore nell’unica Vera Fede.
Quando il cardinale Biffi esalta la “fortuna” di nascere
cristiani, per un verso dice una cosa dal suo punto di vista ovvia,
per un altro verso dice una cosa sbagliata. Insiste cioè sulla
esclusione degli “altri”, abbandona la ispirazione più
dialogante, che per fortuna non è più estranea alla Chiesa
Cattolica del secolo scorso, soprattutto per merito di Giovanni
XXIII. Ed abbandona una traccia che il Giubileo di Woitila ha pure
lasciato. Tant’è vero che un cardinale di grande rilievo come
quello di Vienna, come Schoenborn, in un incontro avuto a Teheran -
di sicuro non a titolo personale - su invito del presidente Khatami,
pria dell’11 settembre, ha tenuto una omelia sul tema del
difficile ma necessario rispetto dello spirito missionario di
religioni diverse come la cristiana e la islamica.
Se abbiamo imparato qualche cosa da questo anno “religioso”, è
che sarà bene incoraggiare la tendenza Schoenborn e scoraggiare la
tedenza Biffi-Ratzinger. Sarà bene per la nostra salvezza, quella
limitata, imperfettissima salvezza che ci è possibile su questa
terra.
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