I lettori scrivono
Da: Enrico Biale <ebiale@tiscalinet.it>
A: <caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Domenica, 14 ottobre 2001 1:58
Oggetto: Guerra
e pace
Pensieri sparsi
Dopo l'undici settembre vorrei vedere tutto bianco e nero, avere solo
questi due colori in testa, ma non ce la faccio, la mia cornea coglie
ancora migliaia di sfumature, né proprio bianche ma neppure nere.
Inizialmente mi sono infuriato, poi l'ho presa per una strana forma di
deformazione professionale, che in seguito mi è parsa un aspetto
profondamente positivo, perché, benché sia difficile da accettarlo,
il mondo non è diviso tra buoni e cattivi e questo se può essere
taciuto dai politici, deve essere gridato dagli
"intellettuali".
Difficile dire chi rientra in questa categoria, forse nessuno se
intesa in modo molto ristretto, certamente molti se, come farò io
ora, si considera quell'insieme che annovera tra i suoi componenti
coloro che agiscono nella società esprimendo a un pubblico, più o
meno ampio, le proprie opinioni sui "grandi temi". Per
questo motivo mi posso, attraverso queste mie farneticazioni, inserire
a forza all'interno della categoria e parlare del tema del momento: la
guerra contro i Talebani, facendo un riferimento interno alla sola
Italia: l'articolo della Fallaci (pubblicato su Il Corriere della
Sera), che, tra l'altro, mi chiama in causa in quanto faccio parte
di quella gioventù che brancola nel vuoto più totale.
Come ho detto all'inizio la voglia di separare buoni e cattivi come
facevano le maestre alle elementari è forte, ma penso che sia un
gesto abbastanza sciocco, che va bene se fatto con dei bambini di
dieci anni, un po’ meno se diventa l'unico metro di valutazione in
una situazione così complessa come quell’attuale. Tutto ciò rende
l'analisi del problema più complessa e confusa, ma è così che si
presenta nella mia testa e credo che sia così se ci si interroga
onestamente, lasciando a casa almeno parte dei nostri pregiudizi. La
prima cosa da chiarire è il fatto che l'attacco alle Torri Gemelle è
stato un atto criminale ingiustificabile e che, come ogni atto
criminale, deve essere punito.
Discutibili possono essere, quindi, i metodi da usare per punire i
terroristi, non il fatto che questi debbano essere colpiti.
Personalmente reputo che debbano essere fermati solo i criminali,
quindi anche chi li fiancheggia (sotto ogni aspetto), senza colpire la
popolazione civile, infatti la vita di un afgano innocente vale quella
di un occidentale vittima del terrorismo islamico. Mi sembra che
parente della guerra al terrorismo sia quella alla mafia e credo che
le modalità, mutatis mutandis, debbano essere le stesse.
Infatti il terrorismo come la mafia ha una faccia legale e una
illegale, ma come per colpire la mafia non si rade al suolo Palermo
per estirpare il terrorismo, sarebbe folle distruggere Kabul.
Non essendo uno stratega non mi posso spingere oltre nell'indagine
delle possibili controffensive, ma posso soffermarmi su ciò che più
facilmente tocca il mio profondo e stimola le mie riflessioni: le
reazioni del mondo occidentale all'attacco di una civiltà nei
confronti di un’altra. Infatti benché tutti ora gettino acqua sul
fuoco, fondamentalmente per motivi politici, è innegabile che il
crollo delle torri è stato vissuto dagli americani e dagli
occidentali tutti come un attacco alla civiltà (in questo l'articolo
della Fallaci è vero). Tutto ciò produce diverse domande: si sono
sbagliati i fautori del modello unico? Esiste un modello culturale (in
senso lato) altro rispetto a quello occidentale?
La contrapposizione tra i due è inevitabile? L'esistenza di uno
esclude aprioristicamente l'altro? E' giustificato il timore o
addirittura l'odio presente in molti occidentali oggi? Per prima cosa
mi sembra giusto dire che il modello unico in occidente è ormai un
dato di fatto, tristemente, perché nulla vi è di più sbagliato se
non un modello che tende ad appiattire le idee di tutti, conformandole
e ammorbidendole. Con ciò non voglio sostenere che non sia importante
per ogni cultura riconoscere dei principi basilari e anzi penso che
chi nega questo capisca ben poco, infatti è inevitabile che un
italiano sia più simile a uno statunitense che non a un cinese.
Quindi l'ideale sono identiche fondamenta su cui costruire edifici
diversi. Purtroppo spesso si edificano palazzoni tutti uguali e, cosa
ancor più grave, si fa ciò distruggendo antichi e preziosi edifici.
Tutto ciò produce sgradevoli effetti sia perché dall'uniformità
nulla viene prodotto di nuovo sia perché un sistema perfetto che
tutto ingloba è destinato alla distruzione, perché come ogni cosa
perfetta è morta. Quindi la prima cosa che dobbiamo metterci in testa
è questa: la civiltà occidentale non è perfetta, per cui non ha il
diritto di inglobare le altre, ma non è nemmeno destinata ad essere
polverizzata. Siamo arrivati a questa prima conclusione, che ci porta
inevitabilmente a dire che esistono altri modelli culturali ed è bene
che sia così, perché il pluralismo crea ricchezza. Arrivati a questo
punto dobbiamo inserire un principio vincolante: ogni modello
culturale per essere riconosciuto come tale deve includere il rispetto
per l'altro da sé. Questo è necessario perché possa avvenire il
confronto, questo è fondamentale per impedire che questo confronto
sia produttivo e non diventi invece una guerra del tutti contro tutti.
Incontro tra culture e non scontro, incontro che ha sempre prodotto
qualcosa di buono o ha addirittura formato nuovi modelli (la filosofia
occidentale è nata in un luogo di confine). Lo stesso Islam è una
religione sincretista che molto deve a Ebraismo e Cristianesimo, oltre
che a fonti autoctone, e che ha prodotto una cultura immensa che è
alla base del "nostro" medioevo.
Non sono un esperto del Corano come non lo sono della Bibbia, ma so
che se dei testi sacri scritti migliaia di anni fa diventano legge
nulla può andare bene, infatti oltre che testi religiosi sono testi
storici che vanno quindi storicizzati. La cultura islamica non è una
chimera da distruggere o allontanare, ma nemmeno da inglobare. E’
necessario il confronto, che può essere anche aspro, ma sempre nel
profondo rispetto dell'altro: chi non fa ciò sbaglia, che sia un
talebano o una giornalista italiana (anche se gli effetti possono
essere diversi perché le azioni sono diverse).
Con tutto questo discorso non voglio gettare anche io acqua sul fuoco,
a questo ci pensano già i politici di tutti il globo -tranne alcuni
eternamente fraintesi-, ma voglio semplicemente dire che le differenze
non devono fare paura. A far paura devono essere le azioni violente
prodotte da una falsa cultura di qualunque colore, fede o mondo finga
di far parte.
Chi non rispetta il principio sopra accennato è fuori dal gioco e se
ci vuole rientrare a forza deve essere cacciato da chiunque sia un
uomo civile, ma la cosa importante è che un'infrazione,anche grave,
al regolamento non ne produca un'altra uguale ed opposta, perché
questo elementare principio fisico nel mondo della cultura e della
civiltà è bandito.
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