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Delirio amoroso



Antonia Anania



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Delirio amoroso, di e con Licia Maglietta su testi di Alda Merini, costumi di Katia Manzi, luci di Pasquale Mari, suono di Daghi Rondanini, direzione tecnica di Lello Becchimanzi, direzione di scena di Teresa Cibelli, una produzione Teatri Uniti a cura di Angelo Curti.


Tra il pubblico di Delirio amoroso ho visto molte coppie di donne, amiche, madri e figlie, persino suocere e nuore e altro ancora. E questo fa pensare al fatto che il parlare, anzi il “ragionar d’amore”, di questa “cosa difficile” e spesso “rubata”, è soprattutto un affare da femmine. E se è vero che delirar d’amore “vuol dire perdere tempo”, a danno dei sensi, così come è “troppo sciocco piangere sopra un amore perduto”, la maggior parte delle donne -e mettiamoci anche alcuni uomini- lo ha fatto, almeno una volta nella vita. Perché leggerezza e sofferenza sono facce dello stesso sentimento, a volte confuse.

“L’amore ci coglie di sorpresa. Ci piomba addosso come un assassino nella notte”, diceva Jeanne in Ultimo tango a Parigi. “Il vero amore è lo spirito che si converte in Es, lo spirito che sbaglia rotta. Queste rotte sbagliate del lungo viaggio che condussero Ulisse verso Itaca sono le sirene, contro le quali io non ho avuto l’avvertenza di mettere i tergicristalli”, dice Alda Merini.

Alda Merini e Licia Maglietta formano un duo inaspettato, ma anche chi ha cominciato a conoscere e amare l’attrice solo due anni fa al cinema, con Pane e tulipani di Silvio Soldini del quale era protagonista, ha avuto modo di avvertire la malinconia, l’ironia e la poesia della sua recitazione, che forse basta a spiegare l’amicizia tra queste due donne, entrambe in perenne mood for love.

Poetessa e attrice s’incontrarono sette anni fa, dopo che l’attrice ebbe letto i testi della poetessa ‘folle’ e ne fu affascinata. E così Licia Maglietta pensò di adattare e portare sulle scene le poesie e le prose di Alda Merini, imperniate sulla sua vita fuori e dentro il manicomio, tra amori, comiche e poesie.

“Debuttai con Delirio amoroso sei anni fa, al Teatro Nuovo di Napoli. -racconta Licia Maglietta-. Negli anni mi è capitato di riprenderlo, ma solo in questa stagione teatrale gli ho dedicato una lunga tournee: Milano, Napoli, Roma, è stata dovunque una festa e 600, 700 persone hanno ascoltato questo testo vero e semplice che, volendo, avrebbe bisogno solo di una panchetta per essere raccontato”.

Sulla scena appunto ci sono un tavolo, un armadio, qualche porta, tutti mobili di legno, affastellati per formare una nicchia, e un vecchio quadro con la veduta di Procida, altra punta ironica perché Alda non è napoletana ma Licia sì. All’improvviso arriva la nostra attrice vestita di rosso passione, con un bicchiere di vino in una mano e una sigaretta nell’altra. E svolazzante muove le labbra, sulle parole di una canzone di Celentano: “Con 24 mila baci… tu mi hai portato alla follia”.

L’accostamento è azzeccato anche perché durante il monologo Alda-Licia dirà “io non venni marchiata dal manicomio, ma dall’amore” e “io ho avuto grandi amori…distruttivi come catastrofi che mi hanno presa, violentata e poi abbandonata sul greto della vita”. Delira di sé, canta il pianto, la poesia, l’amore per un’ora e mezzo di spettacolo. Con una mistura di ironia, passione, dolore, femminilità. Dando una bella prova di attrice.

Come un'ubriaca si lascia andare, si muove leggera, parla a ruota libera, e s’inventa un interlocutore, si rintana nella nicchia. Il pubblico la ascolta a volte anche ridendo con partecipazione e la osserva fare cerchi in aria con le mani e le braccia, abbassare la testa, sollevarsi, sdraiarsi, sempre con delicatezza, ammiccare, sollevare la gonna. E ballare e saltellare, sempre ironicamente delirante. Perché l’ironia è l’arma di questa messinscena, che salva la poetessa in ogni momento della vita per cui “in situazioni assurde -ha scritto la Merini- mi è capitato di scoppiare in terribili risate”. Come quando l’amante di turno cadde nel mezzo dei suoi “sei materassi ereditati dalla sorte” “senza più riuscire a liberarsi dal lenzuolo che viene ad avvolgerlo come una specie di sudario”.

Difficile capire la differenza tra sogni, deliri e realtà, tra amori veri e inventati -per i quali dice “amai teneramente dei dolcissimi amanti senza che essi sapessero mai nulla”, e difficile capirne il lieto fine…che viene affidato a una sospensione: forse verrà un altro amore in futuro ma in questo momento, dopo “le mille metamorfosi … nei giardini del manicomio” lei vuole rimanere finalmente sola. In sua compagnia ci sono l’alloro che le ispira la poesia e qualche audace pensiero “che mi viene a trovare qual sirenetta”.

Licia Maglietta ha iniziato a raccontare Delirio amoroso nel 1995 e per certi versi questo sembra il punto di partenza di un viaggio alla ricerca della leggerezza, non sappiamo se personale ma certamente professionale, quella da dare ai suoi personaggi. Così la sua Alda Merini ricorda a tratti la Rosalba Barletta di Pani e Tulipani perché entrambe le donne vivono con leggerezza, svagatezza, soprattutto svicolano dagli schemi d’amore e comportamenti, sono libere. Più che un viaggio, sembra quasi un’eredità che Alda ha lasciato a Rosalba.

Insomma Licia-Alda di Delirio amoroso affascina tutti. Alla fine dello spettacolo le coppie di amiche venute a teatro per sentire i frammenti di questo monologo d’amore vanno via entusiaste e pensierose: “Eccezionale. - commentava una quarantenne- In certi momenti mi veniva da piangere”; “Mi sentivo proprio addosso la sua sofferenza. - faceva eco un’altra- E poi quante cose vere!”.


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