I lettori scrivono
Da: ASTROLOGO Dunia <astrologo@mail.isvor.it>
A: "'caffeeuropa@caffeeuropa.it'"
<caffeeuropa@caffeeuropa.it>
Data: Lunedì, 27 agosto 2001 2:33
Oggetto: A proposito de La stanza del figlio
Ho letto l'analisi
di Curi e vorrei dirgli/dirvi che l'ho apprezzata e la
condivido, almeno in parte.
Sono d'accordo sul fatto che Moretti non riesca a comunicare in
effetti, se non in modo del tutto "didascalico", il pathos,
la tragicità della situazione che racconta. Son d'accordo sul fatto
che tutto il film (come tutta l'opera del Nostro) sia centrata sul
protagonista, cioè su Moretti stesso. Non so se ciò sia voluto o
meno.
Credo che per l'Autore sia impossibile far diversamente; con ciò,
però, egli
esprime tutto il ripiegamento individualistico e l'aridità di una
gran parte
dell'umanità contemporanea, anche quella più "empatica"
con le sorti del
mondo (quella, per intenderci, dell'intelligentsija progressista o,
come
dice qualcuno, della sinistra "con i piedi caldi").
L'incapacità di confrontarsi con il dolore, con la perdita, con
l'insuccesso, con i propri limiti, mi sembra una caratteristica assai
diffusa nella nostra società, e
Moretti la esprime (a volte ne trasuda) da vero maestro. Non so se
coscientemente (criticamente) o no, almeno per quanto riguarda questo
film
(ma anche in Aprile, dove avrebbe dovuto raccontare della gioia
per
l'arrivo di un figlio, e ne emerge il ritratto nevrotico di un
ennesimo
challenge con tutto ciò che è altro-da-sé).
Certo è che in un film come questo, il risultato è piuttosto
stridente. Ma a tutti è piaciuto, o così almeno hanno detto,
premiando e promuovendo, inneggiando et glorificando.
Secondo me, neanche il Nostro se lo sarebbe aspettato.
Saluti
Dunia Astrologo
duniastr@yahoo.com
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