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Da: Federico Solfaroli Camillocci <fsolfar@tin.it
Data: Venerdì, 17 agosto 2001 8:19
Oggetto: Malinconia e creatività



Cari amici, vi propongo alcune mie modeste riflessioni sull'interessante articolo di Francesco Roat dal titolo Malinconia e creatività .

Malinconia e creatività. Uno stretto binomio. Non che la creatività sia necessariamente frutto di vena malinconica, di “umore nero”. La capacità creativa, infatti, si manifesta anche in taluni caratteri estroversi, che hanno un atteggiamento essenzialmente positivo nei confronti della vita. Tanti scrittori, pittori, musicisti, sembrano entusiasti dell’esistenza, ne colgono l’aspetto positivo, l’energia vitale.

Ma certamente la persona malinconica tende a riflettere di più sul significato profondo delle cose, intuendone la caducità.

Calvino, nelle belle pagine delle Lezioni americane - già un classico della letteratura contemporanea - rammenta che si contrappongono due temperamenti fondamentali, quello influenzato da Mercurio, portato agli scambi, ai commerci e alla destrezza, e quello influenzato da Saturno, melanconico, contemplativo, solitario, che sin dall’antichità si ritiene proprio degli artisti, dei poeti, dei cogitatori. Egli stesso si sentiva un saturnino, sebbene sognasse di essere un mercuriale.

Opportuna mi sembra la distinzione fatta da Borgna tra le diverse accezioni del fenomeno “malinconia”, la depressione neurotica innescata dal lutto, quella psicotica, frutto di una grave malattia psichica e, infine, la malinconia come stato d’animo, che causa la consapevolezza della nostra precarietà.

Questo stato d’animo appare molto diffuso e sta spesso alla radice della creatività. Vive in molti quel senso di tristezza, quell’umore mesto che segna la loro esistenza, che accompagna, come un sottofondo costante, i diversi momenti della giornata, interrotto solo episodicamente da talune occupazioni pratiche, dall’attività sociale o dalle distrazioni ludiche, piccole parentesi nel trascorrere grigio dell’esistenza. Questo umore nero, fonte di creatività, può tuttavia, in taluni momenti, assumere i contorni dell’angoscia, della disperazione.

Non c’è causa maggiore di malinconia dell’ozio, annotava Robert Burton nel suo Anatomia della malinconia. A ciò non c’è rimedio migliore dell’attività, e, perché no, dell’attività creativa, letteraria o di altro genere. In questo modo il malinconico reagisce all’istinto di chiudersi in se stesso, trovando nella creatività il modo di comunicare con gli altri e con il mondo.

Complimenti e a presto.
Federico Solfaroli Camillocci - Roma.



 

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