Amore, ovvero, la conquista del buio
Carlo Scirocchi
La stretta di mano in segno di concordia e amicizia probabilmente non
esisterebbe se l’uomo non avesse passato la maggior parte della
propria storia conosciuta a scannare i propri simili impugnando con
quella stessa mano qualcosa di contundente. La mano protesa aperta
implica la conoscenza e l’uso delle armi e vuole semplicemente dire:
“Osserva, non impugno nulla che possa ferirti”. Naturalmente è un
accordo momentaneo, in attesa del prossimo valido motivo per ferirsi.
A parte il fatto che qualcuno ha pensato bene di tendere la mano
destra e tenere la sinistra armata di pugnale nascosta dietro la
schiena, da cui, appunto, l'espressione ‘tiro mancino’.

Nei gesti rituali o convenzionali sono condensati secoli di storia e
di significati. John Truby, sul n. 132 di Caffè Europa, parla dell’amore
come rivelazione (vd. http://www.caffeeuropa.it/attualita01/132coppia-lini.html
). E’ interessante trovare espressi da uno scrittore d’oltreoceano
concetti ed espressioni care alle antiche scuole d’iniziazione. La
rivelazione, quindi, è svelamento, e infatti in tutte le grandi
tradizioni la sposa giunge allo sposo coperta di un velo, e in certi
casi rimane completamente celata fino al talamo. A quel punto chi
scopre e chi si disvela rappresentano esattamente il geroglifico dell’unione
amorosa alla quale nulla è celato.
In alcune tradizioni orientali questa simbologia è stata portata a un
livello di raffinatezza da farne il corpo di interi poemi: l’esaltazione
dell’unione terrena, con le sue vicissitudini, come paradigma dell’avventura
dell’unione con l’Assoluto. L’intimità è quindi il luogo della
trasformazione alchemica per eccellenza, dove tutto è messo in gioco,
tutto si perde per trovare il tutto. Ma l’ego è lì in agguato, con
il pugnale nella mano sinistra. A questo livello, quello meglio
visualizzabile, il dramma si fa manifesto ed esplicito. Ma il dramma
vero vive nell’ombra. Perciò alzi la mano chi crede che amare sia
la conquista della luce! Errore. Amare è la conquista dell’ombra.
La zona d’ombra degli amanti, degli esseri umani, è ampia. E’ il
contenitore di tutte le strutture e sovrastrutture, dei
condizionamenti, delle paure, e, come per il mondo, cambia a seconda
delle stagioni e delle latitudini. Il giorno e la notte sono due
aspetti dell’esistenza del mondo intero: conquistare la notte
significa avere per sé tutto il giorno e non solo la parte con più
luce.

Nelle tradizioni esoteriche si parla di conquista della nostra parte
oscura: chi lo fa diviene perciò un ‘illuminato’. La reazione
dell’ego è comprensibile: perdere le sovrastrutture significa
perdere i connotati, quelli che si crede coincidano con ciò che
siamo. Da cui l’assioma principe delle scuole di conoscenza: se ciò
che giudica noi stessi è illusorio, come potremmo avere una reale
percezione di ciò che sta al di fuori di noi?
L’energia dell’ego, come tutte le energie in natura, tende a
perpetuare se stessa e la paura è il sintomo della sua reazione.
Perciò guardare in faccia il sentimento di paura significa affrontare
ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Si tratta di una specie di
dolore da parto. La crisi della coppia è inevitabile senza un’adeguata
preparazione perché l’insieme di due entità confuse è una entità
confusa e due personalità che gridano di paura fanno una confusione
ancora più grande.
E’ strano: nessuno metterebbe in dubbio che per imparare a fare l’avvocato
o l’ingegnere si debba andare all’Università. Chissà perché per
imparare l’amore si può tranquillamente fare da sé: il fallimento
è quasi certo. Ma è solo una preparazione psicologica? O religiosa?
O intellettuale? E’ una questione di tecnica sessuale? Non mi
risulta che esistano ‘scuole di amore’, in senso istituzionale,
così come non possono esistere ‘scuole di poesia’ anche se
qualcuno ci ha provato. Conoscere certe tecniche è utile, avere
familiarità con alcuni meccanismi della psicologia umana è
funzionale. Ma l’argomento in sé non può essere definito se non
attraverso un’esperienza del cuore. Chi può insegnare questa
esperienza? La risposta è: nessuno.
Tranquilli. Non si tratta di una risposta pessimistica o un modo per
dire che non c’è proprio nulla da fare. Se l’esperienza in sé
non può essere insegnata è pur vero che l’amore, come tutte le
creature viventi, cresce da sé appena trova il terreno adatto. La
risposta è ottimistica perché parte dal presupposto che l’uomo è
naturalmente un terreno adatto. Insegnare l’amore è ‘preparare il
terreno’. La responsabilità sta proprio qui: uno sforzo di
consapevolezza per trasmettere spontaneamente ai propri figli il
gusto, il piacere del mettersi in gioco, la memoria di uno stato di
stupore, il fatto che scoprirsi non è qualcosa di cui avere paura ma
un modo della vita di manifestarsi, il sapore sottile e delicato della
vita che affiora nell’ansia di perdersi, il farsi zolla fertile.
Questa è la prima ‘scuola’.
Ed è su questo terreno che è possibile distinguere una dimensione
laica dell’amore, patrimonio dell’essere umano in quanto portatore
dei geni dello sviluppo interiore. La laicità, di cui si parla nel
numero 133 di Caffè Europa, non è un fatto filosofico ma
un'esperienza di apprendimento propria dell’uomo qui ed ora,
riguarda la sua vita fatta di corpo e di sensi, la dignità della sua
ragione.
In ciò è distinta e non in contraddizione con le scelte religiose,
se si trascurano per un momento le beghe di potere. Preparare il
terreno è aiutare a non dimenticarsi di sé. E’ il dramma della
perdita della memoria tra generazioni. Nel senso dell’apprendimento
profondo è più facile dimenticare che ricordare, così come è più
facile distruggere che costruire. Ciò che si impara meglio e più
profondamente riguarda l’aria che respiriamo nell’infanzia,
accanto ad altri esseri umani che, più o meno casualmente, ci fanno
da genitori e possiedono un grado più o meno grande di oblio.
L’amore ha implicito un significato d’iniziazione. L’iniziato è
colui che comincia un viaggio, non colui che è arrivato. Entrare in
un rapporto intimo è, in tal senso, un’iniziazione. Importante è
averne consapevolezza, avere familiarità con il concetto di
iniziazione, fuori dai miti magici, ma dentro un esercizio pratico e
concreto. Se il terreno è stato arato bene la vita accanto al partner
può solo essere proficua, piacevole, gratificante, piena di scoperte,
cose che ci riguardano intimamente e perciò completano la nostra
esistenza.
Lo scontro e il fallimento dipendono solo dalla forza delle strutture
egocentriche. Non c'è nulla, in realtà, di cui aver paura ma solo
qualcosa di cui stupirsi. Aver già imparato ad accettare il dolore
della trasformazione è un grosso e ricco corredo da portare nella
convivenza e nella condivisione della vita. Avere coscienza del valore
di questo mettersi in gioco è già sapere molto su ciò che si vuole
veramente dall’esistenza. Accettare la morte del sé o di una sua
parte consistente è avere avuto una ricca e forte educazione.
Non è che l’amicizia sia da meno. In realtà la coppia è in crisi
perché l’amicizia è in crisi. L’amicizia si nutre delle stesse
cose, solo ad un livello diverso. Insomma è vero o no che, se occorre
l’ingegnere per costruire certe opere, anche il geometra deve saper
far di conto?
La conquista del buio è molto più utile della conquista della luna.
Anche in quel caso occorre una sofisticata tecnologia che va appresa,
almeno nelle sue componenti fondamentali. La conquista del buio è un’aspirazione,
un desiderio riposto nell’anima dell’uomo, nel suo essere
esploratore di terre e di pianeti. Perciò anche se la prima ‘scuola’
è mancata o è stata carente c’è sempre una possibilità, anche se
si deve faticare di più. Nel mondo esiste tutto ciò che serve a tale
scopo. Basta ricordarsene e volerlo, senza paura.
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