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Colosseo 2000: Progetto Sofocle


Josè Luis Sànchez-Martìn




L'anfiteatro Flavio di Roma, meglio conosciuto come "Colosseo", inaugurato sotto Tito nell'anno 80 d.C. e, dopo molteplici modifiche edilizie compiute in quattro secoli e mezzo di uso, raffigurato tante volte dal cinema con molta imprecisione e improbabile fantasia, chiuse con uno spettacolo di animali nel 523, al tempo di Teodorico. Abbandonato da allora, diventò il doppio simbolo della grandezza del passato e della sua decadenza. Saccheggiato dal Rinascimento in poi per utilizzarne i pregiati marmi nella costruzione di chiese, fino a poco tempo fa ha avuto nei secoli la duplice valenza di luogo di pellegrinaggio mistico, artistico o turistico da una parte, e di simbolo del degrado in ogni senso: sporco, fatiscente, frequentato di notte da gatti randagi, barboni, prostitute e marchette.

In occasione del nuovo millennio e del Giubileo, in seguito al recente restauro a1500 anni dalla chiusura, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha riaperto il Colosseo all'attività di spettacolo, costruendo al suo interno una struttura lignea appositamente costruita e che rimarrà per gli anni a venire. Ne parla Giovanna Melandri, Ministro per i Beni e le Attività Culturali: "Pochi monumenti possiedono una così straordinaria forza evocativa. Il Colosseo, infatti, non è soltanto il monumento italiano più conosciuto all'estero, è il simbolo stesso della Roma Antica e, allo stesso tempo, definisce l'identità del nostro Paese. La sua riapertura allo spettacolo, nell'estate del Duemila è, dunque, un evento di alto valore simbolico. Il più celebre teatro del mondo antico ha, infatti, sedimentato nel tempo lo spessore di luogo sacro e profano, grande e terribile, denso di significati storici, spirituali e civili. (...) Oggi, l'immagine del Colosseo ha anche una valenza in più. Con il sostegno delle Nazioni Unite, questo monumento è stato eletto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, da un gruppo di importanti associazioni umanitarie e dal Comune di Roma, come simbolo della lotta contro la pena di morte."

Il programma teatrale per il Colosseo è stato concepito e organizzato dalla Fondazione Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, città dove la fondazione allestisce dal 1914 una rassegna di teatro antico di grande qualità e con un enorme e ininterrotto successo di pubblico. Walter Le Molli, il presidente, presenta così questo "Progetto Sofocle": "A millecinquecento anni da quando fu, per l'ultima volta, sede di uno spettacolo, il Colosseo, simbolo mondiale dell'antichità classica, viene riaperto per ospitare la messa in scena delle tre opere di Sofocle: il ciclo tebano, la terribile saga dei Labdacidi, i discendenti di Labdaco, condannati a vivere orrori senza fine, a dibattersi tra destino e coscienza, a diventare quant’altro mai simboli della tragicità della condizione umana".

Edipo Re, una prima assoluta, per la regia di Vassilis Papavassieiou, è messo in scena dal Teatro Nazionale di Grecia che a partire dalla sua fondazione, cinquant'anni or sono, ha riempito di un pubblico internazionale ed entusiasta i grandi teatri antichi del suo Paese - in particolar modo, ma non solo, quello celeberrimo di Epidauro e quello ateniese di Erode Attico - influenzando fortemente con il suo stile il teatro ellenico moderno. Antigone, per la regia dell'attrice e regista Pari Saberi, viene messa in scena dal Centro d'Arte Drammatica di Tehran, diretta emanazione del Ministero della Cultura e della Guida Islamica. La sua rappresentazione segna il debutto in Occidente, dopo la Rivoluzione Islamica e in un delicato momento evolutivo di un paese strategico del Medio Oriente, di uno spettacolo che offre una lettura di straordinario interesse (in quanto islamica e femminile) di un testo dalle implicazioni troppo note per essere ricordate.

Edipo a Colono, infine, presenta una lettura recitata di brani della terza tragedia del ciclo tebano, musicata da Felix Mendelssohn-Bartholdy tra il 1844 e il 1845, su commissione di Federico Guglielmo IV di Prussia. In questo caso, lo spettacolo sarà un documento significativo della lettura ottocentesca non solo dei personaggi sofoclei, ma del ruolo che la Grecia aveva nella cultura europea e in particolare nella cultura germanica dell'epoca. Un progetto 'ecumenico' che, a partire dai grandi temi proposti alla nostra riflessione dal teatro antico, si propone di gettare un ponte fra paesi diversi promovendo il dialogo tra culture e arte sviluppatesi sulle rive del Mediterraneo e nel Vicino Oriente. Un progetto per far conoscere l'immensa risorsa rappresentata dal nostro patrimonio, dalla nostra cultura, dai nostri beni archeologici."


La scelta di Sofocle per l'apertura del Colosseo non è casuale. Nessuno più di lui può essere considerato come testimone del secolo d'oro di Atene, quel "miracolo greco" che produsse, in una cittadina abitata da poche decine di migliaia di cittadini liberi, alcune delle espressioni più alte del genio artistico umano destinate a rimanere nei secoli come modello assoluto di riferimento per la cultura occidentale, dall'architettura e le arti figurative alla tragedia e la commedia, ponendo anche le basi del pensiero occidentale nei campi della storia, della filosofia, della politica. Nato intorno al 497 A.C. e morto nell'inverno del 406 A.C., Sofocle visse da giovane l'affermazione di Atene come potenza dominatrice del Mediterraneo Orientale e "salvatrice della Grecia", grazie alla definitiva vittoria sui persiani nella battaglia navale di Salamina nel 480 A.C., imponendo così la polis nel ruolo di guida nel dominio militare ed economico della zona; poi godette dell'apice di questa potenza e prosperità durante il lungo governo di Pericle, nel quale rivestì incarichi pubblici di rilievo, e infine assistette al progressivo declino di Atene, dovuto, oltre al graduale deterioramento dell’apparato istituzionale, al quasi trentennale scontro armato con Sparta.

Scrive il prof. Giuseppe Mastromarco: "Con Eschilo ed Euripide, Sofocle fu uno dei tre prestigiosi artefici della tragedia Attica, un genere letterario che - pienamente iscritto nelle celebrazioni rituali e istituzionalizzate della polis democratica - contribuì non poco ad accrescere i fasti e l'egemonia, anche culturale, di Atene nel mondo greco. Difatti, le rappresentazioni tragiche costituivano il pezzo forte della principale festa ateniese, le Dionisie cittadine, che si svolgevano in primavera ed erano precedute da solenni manifestazioni religiose e civili altamente celebrative dell'ideologia democratica della città." Nel corso di queste celebrazioni si svolgevano delle vere e proprie competizioni di teatro, e visto che Sofocle ottenne almeno diciotto vittorie, contro le cinque ottenute da Euripide, doveva essere sicuramente un beniamino del pubblico.

Sulle specifiche caratteristiche intrinseche all'opera del drammaturgo è ancora il prof. Mastromarco a erudirci, scrivendo che da essa "emerge una Weltanschuung che si ispira al principio del 'giusto mezzo' tra l'austera, arcaica poetica di Eschilo e l'audace, innovativo realismo di Euripide. Uno dei tratti salienti della personalità di Sofocle è la sua pietas, profondamente radicata nella nuova temperie storico-politica e socio-culturale dell'Atene periclea: nella produzione del tragediografo si avverte la presenza di un confronto serrato tra i valori 'moderni' della realtà contemporanea e i mythoi della tradizione, testimoni di una fede incrollabile nei valori aviti. Da una parte, Sofocle non resta insensibile al fascino delle contemporanee, razionalistiche idee di progresso umano: e, in un celebre corale dell'Antigone, il poeta tragico esalta la terribile potenza dell'uomo:'Molte sono le cose tremende, e nulla è più tremendo dell'uomo.', la sua straordinaria capacità di dominare il mare, la terra, gli animali e persino le malattie; e legittima l'ottimistica fiducia riposta negli esseri umani in rapporto alla loro cifra etica, alla loro totale adesione al valore di giustizia, in virtù del quale si può migliorare lo Stato, ed è possibile essere riconosciuti come benefattori della comunità; diversamente, l'uomo che non adopera le arti dell'ingegno a fin di bene non è neppure meritevole di far parte della polis. D'altra parte, l'infinita sofferenza degli eroi sofoclei scaturisce da una volontà divina inesorabile, spietata contro chi ha commesso hybris (così per Aiace) ovvero nei confronti di chi cerca razionalmente di comprendere un responso oracolare che, pur nella sua ambiguità, va comunque accettato come una realtà di fatto, esente da motivazioni (è il caso di Edipo).E la coscienza, lucidissima, della fragilità e della infelicità umana, accresciuta dalla condizione di solitudine o di emarginazione, è a tal punto devastante e onnipervasiva per l'eroe sofocleo che, ad esempio, dalla dolorosa esperienza umana vissuta dal re tebano, il coro dell'Edipo a Colono può solo trarre una simile conclusione: 'non essere nati è la condizione superiore a tutte; la seconda è, quando si è nati, tornare al più presto là dove si è venuti'."

Forse per questa doppia qualità di sguardo e per la condizione di vita ambigua e fatale, il personaggio di Edipo ha avuto nei secoli, particolarmente nel travagliato, insicuro ed "esistenzialista" Novecento, una fortuna che trascende i limiti del teatro, paragonabile soltanto a quella di un altro personaggio che ha con lui molti punti in comune: Amleto. Forse anche perchè Edipo tocca il tema tanto caro al secolo appena concluso della molteplicità dell'essere, "mette in scena la vicenda di un personaggio che è doppio, un uomo che possiede due diverse identità ma non ha mai avuto modo di accorgersene." Come scrive il prof. Maurizio Bettini, "Edipo ha sperimentato la parte buona di sè, la facies fortunata della sua esistenza...ha sconfitto un mostro, la Sfinge: e in questo modo si è guadagnato la mano di una regina vedova, Giocasta, e il potere assoluto sulla potente città di Tebe. Ma poi accade che Edipo scopre di essere un altro, o meglio, anche un altro. Un mostro, un assassino, un patricida, un incestuoso che ha generato figli dalla propria madre. Edipo è una sorta di Dr. Jekill/Mr. Hyde che però, a differenza dell'eroe di Stevenson, non sa minimamente di esserlo."

Per quanto riguarda il primo spettacolo in programma, l'Edipo Re del Teatro Nazionale Greco di Atene con la regia di Vassilis Papavassileiou, presentato in prima mondiale e allestito "secondo una concezione insieme storica e sperimentale", non c'è molto da dire, o per essere più precisi, si tratta di uno spettacolo che non ha molto da dire dal punto di vista teatrale. Il tentativo di compromesso tra approccio "storico" e soluzioni sceniche "moderne" o "sperimentali", molto spesso alla base delle messe in scena dei classici da parte dei teatri nazionali o simili, comporta una involontaria superficialità nell'affrontare le complesse e rarefatte tematiche. Da una parte non viene rispettato fino in fondo il carattere originale della tragedia, il tipo di situazione e allestimento, il tipo di pubblico e soprattutto il tipo di utilizzo per cui è stata concepita: un testo che deve sì toccare i sentimenti e le emozioni dello spettatore, ma che passa attraverso l'intelletto, vera e propria letteratura declamata che ha bisogno di un ascolto diverso da quello dello spettatore moderno; dall'altra, il carattere sperimentale si esprime soltanto nelle trovate sceniche e scenografiche, senza un rapporto reale e profondo con la tragedia.

La mancanza di coraggio nel realizzare un allestimento filologico, probabilmente insopportabile per uno spettatore di oggi, invece di un allestimento veramente sperimentale e moderno, dove l'analisi approfondita del testo non sia vincolata da un timore riverenziale e quindi compia scelte teatrali che vadano fino in fondo con coerenza, non può che produrre un ibrido che il più delle volte è soprattutto noioso e quindi inutile. Il fascino degli attori, quasi tutti molto bravi, e delle bellissime ma inutili sculture in scena, non poteva competere con la bellezza indescrivibile del luogo in cui il tutto si svolgeva. Molto apprezzabile il recupero del Colosseo e lo sforzo lodevole dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico. Invitiamo tutti a seguire con attenzione il programma.

 

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