Polo, a qualcuno piace liberale
Ferdinando Adornato, Dario Antiseri,
Domenico Mennitti, Marcello Veneziani con Antonio Carioti
La scaramanzia in Italia è d'obbligo, ma è evidente che negli
ambienti vicini al Polo, o Casa delle libertà che dir si voglia, si
respira in queste settimane un'aria euforica. Dopo l'esito delle
regionali, di fronte a un Centrosinistra che stenta a recuperare
coesione, alle prossime elezioni politiche il successo dello
schieramento guidato da Silvio Berlusconi appare probabile. C'è molta
più incertezza, viceversa, sulla politica che il Centrodestra ha in
mente per il paese, poiché la linea del Cavaliere ha subito diverse
oscillazioni.
Tra coloro che ripongono le loro speranze in un Polo capace di darsi
un'impronta nettamente liberale c'è Ferdinando Adornato, la cui nuova
rivista bimestrale 'Fondazione Liberal', erede del settimanale
naufragato mesi fa, propone una "Operazione Perseo", diretta
contro la Medusa dello statalismo che ha pietrificato l'Italia. Ma
come mai "Liberal" ha abbandonato la posizione al di sopra
della mischia tenuta per diversi anni?
Adornato risponde con un aneddoto: "Si dice che durante la guerra
un ufficiale nazista sia entrato nell'atelier di Picasso e, vedendo il
quadro 'Guernica', gli abbia chiesto: 'Chi ha fatto
quell'orrore?'. E il pittore gli avrebbe risposto: 'Siete stati voi'.
Lo stesso è avvenuto nei nostri rapporti con l'Ulivo. Da cinque anni
cerchiamo di far emergere la cultura liberale in cui tutti, a parole,
dicono di riconoscersi. Purtroppo il sogno di una sinistra liberale è
tramontato, come riconosce lo stesso Massimo D'Alema. Forse potrà
essere riproposto in futuro, ma la svolta liberale per il paese è una
necessità immediata, se non vogliamo essere surclassati nella corsa
alla competitività. Quindi non c'è che da augurarsi un'alternanza e
sperare che Berlusconi riesca laddove l'attuale maggioranza ha
fallito".
Domenico Mennitti, direttore della rivista "Ideazione", da
sempre collocata nel Polo su posizioni liberali, accoglie con favore
l'approdo di 'Liberal' nella stessa area: "Il nostro interesse è
allargare sempre di più l'arco delle forze culturali che si
riconoscono nel progetto della Casa delle libertà. Abbiamo già avuto
un incontro con 'Fondazione Liberal' e con 'Charta Minuta' di Adolfo
Urso per coordinare le iniziative: la battaglia è comune, anche se
ognuno segue il suo percorso. Abbandonando l'idea di stare al di sopra
delle parti, Adornato riconosce che, come noi abbiamo sempre detto,
uno schieramento bisogna sposarlo. Senza appiattirsi però: per fare
bene il nostro mestiere dobbiamo stare un metro davanti ai partiti. Se
no, non serviamo a niente".
C'è però chi avanza dubbi sull'opportunità che il Centrodestra si
definisca in termini decisamente liberali. Dice ad esempio Marcello
Veneziani, da tempo sostenitore della necessità di una 'rivoluzione
conservatrice': "Se per liberalismo s'intende, nell'accezione più
ampia e generica possibile, il rispetto della libertà politica e del
mercato, non ho motivi per contestare questa scelta. Ma come primato
assoluto della dimensione individuale su quella collettiva il
liberalismo mi sembra una visione strutturalmente minoritaria,
soprattutto in Italia. E poi non dimentichiamo che nelle democrazie
avanzate il termine 'liberal' individua tendenze progressiste, mentre
le forze moderate si definiscono semmai popolari, conservatrici,
nazionali".
Propugna invece a spada tratta una svolta liberale Dario Antiseri,
preside della facoltà di Scienze politiche della Luiss: "In
Italia - dichiara - manca una cultura liberale diffusa e difesa. Nei
luoghi dove si diffonde il sapere (manuali scolastici, insegnamento
universitario, editoria, stampa, televisione) questa visione del mondo
non solo risulta minoritaria, ma è stata a lungo scartata. C'è stato
un ritardo incredibile nel tradurre autori come Popper, von Mises, von
Hayek. Anche la Chiesa cattolica ha mostrato una forte ripulsa, per
ragioni storiche comprensibili, verso la concezione liberale. Così
Luigi Sturzo non è stato studiato e valorizzato come meritava. E un
altro esempio clamoroso è il cattolico Wilhelm Roepke riconosciuto
dal cancelliere Ludwig Erhard come ispiratore del miracolo economico
tedesco. Quanti oggi, in ambiente cattolico, conoscono non dico le
opere, ma il nome di Roepke?".
A dir la verità il Polo aveva fatto nel 1996 uno sforzo per aprirsi,
candidando alcuni intellettuali di tendenza liberale, ma i risultati
non sono stati esaltanti. "Quella dei professori di Forza Italia
- chiarisce Mennitti - è una vicenda esaurita: alcuni si sono
integrati nel lavoro parlamentare in modo soddisfacente, altri
ritengono che la loro esperienza politica debba chiudersi con
l'attuale legislatura. L'attività nelle Camere ha aspetti positivi e
negativi: c'è chi vi si è immerso con entusiasmo e chi non l'ha
trovata confacente alle sue attitudini".
Forse però nella delusione di alcuni professori ha pesato anche il
nuovo corso "democristiano" di Berlusconi, che sembra aver
abbandonato l'originario spirito liberista. Adornato considera
affrettato un giudizio del genere: "Il Centrodestra ha governato
solo per sei mesi nel 1994, quindi ora bisogna aspettarlo alla
prova senza prevenzioni. Non mi preoccupa però la rivalutazione della
Dc da parte di Berlusconi, perché a mio avviso l'ideale è formare
una classe dirigente che sappia raccogliere in una nuova sintesi le
eredità di Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi, per sviluppare una
capacità di progettazione laico-cattolica sul terreno liberale. Non
può farlo un governo da un giorno all'altro. Ci vorranno anni, ma
almeno bisogna cominciare, se vogliamo demolire la cappa di piombo del
dirigismo burocratico".
L'ipotesi di una guerra aperta allo statalismo trova d'accordo anche
Veneziani, ma fino a un certo punto. "Al nostro paese - afferma -
serve un'incisiva modernizzazione, che significa anche smantellamento
di uno Stato obeso, cui sono state attribuite funzioni improprie. Ma
una svolta liberista di tipo thatcheriano andrebbe contro le
peculiarità del caso italiano: non credo che si debba copiare la Gran
Bretagna con vent'anni di ritardo".
Ma proprio questo ritardo non richiama l'esigenza di una svolta
incisiva verso la deregulation? "I problemi - replica Veneziani -
vanno affrontati concretamente, non in modo ideologico. E' giusto per
esempio ridimensionare il peso dei sindacati confederali, che sono
sempre meno rappresentativi rispetto al mondo del lavoro. Quanto al
ruolo della mano pubblica, in alcuni settori va ridimensionato, in
altri ridisegnato e in altri ancora, come la sicurezza e la lotta al
crimine, va invece rafforzato. Del resto il liberalismo italiano
post-risorgimentale è stato storicamente modernizzatore ma anche
interventista in economia, fino al punto di realizzare delle
nazionalizzazioni".
Tornando all'oggi, quali devono essere le priorità per un governo
liberale? Adornato non ha dubbi: "Scuola, istruzione, formazione,
ricerca. La nuova civiltà di cui siamo agli albori è basata su
questi fattori. Bisogna aprire una grande gara nazionale per il
sapere, superando il monopolio statale dell'istruzione e chiamando
a raccolta tutti: imprenditori, cooperative, volontariato, famiglie,
associazioni. Senza una nuova stagione di creatività intellettuale e
opportunità formative, saremo tagliati fuori dalla gara
internazionale e dovremo rassegnarci al declino".
Un primo passo potrebbe essere l'introduzione del buono-scuola, per
consentire alla famiglie di scegliere l'istruzione che preferiscono
per i figli e introdurre linee di competizione nel sistema formativo.
Antiseri ne è un fervente sostenitore e accoglie con favore i passi
che stanno facendo in questo senso le regioni governate dal Polo, come
Lombardia e Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, osserva, "una
riforma che viene dall'alto rischia di fallire se non riesce a
convincere studenti, insegnanti e genitori della sua bontà".
"Oggi - continua Antiseri - il buono-scuola viene identificato da
molti con lo sfascio dell'istruzione pubblica, mentre al contrario è
un modo per stimolare le scuole a migliorarsi e attribuire anche alle
famiglie meno abbienti quella libertà di scelta che i ricchi già
hanno. Nei fatti è una carta di liberazione per i poveri. La
competizione nella scuola è condizione per rendere competitivo tutto
il paese, ma il problema non è solo legislativo. Si tratta di
spiegare il significato di una simile riforma, di far conoscere le
esperienze straniere, di convincere tutti che la scuola italiana
funziona male perché intossicata dallo statalismo. La globalizzazione
richiede scelte liberali, che però possono imporsi solo attraverso
una diffusa consapevolezza culturale".
Veneziani non è convinto: "Sono favorevole a sgravi fiscali per
chi manda i figli alle scuole private. Ma a mio avviso la scuola
pubblica mantiene un ruolo importante e non credo che la soluzione
liberista del bonus sia concretamente applicabile. Se si crede
ciecamente nelle virtù del mercato, perché non privatizzare allora
anche la sanità, la previdenza e magari la polizia? La mia
impostazione è diversa: ritengo giusto che alcuni compiti restino
allo Stato, non solo per salvaguardare i ceti deboli, ma anche per
mantenere viva e salda una coscienza civica nazionale ed europea. Il
compito del Centrodestra è collegare la modernizzazione all'identità
specifica del nostro paese, contrastando le tendenze mondialiste che
minacciano di portare al completo azzeramento delle diversità
culturali".
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