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Letti per voi/Ci meritiamo Alberto Sordi
Michele Serra
Questo articolo è apparso su la Repubblica del
12 giugno
Provate a dire se Alberto Sordi, secondo voi, ha inscenato l'esilarante orrore della
mediocrità italiana per denunciarlo (satiricamente) o per compiacersene
(autobiograficamente). Vi accorgerete di non saper rispondere. Oppure: vi accorgerete che
la vostra opinione, per quanto definita, resterà titubante. Perché entrambe le risposte
sono verosimili. Perché nessuno, e forse nemmeno lui, ha ancora capito se Alberto Sordi
c'è o ci fa.
Questa fantastica, maestosa ambiguità artistica è il suo capolavoro. Ognuno può
ritenere (dopo aver riso) di aver riso per lo scherno che i suoi personaggi meritano,
specie quelli squallidi, o per la complice simpatia umana che attirano, perfino quelli
squallidi. Oppure di aver riso per le due cose insieme. Vicinanza e distanza si sommano
senza disturbarsi. E anzi, completandosi. Ci può essere un attore più grande di colui
che riesce, recitando, a catalizzare e il disprezzo e l'ammirazione dello spettatore,
fondendoli in un solo stato d' animo, che è poi il pathos comico?
Così ho sempre pensato che l' invettiva di Nanni Moretti ("Ve lo meritate, Alberto
Sordi!") non sia neanche un'invettiva, ma una constatazione. È vero, è proprio
così: ce lo meritiamo. Non tanto perché ci rassomigli (a molti italiani della
generazione di Moretti, e mia, non rassomiglia affatto). Quanto perché ci ha costretti a
anteporre quasi sempre il piacere comico al dovere critico - anteposizione, questa del
piacere al dovere, davvero poco praticata, specialmente dalla generazione di Moretti, e
mia...
Non credo sia possibile "spiegare", a quei pochi che non l'avessero ben
presente, perché tutto il primo Sordi (dai compagnucci della parrocchietta a Mario Pio,
dalle "songs" americanesche alle pazzesche maschere di figli di mamma, piacioni,
ruffiani, bulli, carrieristi, falliti, vittimisti, profittatori, "a me m'ha rovinato
la guera") faccia sganasciare dalle risate. Probabile che Sordi, calato in altro evo
e alle prese con altre catastrofi psico- sociali, avrebbe comunque raggiunto il suo scopo
e il suo pubblico, tale e tanto è il suo talento allegro, la sua cialtroneria contagiosa.
Un buffo naturale come ce ne sono pochi: così naturale che tutto il forzatissimo
caricaturismo e macchiettismo del repertorio cinematografico italiano (specie recente) gli
è estraneo. Gli sono sempre bastate la faccia, la voce, la camminata, lo sguardo insieme
ipocrita e accattivante ad animare senza nessun "effetto speciale" i difetti
normali di tutti i suoi mostri. Se ci fate caso perfino "dentone", il suo solo
personaggio difettato per eccesso, rimaneva perfettamente sordiano, come se nessuna
protesi e/o espediente di sala trucco potesse aggiungere o togliere alcunché alla
naturalezza comica del suo demiurgo.
Insieme a Tognazzi e Chiari (molto meritati anche quelli, e per fortuna), Sordi riesce
ancora oggi, nei bianchi e nero di certe impreviste mattinate o notturne televisive, a
darci l'impagabile sensazione di "essere a casa". Cioè di appartenere proprio a
quel paese, a quella storia che ci vengono mostrati. Tutto il penoso posticcio della
fiction nazionale recente, specie quelle post- commedie all'italiana natalizie e
vacanziere nelle quali nessuno può riconoscersi, nemmeno gli attori (che non ci sono e
non ci fanno), lascia il posto al quasi miracoloso ricomporsi di una dimestichezza, di una
parentela. Che non è solo, attenzione, nostaglia (e di che, poi? dei mostri che fummo?).
È verosimiglianza, è la possibilità di adagiarsi nel sicuramente nostro, di
rifrequentarci attraverso paesaggi, situazioni, facce che morivano dalla voglia di
raccontarsi. E ci riuscivano, se è vero che l'americano a Roma, per quanto iconizzato
nella mitologia cinefila, è ancora oggi più credibile, per esempio, di tanti caratteri
del pur bravo e generoso Verdone. Che si danna per rifare gli italiani come li fece Sordi,
ma non è colpa sua se è andata perduta, nel frattempo, l'allegria del nostro sguardo, e
dello sguardo del cinema...
Importo poco, allora, sapere se Sordi sia stato Sordi perché detesta o ama i nostri vizi
popolari. I suoi successori, questo si capisce al volo, detestano e amano ben poche cose,
e infatti riescono a incarnare appena, per contratto, qualche macchietta di risulta. Il
confronto, quando arriva lui, è impietoso. È il confronto tra un italiano che si sentiva
a casa sua, e noi con lui, e una contemporaneità spaesata, che non riesce più a farci
ridere ma nemmeno incazzare. Della quale nessuno si chiederà mai se ce la meritiamo.
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