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Addio giornali in classe

Giancarlo Bosetti

Negli ultimi dieci anni nelle scuole italiane si leggono meno giornali, molti di meno. La notizia arriva da un’indagine del laboratorio di ricerca Iard, un istituto di ricerca, che si e’ guadagnato la credibilita’ attraverso indagini penetranti, continuate, sistematiche, soprattutto sul mondo giovanile e la scuola. Nel corso degli anni Novanta i lavori coordinati da sociologi di grande valore ed esperienza come Alessandro Cavalli, Ota De Leonardis, De Lillo ed altri ci hanno descritto e talora anticipato la percezione dei mutamenti di orientamento dei giovani nei confronti delle istituzioni, della politica, della famiglia. Questa volta il campione - tra insegnanti e studenti - ci da’ un responso molto crudo: tra le cose che contano nell’universo giovanile e scolastico i giornali, e dunque i giornalisti e la loro produzione, sono in caduta libera. Una caduta solo parzialmente compensata (o aggravata) da una leggera crescita dell’interesse per i libri, le librerie e le biblioteche.

Molti di noi hanno un ricordo ben preciso: il maestro alle elementari o il professore alle medie e al liceo, ci insegnava che era una questione assai seria quella di occuparsi degli affari pubblici dell’Italia e del mondo attraverso il giornale. Lui, o lei, entrava in classe e posava il giornale sulla cattedra accanto alla cartella. Gli insegnanti piu’ seri qualche volta prendevano spunto da un titolo per parlarci di un argomento, per collegare la lezione all’attualita’. Questi ricordi appartengono a una minoranza destinata a diventare sempre piu’ piccola. Negli anni passati ogni tanto qualche volonterosa iniziativa della Federazione egli editori riproponeva il tema della diffusione dei giornali nelle scuole e ci lasciava immaginare che in futuro sulle cattedre e sui banchi l’incontro con i giornali sarebbe stato sempre piu’ frequente.

Adesso lo Iard, in questa ultima indagine, ci dice, che invece le cose procedono al contrario. Gli insegnanti che comprano regolarmente il giornale erano il 53% nel 1990, alle elementari, il 62% alle medie e il 64% alle superiori. Nel 99 sono scesi rispettivamente al 40%, al 51% e al 56%. Una discesa netta e sensibile. C’e’ sicuramente qualcosa di sistematico in questi dati: la frequenza della lettura cresce con il crescere del livello scolastico, ma il calo del consumo negli ultimi dieci anni e’ generalizzato. D’altra parte, nel campo dei libri, c’e’ invece un incremento, sia pure meno sensibile del calo dei giornali. E’ un aumento di ordine generale, ma piu’ sensibile tra i maestri elementari, sia per la consultazione e il prestito nelle biblioteche che per gli acquisti in libreria.

Quindi, in sintesi, cala il consumo di stampa quotidiana e aumenta quello dell’editoria libraria. Nel primo caso, spiega il bollettino Iard, il calo e’ andato a svantaggio di coloro che erano gia’ svantaggiati per cui le differenze tra i gradi di istruzione hanno mantenuto la stessa struttura rinforzandosi. Nel caso dei libri invece l’aumento dei consumi e’ andato a favore degli svantaggiati: le differenze si sono ridotte e i maestri si presentano come i piu’ forti consumatori di libri tra tutt ele classi di insegnanti. La discesa dei gia’ miserabili consumi di stampa quotidiana tra gli studenti spinge le sorti dei poveri giornali ancora piu’ in basso. Dall’altra parte della cattedra i quotidiani sono ridotti ai minimi termini: tra l’87 e il 96 i lettori regolari di stampa di informazione sono scesi dal 22 al 18% e persino gli sportivi cedono dal 9 al 6%. Anche questo dato e’ fortemente negativo, anche se non e’ una novita’ che la giovane eta’ ed il basso potere di acquisto penalizzi fortemente comunque la lettura dei giornali tra i ragazzi.

Altro fattore di rilievo di cui tener conto e’ che, sia tra gli studenti che tra gli insegnanti, nelle scuole medie superiori i reparti dei lettori regolari sono piu’ forti negli istituti tecnici, seguiti dai licei e dagli istituti professionali con distacchi abbastanza sensibili (rispettivamente 59,4%, 53,4% e 51,9% tra gli insegnanti e 25,9, 22,9 e 19,3 tra gli studenti).

Un conoscitore del mondo scolastico come Andrea Ranieri, lo specialista in materia della Cgil, si dichiara "niente affatto stupito da questi dati". Perche’? "Perche’ era da prevedere che in una fase in cui la scuola e’ sempre piu’ aperta verso l’esterno i giornali appaiono strumenti sempre meno attendibili per studiare la contemporaneita’". Secondo Ranieri questi dati dovrebbero far riflettere piu’ che gli insegnanti i direttori dei giornali. "Se fanno dei giornali sempre piu’ simili alla televisione, se danno notizie sempre piu’ urlate e una rappresentazione della politica sempre piu’ dilatata e ripetitiva, non si capisce come possano essere utilizzati dalla scuola. Di fatto gli insegnanti inviteranno sempre di piu’ a utilizzare le trasmissioni televisive di Rai educational, le televisioni specializzate. Se come insegnante inviti gli studenti a usare di piu’ i giornali sarebbe come si li invitassi a usare trasmissioni del genere di Circus di Santoro".

Per Alessandro Cavalli, che delle ricerche Iard e’ il coordinatore, e che dovra’ tra l’altro, ricavarne un rapporto conclusivo anche ad uso del ministero della Pubblica istruzione, l’aspetto piu’ preoccupante e’ che sono soprattutto gli insegnanti giovani ad usare di meno i giornali. Cavalli non intende scaricare tutte le colpe sui giornali e sul modo come sono fatti. Vede piuttosto il fatto che le nuove leve di insegnanti riflettono una minore abitudine alla lettura rispetto ai loro predecessori. "Hanno meno abitudine a leggere e sono piu’ in difficolta’ a trasmettere quella medesima abitudine. Quindi la lettura e’ a mal partito: deboli gli stimoli che vengono nella famiglia italiana (dove spesso il nonno e’ ancora un analfabeta) , deboli gli stimoli della scuola. Vero che molti insegnanti danno la colpa della scarsa lettura ai giornali stessi, vero anche che i giornali sono spesso un luogo dove la classe dirigente dialoga al suo interno piu’ che con i cittadini." Ma Cavalli non se la sente di dare loro tutta la colpa. La situazione e’ critica per ragioni di pertinenza di entrambe le parti.

Di sicuro si conferma che l’immagine dei giornali e dei giornalisti non e’ molto alta nella societa’ italiana. Conclude Cavalli: "I veri gravi difetti dei giornali sono gli stessi della classe politica, dal momento che il giornalismo di questa e’ parassitario. Nei giornali si riflettono i vizi di una classe politica che non sa piu’ raccogliere i messaggi della societa’"

 

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