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Qui ci vorrebbe un Cavour

Giancarlo Bosetti



Giancarlo BosettiLetta in questi giorni sul Corriere della Sera, pagina della cultura: I giornalisti? Sono quelli che, dopo, avevano capito tutto prima. E’ una vecchia battuta di Karl Kraus. Il che significa che l’osservazione andava gia’ bene per la Vienna della Belle Epoque. E oggi continua a funzionare. E viene voglia di estenderla ai politici, che in generale spiegano le loro sconfitte meglio di chiunque altro, ma solo dopo averle prese. I politici del centrosinistra, che negli ultimi anni sono quelli che di solito perdono - le europee, le regionali, i referendum - sono i piu’ rigorosi nello spiegare, dopo, perche’ hanno sbagliato prima. Quel che e’ perverso nella situazione e’ che le spiegazioni sono costruite in modo da consentire loro di mantenere la medesima postazione, di dare la colpa a qualcun altro e di continuare a commettere l’errore per cui hanno gia’ perso una volta. La conseguenza e’ che le sconfitte non sono mai sufficienti ad azzerare veramente la situazione e a ripartire da capo, dopo un bel "resettaggio" (ogni riferimento alla omonima rivista e’ del tutto intenzionale), di tutta la strumentazione e delle persone addette all’impresa (teste’ battuta). Solo una deflagrazione conclusiva riuscirebbe a fare il deserto e a costringere davvero a un nuovo inizio.

Ecco perche’ non siamo molto ottimisti circa il fatto che qualcuno, nel centrosinistra, dopo questo referendum, schiacci il tasto "reset" e faccia pulizia di tanti bugs che inquinano il software. Come gli alieni nei colossal hollywwodiani, dopo ogni colpo si rimettono in cammino, fino a che non si scopre l’arma segreta o finche’ non gli si infila in bocca una testata atomica… e fuck you. Cosi’ le 15-20 anime del centrosinistra riprendono a parlare dopo ogni sconfitta, esattamente come il giorno prima. Ciascuno convinto di avere la soluzione autentica del problema, sol che gli si dia retta. Il referendum non sara’ sufficiente a mettere ordine nel fu Ulivo. Forse solo il vero trionfo di Berlusconi, alle prossime elezioni politiche, potrebbe istillare qualche principio di saggezza e moderazione nei sacri furori dei vari poveri pezzetti della defunta coalizione. Ma attenzione, neanche quello potrebbe bastare…

Sbrogliare situazioni perverse, dominate da circuiti viziosi e dalla spirale dei fati avversi che conducono i nostri protagonisti verso una tragica conclusione, e’ impresa difficilissima che ha bisogno di eroi o di virtuosi della tecnica politica. Dei primi non c’e’ traccia sulla scena. E del resto in tempi di pace nessuno vorrebbe piu’ degli eroi tra i piedi, perche’ sono anche pericolosi. Dei secondi abbiamo grande abbondanza. E fortunatamente sono in posizione di rilievo: uno e’ alla presidenza della Repubblica e un altro alla guida del governo. In altri termini occupano la posizione numero uno e numero due. Davvero non c’e’ male: i due, Ciampi e Amato, ci hanno gia’ tolto dai guai una volta, all’uscita da Tangentopoli. Chissa’ che non riescano a inventare una soluzione anche questa volta.

Un altro virtuoso della politica e’ ben posizionato alla guida dell’opposizione e ci sarebbe da gioire, se non fosse per il fatto che, trattandosi di Berlusconi, l’uomo trascina con se’ una marea di problemi, tra conti sospesi con la giustizia e conflitto di interessi. La prospettiva che vinca sarebbe liberatoria, in un certo senso, perche’ costringerebbe tutti gli avversari a rinchiudersi in permanenza nel convento di Gargonza per quattro o cinque anni a decidere chi deve fare il capo. Ma il trattamento che Berlusconi sarebbe capace di fare alla Rai, al ministero della Giustizia, a quello delle Poste ci farebbe probabilmente rimpiangere questi anni come una gioiosa parentesi. E allora?

Allora, amici miei, simpatici avventori di "Caffe’ Europa", il nostro sondaggio tra i saggi soci e collaboratori, vecchi e giovani, che frequentano la rivista che si fa nell’ufficio qui accanto e che si chiama "Reset" ci ha consentito di raccattare le seguenti idee-auspici-speranze-proposte-serie, che troverete tra qualche giorno sulla rivista e che vi anticipiamo per sommi capi, in ordine casuale e chiamandole per nome:

- CAVOUR, ci vorrebbe Cavour, il che significa che solo un politico accorto e non troppo narcisista, ma capace di navigare tra il narcisismo degli altri, mettendolo a frutto: quello del Re, quello di Garibaldi e le follie di Mazzini, solo uno cosi’ riuscirebbe a toglierci dalle paludi, cosi’ come solo l’arte politica del conte piemontese riusci’, nella particolare congiuntura europea (che sempre ci avvantaggia, a quanto pare) a fare l’Italia con ingredienti tanto scombiccherati. Che Amato abbia qualche somiglianza con quel genere di navigatori (tra i narcisismi degli altri) o no, lasciamo giudicare a voi. I riferimenti al libro di Luciano Cafagna, Cavour, Il Mulino, 1999, sono anche loro intenzionali.

- DIRETTORIO, ci vorrebbe un Direttorio per rifare il centrosinistra. Quando una istituzione, una associazione, una coalizione, un qualunque consorzio di umani e’ ridotto nelle condizioni del centrosinistra italiano, che pure fu in origine una coalizione ordinata, ci vuole una soluzione speciale, poteri dittatoriali, commissariali, quel che vi pare, ma certo non ci possiamo aspettare che la rigenerazione scaturisca spontaneamente da un processo democratico di assemblaggio delle varie parti. Chi lo nomina questo direttorio? Gli azionisti di maggioranza (Ds, Popolari…) dovrebbero farsi sentire e decidere scegliendo figure plausibili, e i piccoli dovrebbero farsi da parte. Una dozzina di capipartito dovrebbero trovarsi un’altra attivita’, almeno come lavoro principale. Se non si procedera’ cosi’, sara’ la piazza - come si diceva un tempo - a sgomberare il terreno, in forme anche brusche.

- BASSOLINO, ci vorrebbe Bassolino. Intendiamoci, non siamo sicuri che Bassolino sia l’arma finale del centrosinistra contro Berlusconi. Non vogliamo candidare lui, sic et simpliciter; piuttosto vogliamo indicare la sua parabola (che lo ha portato a stravincere le elezioni in Campania, che non e’ una regione rossa) come ricca di insegnamenti. In che senso? Almeno in due sensi: primo, la personalizzazione della campagna elettorale e del rapporto politico con gli elettori e’ necessaria ma, perche’ funzioni, deve essere decisa, univoca e centralizzata; secondo, gli apparati di partito piccoli e grandi che ingombrano il campo sulla scena nazionale (e che Bassolino con la sua storia ha ricondotto sotto la sua guida) sono un ostacolo alla comunicazione e al successo. Se volete un esempio speculare e funzionante e’ quello di Berlusconi. Chiaro?

- PROGRAMMA, ci vorrebbe un programma per rimettere insieme una coalizione, un polo, un centrosinistra. E per proporre e discutere un programma ci vuole un centro organizzatore. Dove collocarlo oggi, questo centro? E’ difficile dire. Forse l’attuale capo del governo, Giuliano Amato, potrebbe occuparsi di questo lavoro di tessitura, guardando al di la’ della stagione del suo governo, nato con la prospettiva di una traiettoria breve. La traiettoria di un centrosinistra che recuperi una sua visione e una sua visibilita’ e’ necessariamente molto piu’ lunga.



 

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