Caffe' Europa
Attualita'



Cara sinistra ti scrivo…..

Nadia Urbinati

 

C’era una frase di Togliatti che ritornava periodicamente nei discorsi dei compagni delle sezioni del PCI. La frase era: "…veniamo da lontano e andiamo lontano." Ho sempre cercato di quantificare il "lontano" della provenienza ma non mi sono mai interessata dell’altro "lontano", quello della destinazione. Non ho mai accettato l’idea della provvidenza, divina o umana che fosse. Le filosofie della storia, quelle del progresso scientifico come quelle di un nuovo mondo di eguaglianza e giustizia, mi hanno sempre infastidito.

Due sono, grosso modo, le teorie sociopsicologiche dell’azione sociale: una sostiene che i movimenti hanno bisogno di certezze, anzi di sicurezze fatali, per poter nascere e affrontare la lunga marcia di sacrifici che li attende; un’altra sostiene che c’è un forte elemento emotivo o non-razionale nella forza che tiene insieme un movimento politico, ma che questo elemento non ha bisogno di una certezza per alimentarsi. Questa seconda visione è tendenzialmente volontaristica, anti-teleologica e, soprattutto, esplicitamente realistica. Essa ci dice che la forza e il futuro di un movimento dipendono dalla capacità che chi vi appartiene ha di costruire un’interpretazione dei fatti e della loro memoria che sia capace di mobilitare donne e uomini, di creare gli antagonisti dell’agone politico, di provare a credere di essere dalla parte giusta. La visione della politica che di qui deriva è a un tempo conflittualistica e deliberativa, di movimento e di dialogo. Soprattutto, non crede che ci siano ragioni che giustifichino una frase come quella di Togliatti.

La sinistra è assolutamente movimento-dipendente: se non ha buoni slogan, se non fornisce un’interpretazione convincente di che cosa la società italiana ed europea sono state e vogliono essere, è agonizzante. Come le elezioni puntualmente ci ricordano, non c’è nessuna rete protettiva: gli italiani si sono finalmente secolarizzati, e non si accontentano di sapere che c’è il nome del leader del loro partito sulla scheda elettorale per votare quella lista invece di quell’altra.

Naturalmente, questa prospettiva antiteleologica è anche realistica: le vittorie e le sconfitte sono una questione di narrativa. Platone diceva che nella politica occorrono belle favole. Nel nostro secolo, pensatori diversi come Sorel, Gramsci o Rorty hanno ripetuto pressapoco lo stesso: la politica non è semplicemente una negoziazione di interessi organizzati né è una guerra dal copione già scritto. La politica ha bisogno di ideologia per essere qualcosa di più di amministrazione e qualcosa di meno di destino messianico.

Le ideologie non sono né vere né false, e in effetti queste categorie cognitive non hanno vita facile nel campo della politica. Ci sono idee o visioni più consone alla nostra tradizione occidentale e alla nostra cultura democratica e idee meno consone. Ma si tratta, nell’un caso e nell’altro, di condizioni relative. Fino a qualche anno fa era assolutamente impensabile che qualcuno dicesse, pubblicamente, che il suo modello di società era quello di uno spazio competitivo che premiasse i migliori o i più attrezzati. Negli anni dell’egualitarismo salariale e valutativo (il 18 "politico" nelle Università) questa visione di società sarebbe suonata blasfema, e pochi avrebbero osato sostenerla apertamente e subire una reprimenda pubblica.

gramsci.jpg (17603 byte)


Oggi, un liberista di questo tipo si trova perfettamente a proprio agio in televisione come in piazza e, quel che più conta, è ascoltato - e votato - anche da coloro che hanno tutto da perdere da quella visione. I teorici della scelta razionale avrebbe grandi difficoltà a spiegare per quale ragione l’italiano medio dia la sua preferenza, e propongono di privatizzare la sanità (salvo poi lamentare il fatto che il ticket per l’ecografia è troppo caro!). Che ci piaccia o no, Berlusconi e Bossi riescono a convincere gli italiani che le acque del Mar Rosso si apriranno e gli italiani si libereranno dalle catene del comunismo.

Dall’altra parte c’è il nulla totale. Assenza di slogan perché assenza di idee. Credo che sbaglino coloro che pensano che Berlusconi abbia un solo obbiettivo e che tutto il resto sia orpello televisivo per nascondere il vuoto pneumatico della sua propaganda. Berlusconi e Bossi hanno una visione ben chiara sia dell’Italia di ieri che di quella di domani. E non è solo un’immagine che si adatta ai loro interessi, reali o etnici. In paragone a loro, la sinistra non ha nulla di convincente da offrire. Per questo non sa capire l’avversario che ha di fronte. Solo chi ha un’interpretazione ha un antagonista, anzi si costruisce un antagonista politico.

Nella nebulosa della Sinistra italiana non c’è alcun punto fermo in relazione al quale questo o quello è "l’altro." Berlusconi è liberista; ma anche la Sinistra un po’ lo è. Bossi è uno sciovinista; ma la sinistra stessa è favorevole all’esclusione (per esempio, non ha mai affrontato una lettura critica del trattato di Schengen, e delle politiche nazionalistiche ed esclusionarie della Comunità Europea). Forza Italia è per l’ordine, ma anche la Sinistra vuole ordine e polizia, tanto che molti dei suoi sindaci sembrano affascinati dal modello Giuliani, il primo cittadino di New York.

La Destra è per la liberalizzazione della scuola con finanziamento dello stato; ma anche la Sinistra lo è, anche se aggiunge che il soldi pubblici alle scuole private debbono essere dati secondo alcune regole certe. Di più, la Sinistra ha aperto una porta che un governo di Destra spalancherà: quella del trasferimento dei soldi pubblici dalla scuola pubblica a quella privata. Berlusconi vuole la totale liberalizzazione del mercato del lavoro, cioè il modello americano: pagare un'ora di lavoro quattro dollari e mezzo, senza alcuna garanzia o assicurazione, e chiamare questa una politica della "piena occupazione." Ma anche la Sinistra vuole de-regolamentare, rendere più facile il passaggio dal lavoro al non lavoro, e accusa i sindacati di essere conservatori.

I sindacati dovrebbero cessare di difendere gli interessi dei loro associati, ma non si chiede agli industriali di fare altrettanto: solo gli uni sono egoisti, non gli altri. La Destra è individualista e perciò vuole meno stato e più società civile. Quindi vuole uno stato che faccia la carità ai cittadini di serie B e una società di impresari di servizi per coloro che hanno soldi sufficienti per comprarli. Quindi: individualismo-stato minimo-comunitarismo-carità pubblica. Tutto si tiene nella logica liberal-liberista. Eppure, anche la Sinistra dice qualcosa di simile, benché in maniera più moderata. La politica "familista" dei governi di Centro-Sinistra ne è una prova. Aiutare la famiglie con una manciata di soldi pubblici, affinché esse facciano (ovvero le donne facciano) quello che lo stato o le sue agenzie non vogliono più fare: accudire bambini e anziani, per esempio. La Sinistra sembra aver dimenticato gli individui e discrimina: chi non ha famiglia paga di più, esattamente come accadeva in altri decenni a tutti noti.

marx.jpg (8881 byte)


Il paradosso di questa veloce panoramica è abbastanza chiaro: la Destra ha un’identità, mentre la Sinistra non ce l’ha e scimmiotta quella della Destra. La Destra ha un’autonomia ideologica, cioè ha un’interpretazione chiara della società italiana di ieri e di domani; mentre la Sinistra non ce l’ha e si fa accattona: dal cattolicesimo prende la carità e la solidarietà, dal liberismo prende il principio della responsabilità individuale, dal comunitarismo prende il richiamo alla solidarietà della società civile. Insomma mentre la Destra è il Sole, la Sinistra è la Luna. E allora, perché stupirsi se la Sinistra perde e la Destra vince? Perché stupirsi se gli elettori preferiscono il prodotto originale alla copia?

La Sinistra deve uscire da questo stallo ideologico. E lo può fare solo a condizione di non temere di avere una sua autonomia ideologia, una sua visione della società che vuole e che non vuole. Dica chiaramente quale è la sua narrazione dell’Identità italiana. Definisca il suo antagonista politico, ponga paletti di identità e eviti di essere confusa. La Sinistra deve saper dire che vuole un’Italia e un’Europa di cittadini eguali, nei diritti politici e nelle opportunità di realizzazione personale; che vuole una società dove la diversità è esteticamente più attraente; che è meglio New York di Legnano.

Meglio vedere tanti colori e conoscere tradizioni diverse che vivere in una società dove l’unico colore è il grigio e l’unica "verità" è quella nella quale si è cresciuti. La Sinistra deve saper dire che vuole difendere i diritti sociali e vuole farlo in nome della dignità individuale e politica, non in nome della carità, un’umiliante surrogato communitario che piace tanto ai liberisti. Deve saper dire che il liberalismo di Berlusconi creerà una società a due binari e che non c’è proprio nessuna certezza che noi andremo a finire nel binario giusto.

Se dire queste cose è cosi difficile, forse la ragione è da imputare al fatto che la Sinistra non ha più intellettuali, non intellettuali che indichino la strada verso l’utopia ma intellettuali che sappiano leggere i fenomeni sociali e culturali del nostro tempo con mente critica e alcuni chiari principi regolativi. Questo è forse il problema più serio: l’accademizzazione della teoria politica. La Sinistra italiana ha bisogno di un Richard Rorty, di un intellettuale che sappia essere partigiano, non per una classe, ma per una visione della società nazionale. Ha bisogno di qualcuno che sappia scrivere queste parole: "Nella misura in cui gli Stati Uniti sono rappresentati da una Destra politicamente attiva e da una Sinistra politicamente attiva, questa disputa continuerà. Essa è al centro della vita politica della nazione, e la Sinistra ha la responsabilità di tenerla accesa….La Sinistra, per definizione, è il partito della speranza. Insiste nel ricordare che la nazione rimane incompiuta" che il progretto democratico sul quale è nata e si fonda resterà incompiuto se la Sinistra "si pone nel ruolo dell’osservatore distaccato e restrospettivo. … Gli uomini di Sinistra presenti nell’accademia hanno lasciato che la politica libresca soppiantasse la politica reale e hanno collaborato con la Destra nel porre al centro del dibattito pubblico istanze libresche."

La mancanza di intellettuali che non siano spettatori si esprime con una mancanza di leader politici. Il problema della Sinistra italiana è un problema di crisi epocale: non ci sono più i luoghi dove formare democraticamente una classe politica, non ci sono più leader politici che rappresentino visioni e progetti, non ci sono più intellettuali critici. Non è un lamento quello che sto facendo, ma una constatazione realistica. Di queste "mancanze" è impossibile dire quale sia quella più grave. L’una implica l’altra. Si può fare appello a un "dovere morale" che le donne e gli uomini della sinistra dovrebbero avere per ridare una identità alla Sinistra? Credo di sì, anzi penso che si debba instistere sull’argomento del dovere morale, non in nome di una missione da compiere, ma di un progetto che è scritto nel patto fondamentale che come nazione ci unisce e ci identifica: il patto di costruire una società democratica dove le differenze siano una ragione di ricchezza per tutti, non una ragione di discriminazione e sofferenza.

Una società democratica è sempre un progetto incompiuto. Il problema è saper vedere l’incompiutezza, saper riconoscere le ragioni, nuove, di quell’incompiutezza. E farsene carico. Quali che siano le giustificazioni personali: per alcuni possono essere l’insopportabilità estetica di vivere in una società dove l’esclusione genera città inospitali, più sporche, più brutte, più segregate e ghettizzate. Per altri possono essere l’insopportabilità morale di vivere in una società dove molti di noi e di coloro che verrano dopo di noi non godono della certezza di poter partecipare alla gara della vita e sono esclusi in partenza. Per altri le ragioni possono essere quella della civiltà e della decenza.

Quali che siano le ragioni, tutte ci riportano a un luogo comune: al valore della dignità individuale che solo una società più democratica può rendere possibile. E su questo valore, su questo luogo che è il patto fondamentale della nostra costituzione, la Sinistra ha il dovere di costruire una narrativa del paese che sia riconoscibile, chiara, e antagonistica a quella della Destra. La Sinistra deve farsi partigiana della democrazia.


 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo