Parlano i ‘figli di Hitler’
Raffaele Oriani
Periodicamente in Germania
si fanno sentire delle voci che mettono in guardia contro il pericolo
di 'dimenticare', di operare il cosiddetto 'schlussstrich', ovvero
il punto e a capo che abolisce la memoria e consegna il paese al
suo radioso futuro. Periodicamente queste voci vengono confermate
da episodi sgradevoli (l'ultimo in ordine di tempo: l'assenza del
sindaco di Berlino alla cerimonia in cui si annunciava ufficialmente
la costruzione di un monumento all'Olocausto nel centro della capitale
tedesca), e subito dopo smentite da iniziative culturali e mediatiche
tese a rilanciare la riflessione sui crimini della dittatura nazista.
In particolare la televisione pubblica e' da sempre attiva sul fronte
dell'informazione e della riflessione sul passato tedesco.
A gennaio scorso, ad
esempio, l'ARD, prima rete federale, ha mandato in onda una serie
di documentari con prezioso materiale inedito sulla quotidianita'
ai tempi del Reich e sugli ultimi mesi di guerra fino alla presa
di Berlino da parte dell'Armata rossa di Stalin. Dal 14 marzo risponde
ora la seconda rete pubblica, ZDF, con cinque puntate dedicate agli
Hitlers Kinder' ('I bambini di Hitler'). I 'bambini' qui potrebbe
anche valere per 'i figli' di Hitler: si tratta infatti di quella
generazione cresciuta nella e con la dittatura, che venne allevata
nel culto marziale e sentimentale del Fuehrer. Si tratta forse della
generazione meno indagata della recente storia tedesca: quella che
non porto' direttamente la colpa dell'orrore e che pure non pote'
mai dirsi completamente innocente; quella che, pur non dovendo dimostrare
la propria estraneita' ai fatti, non riusci' mai a chiamarsene definitivamente
fuori. Chi oggi ha tra i settanta e i settantacinque anni al tempo
della presa del potere da parte di Hitler aveva tra i tre e gli
otto anni. Si ritrovo' quindi nella dittatura come in un ambiente
naturale. E sui 'bambini di Hitler' la dittatura impose le proprie
regole con la ferocia della natura: dallo Jungvolk (il popolo dei
giovani) alla Hitlerjugend, dal lavoro volontario al servizio nella
Wehrmacht il processo di identificazione tra individuo e stato-partito
era predisposto meticolosamente e riceveva il proprio sigillo definitivo
quando a quattordici anni si giurava fedelta' eterna al Fuehrer
nel giorno del suo compleanno (20 aprile).
Ovviamente a tanta
pompa corrispose la fine miserrima delle ultime battaglie, dell'arruolamento
improvvisato nella Wehrmacht, della vergogna per i crimini del nazismo,
della fame e del disorientamento nel primo dopoguerra. Per questa
generazione (e quindi per se stesso), l'ex cancelliere Kohl ha parlato
della 'grazia di essere nati piu' tardi'. Nonostante a molti sia
sembrata una definizione meschina, non si puo' dire che cosi' dicendo
Kohl non abbia centrato il punto: egli infatti appartiene a una
generazione che ha vissuto e sofferto prove terribili, ma cui l'anagrafe
ha impedito di macchiarsi dei crimini piu' orrendi del secolo.
Ora questa generazione
racconta: in piu' di mille interviste il team della ZDF guidato
dallo storico e giornalista Guido Knopp ne ha infatti raccolto le
testimonianze, che vengono ora presentate in cinque, dense puntate
in onda dal 14 marzo all'11 aprile. Per la prima volta Hitler sara'
osservato con lo sguardo, per cosi' di dire, dei bambini: bambini
settantenni che in quanto generazione rimangono gli ultimi testimoni
viventi del nazismo. Si parlera' certo del dramma e della colpa,
ma non si tacera' la fascinazione che il caporale austriaco esercito'
per anni sulla gioventu' tedesca. I titoli delle singole puntate
chiariscono il percorso della trasmissione: 'seduzione', 'dedizione',
'disciplina', 'guerra', 'sacrificio'. Una dichiarazione di Guido
Knopp (classe 1948, dal 1984 responsabile della redazione 'storia
contemporanea' della ZDF) ne mette a fuoco il significato culturale
e politico: 'Questa generazione vive ancora. E' ancora in grado
di rendere testimonianza. Siamo ancora in tempo a trarre la lezione
contenuta nel suo destino'.
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