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In difesa di umiliati e offesi


Avishai Margalit con Giancarlo Bosetti


Giancarlo BosettiAvishai Margalit, filosofo israeliano ben conosciuto per il suo saggio "La societa’ decente" (pubblicato in Italia da Guerini editore), ma gia’ da tempo apprezzato a Oxford, Harvard, Princeton, Berlino, dove ha insegnato prima di tornare alla sua Universita’ di Gerusalemme, è venuto a discutere le sue tesi a Parma con un robusto gruppo di colleghi italiani, composto da Alessandro Ferrara, Antonella Besussi, Sebastiano Maffettone e Marco Santambrogio. Margalit è anche noto come commentatore politico in America e in Europa e sta per pubblicare in Italia "Volti di Israele" (Carocci), un libro di ritratti dei leader del suo paese, da Ben Gurion a Ehud Barak.

La novita’ dell’idea della "societa’ decente" sta nel fatto che il nostro autore non la fa coincidere con quella di "societa’ giusta" e anzi qualche volta introduce una tensione tra l’una e l’altra cosa, mettendo in discussione i principi della "Teoria della giustizia" di John Rawls e la loro egemonia nel pensiero liberal e democratico contemporaneo. Spiega bene Ferrara che "laddove la societa' giusta è la societa' che distribuisce equamente i suoi beni primari – liberta', reddito, ricchezza, autorita', rispetto di sé, ecc. – la societa' decente è la societa' che non umilia, attraverso le sue istituzioni, quanti si trovano a viverci". La teoria della giustizia si occupa fondamentalmente di criteri distributivi, il principio della "decenza" di Margalit mette in primo piano il comune valore della dignita’ umana e l’idea che essa non debba mai essere violata, intaccata, degradata, umiliata. Le due vedute filosofiche non sono certo in contrasto frontale, ma sono diverse. Ci sono societa’ giuste, nei confronti dei loro cittadini, che pero’ umiliano coloro che stanno fuori dalla cittadinanza (gli immigrati); e ci sono societa’ "decenti" che hanno cura di non umiliare dignita’ ed onore degli individui che ci vivono, come accade in certi paesi asiatici, ma che non corrispondono ai criteri rawlsiani di giustizia.

Margalit colpisce anche per alcune sue vedute politiche. A proposito della corruzione che investe partiti e leader in Europa (sono nel centro del ciclone Germania e Francia, per non parlare di Russia, sempre tra i protagonisti l’Italia, e anche il Giappone, ma emerge negli ultimi anni Israele), Margalit ritiene che si debba distinguere tra corruzione di diversi tipi, quella personale e quella politica, variamente combinate.

"La seconda è molto piu’ grave e affligge in profondita’ i sistemi politici, la prima è meno grave. Eltsin per esempio è un ladro, non c’è bisogno di un particolare vocabolario per definirlo. Quello che preoccupa è che le istituzioni democratiche siano ovunque affette da fenomeni degenerativi che hanno cause strutturali: la tendenza alla personalizzazione, che nasce dalla crisi delle grandi organizzazioni politiche di massa, aggravata dai meccanismi elettorali, dove ci sono, di scelta diretta del premier da parte dei cittadini. La tendenza all’appello diretto del politico ai cittadini passa fondamentalmente attraverso la televisione e l’alto costo del contatto televisivo è la ragione principale per cui il denaro diventa tremendamente importante in politica. La mediatizzazione della politica spinge verso tendenze populiste e alimenta la corruzione.

"Con apporti supplementari di denaro, insomma, puoi essere eletto. In Israele, per esempio, è evidente che la corruzione è conseguenza della legge del 1996 sull’elezione diretta del premier. Sono convinto che Barak non ha tenuto il denaro per se’. E anche nel caso di Netaniahu ci sono soltanto dei dubbi sulla sua onesta’. Il fatto è che, stabiliti certi meccanismi, diventa inevitabile che il politico ricorra a canali di finanziamento illegali. L’unica soluzione sarebbe quella di una forte regolazione degli spazi televisivi, attribuendoli gratuitamente ai partiti con criteri equi che tengano conto anche delle nuove formazioni politiche ma senza concederne di piu’ in nessun modo, anche a chi vorrebbe e potrebbe pagare".

La catena personalizzazione - appello diretto al popolo - televisione finisce inevitabilmente nella corruzione. La variante americana? Margalit ironizza: "Li’ la corruzione è stata eliminata nel senso che è stata legalizzata: tutto avviene allo scoperto. Le lobbies sono una specie di corruzione ufficiale". La variante tedesca? "La crisi della Cdu è gravissima proprio perche’ quello di Kohl era denaro ‘politico’, non personale. Che lui sia una persona onesta è la dimostrazione che la corruzione è strutturale e mina le istituzioni democratiche".

E il fenomeno Haider? Per Margalit "anche in questo caso pesa eccessivamente l’aspetto mediatico del fenomeno. L’austriaco è un tipico politico da appello diretto al popolo. Lui cerca la legittimazione e vuole apparire rispettabile, ma tutti noi tendiamo a sottovalutare il partito che ha alle spalle, un fenomeno terribile e radicato, rispetto al quale Haider è qualcosa di banale. Sembra un gioco assurdo: si parla solo di Haider, guardate invece ai due ministri del suo partito, a quello che dicono, guardate a chi lo ha eletto".

Dalla politica alla teoria. Si capisce bene che una "societa’ decente" dovrebbe sapersi liberare dalla corruzione politica, che è anche una forma di umiliazione per i cittadini-contribuenti. Ma il tema della umiliazione non suona piuttosto arcaico? Non è tipico di societa’ che hanno a che fare con la disposizione gerarchica degli individui, con ranghi, caste e classi, con problemi e tensioni di status, e con l’onore? "No, – spiega Margalit – i termini contrari onore e umiliazione sembrano una coppia nostalgica che appartiene all’ordine sociale gerarchico del passato, evocano una societa’ rigidamente classista, ma io uso la parola ‘onore’ nel senso di un onore dovuto a ogni essere umano perche’ è un essere umano e non perche’ appartiene a una classe particolare o perche’ ha un rango speciale".

"Dal passato prendiamo due tipi di onore, quello verticale e quello orizzontale. L’onore verticale è quello che gli inferiori danno ai superiori, l’onore orizzontale è quello mutuo tra coloro che sono eguali per classe e status. E l’onore di cui parlo io per una societa’ decente si puo’ anche chiamare dignita’ umana. Non puo’ essere attribuito per quanto uno ha fatto o per la sua appartenenza a un clan o una casta. Esso esige soltanto l’appartenenza alla razza umana. La dignita’ umana è una forma di onore orizzontale per antonomasia, che non fa parte di una struttura gerarchica".

C’è un’altra caratteristica originale, e che fa discutere parecchio, del pensiero di Margalit: tende a non considerare la dignita’ umana in termini di diritti. Anche se per il filosofo israeliano la Carta universale dei diritti dell’uomo è una specie di codice della dignita’ umana che appare del tutto appropriato a una societa’ decente, egli fa le sue riserve a che la dignita’ umana sia trattata come territorio dei diritti umani degli altri, preferisce trattarla come terreno di applicazione dei nostri doveri.

Esempio: quando Stalin propose di punire i capi nazisti portandoli in giro nudi per l’Europa dentro una gabbia, era giusto opporsi, ma non perche’ Himmler avesse diritto di non subire trattamenti degradanti. "Dal mio punto di vista cio’ che Himmler ha fatto è sufficiente perche’ sia privato dei suoi diritti. Egli non ha diritti esigibili da me. E tuttavia io ho il dovere di non accondiscendere alla proposta di Stalin, non a causa dei diritti di Himmler, ma a causa della mia nozione di umanita’, del mio convincimento che un essere umano non debba subire trattamenti degradanti nel caso che venga punito".

Analogamente Margalit cerca di ridurre al concetto di decenza, ovvero di "non-umiliazione" anche le valutazioni economiche, dal momento che contraddice il principio ovviamente la condizione di schiavitu’, che persiste marginalmente in alcune parti del mondo, ma lo contraddicono anche nuovi e grandi ostacoli. Il piu’ grande è rappresentato da un pericolo che minaccia milioni di esseri umani anche nel mondo piu’ evoluto: il pericolo dell’"irrilevanza economica".

Dell’attuale rivoluzione economica, sulla quale non abbiamo ancora una prospettiva storica come l’abbiamo sulla rivoluzione industriale, percepiamo che puo’ scagliare ai margini e "trasformare interi gruppi in qualcosa di economicamente ridondante, cioe’ inutili come produttori e in grado minore irrilevanti anche come consumatori. La minaccia per la societa’ decente è che l’irrilevanza economica si cambi in una ridondanza umana, e che persone considerate irrilevanti diventino rifiuti umani, come i cani randagi, confinati e controllati, ma senza che nessuno badi a loro".

 

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