Caffe' Europa
Attualita'



Xenofobia e tangenti, doppio allarme


Robert A. Dahl con Giancarlo Bosetti


"La precipitazione dei paesi europei sul caso Haider mi lascia perplesso. Diamo tempo all’Austria di mostrare le sue capacita’ di reazione". Robert A. Dahl, professore emerito della Università’ di Yale, è uno degli autori classici della teoria democratica. L’ultimo suo lavoro (Sulla democrazia, Laterza) è una piccola guida a quello che, come ha insegnato Churchill, è il peggiore dei sistemi politici ad eccezione di tutti gli altri. Dal descrive in grande sintesi un modo di organizzare le societa’ che è sempre in tensione tra un modello ideale e tanti difetti reali. Queste settimane europee, tra caso Haider e scandali-tangenti, mostrano appunto quanti sono i "buchi" della democrazia.

 

Una delle lacune di cui si parla nel suo libro è quella che riguarda gli organismi sovranazionali, a cominciare dall’Unione Europa, che non ha strutture pienamente rappresentative. E infatti l’intervento punitivo nei confronti del governo austriaco per l’ascesa di Haider al governo solleva molte obbiezioni.

Confesso che trovo la questione molto preoccupante sotto due aspetti. Il primo ovviamente è che Haider abbia avuto tutti quei voti, il secondo è che l’intervento europeo a sua volta lascia perplessi per svariate ragioni: il leader populista austriaco è stato eletto regolarmente in una corretta campagna elettorale; l’idea di privarlo di un incarico di governo prima che abbia avuto la possibilita’ di imparare e forse di acquisire qualche maggiore responsabilita’ è qualcosa che lascia assai dubbiosi. Io credo che l’assunzione di un ruolo di governo come parte di una coalizione possa avere una funzione moderatrice. Come spesso accade il "learning in office", l’apprendistato in un incarico di responsabilita’, funziona. Non voglio sembrare troppo ottimista, ma se Haider a un certo punto manifestasse atteggiamenti seriamente filonazisti o antisemiti, o violasse in qualche modo i diritti umani, allora le cose cambierebbero. Ho l’impressione che i paesi europei abbiano reagito un po’ troppo precipitosamente.

 

E non crede che in questo abbiano avuto parte gli Stati Uniti.

Si’, ha ragione. Avrei dovuto dire: i paesi europei e gli Stati Uniti. Anche noi siamo stati troppo precipitosi.

 

Non crede che gli Stati Uniti si attribuiscano una specie di diritto di intervento sui pericoli nazisti in Europa, dopo la Seconda guerra mondiale?

Io credo che ci voglia una certa cautela nello stabilire le situazioni in cui intervenire. Se dei nazisti o qualsiasi gruppo autoritario prende il potere in un paese e comincia a distruggere diritti umani e diritti politici, se minaccia le istituzioni democratiche, allora qualche forma di intervento diventa auspicabile. Come realizzarlo, l’intervento, poi è un’altra questione. Ma a me pare che l’Austria sia lontana da questa situazione. Ogni paese ha il diritto di manifestare la sua avversione a questo tipo di movimenti politici, ma ho abbastanza chiaro che le cose avrebbero dovuto essere assai piu’ in la’ per privare l’Austria della possibilita’ di dimostrare da se stessa la sua capacita’ di reazione.

 

Il caso di Haider ci mostra anche un altro aspetto che tocca la sua "guida alla democrazia" e forse lo contraddice. Lei sostiene che i fenomeni estremisti e ultraradicali di destra e di sinistra stanno generalmente diventando "residuali" nei paesi democratici. Ora il successo di Haider non sembra cosi’ residuale; questo sembra un radicalismo in ascesa.

In generale io penso che questi atteggiamenti stiano recedendo, ma certamente ci sono dei casi allarmanti di crescita di posizioni antidemocratiche o per lo meno non democratiche. Un aspetto preoccupante della situazione è che leader della destra radicale, alcuni dei quali in grado di competere per il governo, come Haider, riescono a rappresentare problemi autentici e autentiche preoccupazioni della popolazione: è il caso prima di tutto dei lavoratori che vedono minacciato lavoro e salario dagli immigrati. Anche negli Stati Uniti c’è questa paura e Pat Buchanan, per esempio, riesce a trarne profitto. Non possiamo evitare il problema, dobbiamo confrontarci con la questione dell’immigrazione nei limiti fissati dal rispetto dei diritti umani. Non ho la soluzione, ma dico che dobbiamo, prima di tutto, lavorare sulle cause da cui scaturisce questo genere di destra.

 

E tra le cause dei guai della democrazia c’è anche la corruzione. Nella sua "guida" lei non se ne occupa in particolare. Affronta solo il tema piu’ leggero delle "transazioni tra le élites", non quello dei comportamenti criminali.

La ragione per cui non me ne sono occupato nel libro sta soprattutto nel fatto che la questione varia molto da paese a paese. Se avessi dovuto approfondire il punto, nel momento in cui ho scritto il libro, avrei messo in rilievo il caso italiano, quello giapponese, forse quello francese, ma non avrei parlato della Germania perche’ poco se ne sapeva. E al capo opposto degli scandali avrei comunque messo l’Olanda, per quanto ne sappiamo, e i paesi scandinavi, che sono relativamente liberi da questo problema . Ma sono d’accordo: la questione è molto seria. Un gruppo di studiosi di Harvard pubblichera’ il mese prossimo una analisi sul declino della fiducia nelle maggiori istituzioni democratiche. E i due casi piu’ acuti di questo fenomeno sono il Giappone e l’Italia, dove la corruzione è appunto la ragione per cui la gente si fida sempre meno del Parlamento e delle élites politiche.

 

Un aspetto permanente del funzionamento della democrazia, si sa, è che le élites politiche fanno "transazioni" tra loro, arrangiano accordi per mandare avanti le cose. Ma c’è una differenza tra transazioni informali e transazioni criminali, anche se il confine tra le due cose qualche volte diventa sottile.

È chiaro che il problema non è nelle transazioni informali, ma nei comportamenti criminali. Ed è vero che trovare il confine a volte è molto difficile. Tuttavia io do molta importanza, pensando per esempio alla Germania, alla distinzione tra la condotta illegale e corrotta di politici che mettono il denaro nelle loro tasche, magari inviando i fondi in un conto svizzero per uso personale, e la condotta di un leader come Helmut Kohl, che usava il denaro per finanziare il partito. Non dico che le transazioni segrete siano tollerabili, ma, a quanto se ne sa dalla stampa, Kohl il denaro non lo teneva per se’. E questo conta nella valutazione. Resta il fatto che il problema del finanziamento dei partiti politici è oggi una sfida per la democrazia.

 

Della questione si parla piu’ in Europa che in America. Forse negli Stati Uniti c’è meno attenzione? O se ne parla meno perche’ c’è meno corruzione negli Usa che da noi?

Negli Stati Uniti c’è forse meno scandalismo, ma di fatto nella campagna presidenziale in corso una delle questioni piu’ rilevanti è il tipo di corruzione che deriva dal finanziamento dei partiti ad opera dei grandi finanziatori privati della campagna. Si tratta del loro maggiore ‘potere di accesso’ ai politici eletti che derivera’ dal sostegno attualmente loro fornito. L’opinione pubblica se ne occupa. Eccome!

 

Insomma non si occupa soltanto degli scandali sessuali.

Guardi, nel caso Clinton-Lewinsky c’erano due diversi pubblici in America: l’élite e la generalita’ della gente. L’élite, specialmente quella repubblicana di Washington, pensava di fare un grande affare politico puntando le sue carte sullo scandalo sessuale. Tutti gli altri invece non erano fondamentalmente molto disturbati dal fatto. La maggioranza della popolazione ha separato il giudizio sulla politica di Clinton dalla sua condotta privata alla Casa Bianca. I Repubblicani hanno sviluppato una grande rabbia nei confronti di Clinton, sia perche’ li ha sconfitti sulla questione dell’impeachment sia perche’ ha sbarrato la strada alle loro politiche. E ora sono disperatamente alla ricerca di una alternativa.

 

Torniamo alla corruzione. Qual è secondo lei la strada maestra per risolvere il problema? Il finanziamento pubblico?

Si’, secondo me è il finanziamento pubblico. La politica negli Stati Uniti deve rapidamente superare le difficolta’ rappresentate da due fatti: il finanziamento privato ed una pessima sentenza della Corte suprema del 1973 che permette in sostanza contributi senza limiti e spese illimitate da parte dei politici. È un problema centrale e difficile da superare, perche’ entrambi i partiti beneficiano della situazione attuale e non vogliono cambiare. Tuttavia sta diventando sempre di piu’ un tema in discussione, per cui spero che si cominci a metterci mano, anche se so bene che il cammino sara’ piu’ lungo che in qualche paese europeo.

 

Nel suo libro c’è una specie di gioco. Un capitolo si intitola "Il capitalismo favorisce la democrazia", il capitolo dopo si intitola "Il capitalismo nuoce alla democrazia". Ci spieghi un po’.

Ci sono due grandi sistemi: il sistema politico democratico ed il sistema economico del capitalismo di mercato. Il secondo, dopo 150 anni di tentativi di trovargli alternative, si è dimostrato piu’ efficiente, piu’ efficace nell’elevare gli standard di vita di qualunque altro. Percio’ i due continueranno a vivere insieme, ma dobbiamo riconoscere che si creano problemi l’uno con l’altro. Dal punto di vista democratico il difficile sta nel fatto che il capitalismo di mercato continua a generare disuguaglianze. E la politica dovrebbe continuamente affrontarle, anche se al momento questa preoccupazione non è molto in alto nell’agenda pubblica. Ci sono modi per affrontarle, le disuguaglianze; non spariranno da sole, non c’è "happy end" spontaneo.

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo