Il Mito
Il personaggio tragico di Fedra nasce nella tradizione mitologica greca come la madre
distrutta damore per il figliastro Ippolito. Questi era in realtà il figlio di
Teseo e di Ippolita, ma venne adottato da Fedra quando la donna sposò Teseo.
Secondo la leggenda Fedra, poiché il suo amore per Ippolito non era corrisposto, scriveva
una lettera al marito in cui spiegava il modo in cui il figliastro, rifiutandola, le aveva
mancato di rispetto, poi simpiccava.
Teseo allora lo scacciava di casa Ipolito maledicendolo e pregava Poseidone affinché
facesse trovare la morte al figlio. Si narra che mentre Ippolito si avviava su di un
cocchio a Trezene, improvvisamente dal mare apparve un toro, o vitello marino, che
spaventando i cavalli, li mise in fuga, facendo precipitare giù dalla scogliera Ippolito,
che morì miseramente.
La Tragedia di Racine: il veleno interiore.
Nel 1677 Racine scrisse la sua versione di questa tragedia in cinque atti, attingendo
esplicitamente a due fonti: lIppolito di Euripide e la Fedra di
Seneca. Ma lautore riportò a nuova vita le vicende della protagonista facendone una
vittima del Fato, "né completamente colpevole, né completamente innocente".
Nella versione di Racine Fedra, seconda moglie di Teseo scomparso durante un viaggio,
è consumata da un male misterioso che finisce per confessare alla nutrice Enone: ama il
figliastro Ippolito. Viene intanto annunciata la morte di Teseo. Convinta che la propria
passione non sia più colpevole, Fedra si rivela a Ippolito, suscitando
lindignazione del giovane. Ma Teseo torna incolume. Per salvare Fedra, Enone accusa
Ippolito di amore incestuoso, e il ragazzo viene scacciato e maledetto dal padre. Fedra,
sconvolta da rimorso, vorrebbe confessare a Teseo la verità, ma la notizia che Ippolito
ama, riamato, la principessa di Aricia, provoca in lei una violenta crisi di gelosia.
Aricia nel frattempo lascia intendere a Teseo che Ippolito è innocente. Teseo,
turbato, apprende che Enone si è uccisa buttandosi in mare e che anche Fedra vuole
morire. Supplica così Nettuno (Poseidone) di ignorare la maledizione invocata contro il
figlio, ma è troppo tardi. Si viene infatti a sapere che, atterriti da un mostro marino,
i cavalli di Ippolito si sono imbizzarriti e hanno causato la morte del giovane. Fedra
solo allora confessa la verità, e si uccide col veleno.
Questo è uninteressante e significativo cambiamento rispetto al modello
euripideo o senechiano: la Fedra di Racine muore di veleno come accadrà a Madame Bovary,
la più tragica delle eroine del romanzo, e non di spada o impiccandosi, sia perché il
veleno era più accettabile dal pubblico di corte del tempo di Racine (così viene ucciso
anche il Re padre di Amleto e così viene progettata la morte di Amleto stesso), ma
soprattutto perché dobbiamo assistere allagonia del corpo di Fedra in scena, con la
confessione anche questa novità assoluta di Racine - che riflette a specchio la
rivelazione iniziale di Fedra a Ippolito. Perché il veleno, portato in Grecia da Medea,
è metafora del veleno che fin dallinizio consuma il suo corpo.
Lo spettacolo di Sciaccaluga
La stagione teatrale 1999/2000 ci ha regalato unedizione assai interessante della
tragedia di Racine, quella allestita dallo Stabile di Genova, diretto da Ivo Chiesa,
andato in scena fino al 6 febbraio al Teatro Eliseo di Roma interpretato da Mariangela
Melato nel ruolo principale e da Sergio Romano in quello di Ippolito. Questo testo è
stato poco rappresentato in Italia, sia per varie ragioni di ordine produttivo non
ultima la necessità di una messa in scena ricca e spettacolare -, sia per la difficoltà
di utilizzare gli aulici versi poetici di Racine, che questa volta hanno trovato un
validissima traduttore in Giovanni Raboni. Le imponenti misure produttive di
questallestimento hanno consentito anche la pubblicazione di un intero volume
dedicato allo spettacolo, in cui compare un interessante saggio di Renzo Trotta di cui
riportiamo, in sintesi, alcune notazioni.
Innanzitutto non si può non paragonare il peso drammaturgico della Fedra di Racine con
quello dei più grandi eroi tragici moderni, come il Cid o lAmleto. Con loro Fedra
ha in comune le oscillazioni, lindecisione, quella difficoltà di vivere le proprie
passioni e le proprie pulsioni istintive, sempre più in contraddizione con le leggi che
regolano i rapporti umani. Nel protagonista ritratto da Corneille, il Cid,
lindecisione pende tra due alternative chiare e distinte: uccidere per salvare
lonore paterno, o perdonare per amore della figlia del colpevole? Per Amleto
lindecisione è invece il frutto di unincapacità di agire assumendo il ruolo
che gli spetterebbe: il pensiero paralizza lazione.
Fedra, al contrario, è fin dallinizio paralizzata dal dubbio,
dallossesione, che diviene tragedia nel momento dellazione, unazione non
risoluta ma contraddittoria. E poiché nella Tragedia le parole sono AZIONI, esse assumono
il peso di un macigno, e precipitano la vicenda della protagonista in un salto nel buio
senza ritorno. I sentimenti evocati in uno dei monologhi più grandi mai scritti sono la
sintesi delle oscillazioni profonde di Fedra. Nel momento stesso in cui Fedra esprime un
sentimento, lo nega perché lo riconosce come illegittimo, come radicato nel vuoto.
Lunico riconosciuto come fondato sarà quel sentimento di morte con cui si apre e
chiude la tragedia. In questo senso lo spessore del personaggio risiede non nella
consapevolezza della protagonista, ma nel suo percorso tragico.