Letti per voi/Quei graffiti di odio sui muri
Furio Colombo
Questo articolo è apparso su la Repubblica (www.repubblica.it)
del 24 gennaio
C'è una "overdose" di odio in questo paese. Trasforma il lutto in vendetta,
il dolore in delitto, il progetto politico in concitata aggressione, almeno nel progetto e
nel desiderio di alcuni. è un rischio mortale. Distrugge sogni buoni e cattivi, buone e
cattive ragioni. Costringe i cittadini a constatare in silenzio il pericolo. Da dove viene
il pericolo? Viene, per esempio, dalle scritte in vernice rossa comparse domenica mattina
sul marmo di due palazzi dell' Inps, appena restaurati, tra via del Corso e Largo dei
Lombardi a Roma. Una tracciata in grande, a caratteri ben chiari, dice. "D' Alema io
sarò il tuo cecchino". Un'altra: "D' Alema assassino. Craxi vive nei nostri
cuori. Devi morire".
Impressiona, certo, l'uso di una vernice rossa, brillante come il sangue, sul marmo
quasi bianco di un lungo lavoro di ripulitura appena terminato. Impressiona, anche, che le
scritte siano accanto all' altro palazzo di via del Corso, che era stato la direzione del
Partito socialista e di fronte a cui sono appoggiate corone di fiori. Il rapporto
inevitabile fra le corone di fiori e le scritte, che oltre a essere odiose sono anche
violente, perché fanno irruzione in una città civile e pulita, provocherà più dolore
in chi si sente colpito dalla morte di Craxi. Qualunque sentimento per quel leader
politico infatti non giustifica e non spiega la improvvisa partecipazione di squadre di
terrorismo al suo funerale.
Dunque la manifestazione di odio apparsa all'improvviso sui muri di Roma, di Milano, di
altre città, non si presta ad essere spiegata con il dolore per la morte di un leader. Si
vede bene che c' è uno spacco tra la vita di tutti e il pensiero ostinatamente negativo
di alcuni. Tanti? Pochi? Certo incoraggia la brutta abitudine di negare legittimità agli
avversari politici, descritti ogni volta come il male terminale. Incoraggia il continuo
predicare uno stato di tensione, come se il paese fosse sull' orlo di un baratro. Eppure,
di fronte a una comunità serena e moderna, questo tipo di appello estremo potrebbe forse
suscitare lo stupore e la curiosità di alcuni, la risposta enfatica di altri. Ma non
basta a spiegare l' odio, anche se sono imprudenti i passaggi retorici in cui si accusa
improvvisamente di odio un avversario politico, che invece sta parlando d' altro in un
normale evento della sua vita politica.
La parola "odio" porta in sé un contagio, anche se può accadere di usarla
senza pensarci. Conta, forse, il senso di isolamento per le cose che non si capiscono.
Conta la esasperante confusione dei media che scaricano sui cittadini le scorie della
lotta politica, senza le ragioni, senza la razionalizzazione, senza tentativi seri di
spiegare e mettere in prospettiva. Difficile fare paragoni con altri paesi. Altrove tocca
a giornalisti autorevoli, esposti al giudizio dell' opinione pubblica, di spiegare e
chiarire, evitando di organizzare continue corride di pochi esponenti da un lato e lunghe
strisce di propaganda negativa dall' altro. Tutto ciò è una nostra caratteristica
solitaria. Vuol dire che qualcosa di primitivo ci è rimasto addosso da tempi molto
peggiori. Vuol dire che la modernità veloce di questi anni non è riuscita a intaccarlo.
Qualcosa che è avvenuto quasi dovunque forse non si è ancora verificato in Italia. Il
"dentro" e il "fuori" della nostra vita, la famiglia e la politica, la
vita privata e il governare, il ruolo pubblico e la routine di tutti i giorni, sono
separati da diffidenza e disprezzo. Diffidenza e disprezzo attendono un pretesto per
esplodere. Tangentopoli è stato un pretesto per molto odio gratuito. Adesso lo è la
morte di Craxi. Questo dimostra che ciascuna parte politica, ciascun protagonista della
vita pubblica oggi in Italia è in pericolo, anche quando la direzione del vento lo fa
sentire "giusto" e al sicuro. Il rischio è di tutti, e questo dovrebbe spingere
gruppi politici diversi a vedere insieme la gravità del problema. Prima di doverlo
reprimere, sarebbe urgente cercare di dissolverlo nella normalità tanto invocata che
continua a non giungere.
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