Reset/La fraternita è andata al
diavolo Amartya Sen
Questo testo, che riprende la conferenza tenuta da Amartrya Sen nel luglio di
questanno al simposio della Fondazione Alfred Herrhausen di Berlino,è apparso sul
numero 56 di Reset
Primo Sommario
Limportanza del libero scambio per la vita moderna viene spesso data per
scontata, ma basta che ne vengano minacciati i fondamenti per capirne lassoluta
necessità. Qualora venga a mancare la libertà di commercio si determina infatti un
problema grave in sé.
Evidentemente letica pubblica americana sopporta senza difficoltà il fatto che
chi vive in condizioni di ristrettezze e povertà riceva un grado di assistenza che al
tipico europeo occidentale cresciuto in uno stato sociale appare praticamente
inaccettabile.
Per quanto determinata da mercati e fatturati, leconomia della modernità deve la
sua nascita non da ultimo a precisi progetti sociali cui la Rivoluzione Francese diede il
contributo decisivo. Lodierna economia di mercato va pertanto valutata anche in base
a tali progetti politici ed etici, con particolare riguardo allo slogan "Libertà,
Uguaglianza, Fraternità".
Secondo Adam Smith la libertà di scambio e commercio rientra tra le libertà
fondamentali delluomo. Limportanza del libero scambio economico per la vita
moderna viene spesso data per scontata, ma basta che ne vengano minacciati i fondamenti
per capirne lassoluta necessità. Qualora venga a mancare la libertà di commercio
si determina infatti un problema grave in sé, del tutto a prescindere da ogni
conseguenza economica.
Ciò vale in particolar modo per i casi in cui la libertà del mercato del lavoro venga
compromessa da leggi, vincoli e convenzioni sociali. Nonostante gli schiavi afro-americani
del sud degli Stati Uniti prima della guerra civile avessero salari pari se non
addirittura superiori a quelli pagati altrove, e nonostante vivessero più a lungo degli
operai del nord, il puro fatto della schiavitù è in sé un atto di discriminazione
sociale (a prescindere da altre, possibili conseguenze della schiavitù stessa).
La privazione della libertà attraverso limposizione di un determinato lavoro è
considerata in sé un difetto sociale. Il problema non ha solo rilevanza storica ma
anche attuale, perché in molte zone del mondo questa libertà viene tuttora limitata
notevolmente. Vorrei citare quattro esempi in proposito.
Primo: In molti paesi dellAsia e dellAfrica persistono forme di
servitù della gleba. Chi ne sia colpito non può trovarsi un lavoro diverso da quello
offertogli dai suoi tradizionali datori di lavoro.
Secondo: Il lavoro minorile (allordine del giorno in molti paesi in via di
sviluppo in Africa e in Asia) in fondo non è altro che schiavitù, dal momento che molti
di questi bambini vengono costretti a lavorare.
Terzo: in molti paesi del terzo mondo la libertà della donna di cercarsi un
impiego allesterno della famiglia è notevolmente limitata.
Quarto (per fare un esempio di tuttaltro tipo): il fallimento del socialismo
burocratico nellEuropa orientale e in Unione Sovietica non dipese esclusivamente da
problemi dordine economico espressi in termini di salari o di aspettativa di vita.
Anzi, quanto ad aspettativa di vita gli stati socialisti avevano raggiunto risultati
abbastanza soddisfacenti, tanto che alcuni degli stati ex comunisti forniscono oggi un
quadro decisamente peggiore che sotto la dominazione comunista. Forse da nessuna parte si
sta peggio che nella stessa Russia (dove laspettativa di vita maschile è scesa
sotto i livelli indiani e pakistani). Eppure la gente non è disposta a tornare ai
rapporti sociali di una volta. Questo perché riconosce lillibertà di quegli stessi
rapporti.
Michael Kalecki ( il celebre economista polacco che quando i comunisti ascesero al
potere verso la metà degli anni cinquanta ritornò in patria pieno dentusiasmo) si
rese conto con orrore di quanto venissero conculcate le libertà fondamentali. A chi gli
chiedeva come la Polonia procedesse sulla strada dal capitalismo al comunismo, Kalecki
rispondeva: "Siamo riusciti ad abbattere il capitalismo, ora non ci resta che
abbattere il feudalesimo".
E tuttavia, quando la letteratura economica affronta il tema "efficienza del
mercato" di regola essa accorda poca importanza al tema delle libertà e dei diritti.
Preferisce invece orientarsi al valore delle merci prodotte e ai benefici (o al
soddisfacimento dei bisogni) che esse determinano. Le teorie economiche del libero mercato
non sembrano tenere in gran conto i valori che trovarono eloquente espressione nella
richiesta di libertà, uguaglianza, fraternità avanzata dai rivoluzionari francesi. Le
grandi teorie preferiscono mettere in luce obiettivi come il "Pareto-Optimum",
ovvero la condizione in cui grazie alla concorrenza nessuno può più accrescere il
proprio benessere e il proprio utile, senza influenzare il benessere o lutile di un
altro. Per lanalisi economica questi modelli teoretici di efficienza ottimale sono
del tutto legittimi.

Ma a quale modello dobbiamo attingere se invece dellutile vogliamo ottimizzare le
libertà individuali?
Anche in questo caso si può parlare tranquillamente di efficienza: in un regime di
concorrenza nessuno può espandere illimitatamente la sua libertà e garantire al tempo
stesso la libertà di tutti gli altri. In tal senso i criteri fondamentali per misurare
lefficienza del mercato possono essere utili per considerare il tema delle libertà.
Daltra parte questi stessi criteri non dicono nulla sulla uguaglianza, in
particolare nulla sullequa distribuzione della libertà.
Una situazione quindi può essere del tutto ottimale dal punto di vista di Pareto -
ovvero, nessuno può più accrescere il proprio utile o la propria libertà senza incidere
sullutile e la libertà di un altro - e tuttavia rivelare enormi diseguaglianze dal
punto di vista della distribuzione delle libertà. In realtà il problema della
diseguaglianza si aggrava se al posto delle differenze di reddito consideriamo le
differenze nella distribuzione delle libertà.
Ciò dipende soprattutto da fatto che alle differenze di reddito si accompagnano
diverse possibilità di tradurre il reddito in libertà. Prendiamo ad esempio un disabile,
un malato, un vecchio o una persona altrimenti penalizzata: da una parte avrà problemi a
guadagnare un reddito decente, dallaltra potrà avere notevoli difficoltà a
trasformare il suo reddito nella libertà di vivere bene. Gli stessi motivi (per esempio
un handicap) che impediscono a qualcuno di ottenere un buon posto e un buon reddito,
possono incidere anche sullo sforzo per unaccettabile qualità della vita - anche a
parità di posto e di reddito con un altro lavoratore.
Per gestire disparità di questo tipo, lazione e il sussidio dello stato possono
rivestire un ruolo importante. Nella prassi però lobiettivo non potrà mai essere
lassoluta uguaglianza (che resta comunque irrealizzabile), ma sempre e solo la
limitazione delle più evidenti e imprescindibili diseguaglianze. Ciò non vale solo
quando i redditi siano particolarmente bassi, ma anche quando manchi o latiti
lassistenza medica o quando si verifichino altre evenienze che impediscono di
condurre unesistenza degna e pregiudicano la stima di sé. In questi casi altre
istituzioni sociali devono intervenire in aiuto del mercato: certo lo stato, ma anche
soggetti della società civile.
Daltronde i necessari provvedimenti istituzionali verranno presi quando le
relative esigenze abbiano sollecitato grande attenzione politica e sociale, e quando le
diseguaglianze e le situazioni dindigenza abbiano richiamato linteresse
pubblico e lesigenza dassistenza. Detto altrimenti: siamo in grado di
mobilitarci per la vita e il dolore del prossimo; ma la misura di questimpegno
dipende dalla discussione pubblica e dalla partecipazione politica.
Questo tipo di solidarietà ovvero la solidarietà come una forza che crea e
mantiene in vita istituzioni sociali può integrare il meccanismo del mercato sì
da contribuire a risolvere i più marcati problemi di povertà e diseguaglianza.
Fin qui per quanto riguarda la libertà, luguaglianza e la fratellanza in
generale. In seguito vorrei invece occuparmi di due problemi specifici che riguardano le
più evolute società ad economia di mercato del mondo: lassenza di un sistema di
assicurazione sanitaria negli Stati Uniti e lalta disoccupazione in Europa
occidentale. Entrambi i problemi mettono in rilievo, anche se in modi diversi, la
necessità di un maggiore impegno da parte della politica e della società: in ultima
analisi la necessità di una maggiore solidarietà.
La disoccupazione diffusa rivela lessenziale fallimento delle macroeconomie
europee. La perdita di reddito determinata dalla disoccupazione può anche venir
compensata in misura notevole da sussidi statali (come accade appunto in Europa
occidentale). Se lunico effetto della disoccupazione fosse la perdita di reddito i
danni per chi ne è colpito potrebbero quindi venire in gran parti neutralizzati in gran
parte dai suddetti sussidi (tralasciando per una volta il problema dei costi sociali per
il bilancio statale). Qualora però la disoccupazione provochi ulteriori conseguenze
penalizzanti sulla vita della gente, qualora cioè essa causi privazioni daltro
tipo, allora le misure di integrazione del reddito risultano insufficienti.

Ora, cè una ricca serie di prove a dimostrazione del fatto che, oltre alla
perdita di reddito, la disoccupazione provoca altre conseguenze di rilievo: problemi
psichici, perdita di motivazione, di capacità e di autostima, aumento delle malattie (o
addirittura casi di morte), disgregazione famigliare e sociale, acutizzarsi delle tensioni
razziali e del contrasto tra i sessi. Si può quindi affermare che la disoccupazione
vigente oggi in Europa rappresenti di per sé una fonte di ineguaglianze almeno
altrettanto grande che le sperequazioni di reddito.
Se ci limitassimo a considerare le ineguaglianze sul fronte del reddito, potremmo avere
limpressione che in Europa molto più che negli Stati Uniti si sia riusciti a
limitare le disuguaglianze e ad evitare le maggiori sperequazioni di reddito.
Effettivamente dal punto di vista del reddito in Europa cè una situazione migliore.
E ciò vale sia per il livello che per il trend delle diseguaglianze, come si deduce da
unaccurata indagine condotta per conto dellOcse da parte di Anthony
B.Atkinson, Lee Rainwater e Timothy Smeeding. Secondo questa ricerca i consueti indici di
diseguaglianza sono nel complesso più alti negli Stati Uniti che sulla riva europea
dellAtlantico, ma non solo: in America le differenze di reddito crescono ad un ritmo
maggiore della maggior parte dei paesi europei.
La disuguaglianza negli Usa è diversa da quella eruopea
Ma se noi dal reddito ci spostiamo a considerare la disoccupazione, il quadro si rivela
decisamente diverso. Al contrario che negli Stati Uniti, negli ultimi anni in vaste parti
dellEuropa occidentale la disoccupazione è aumentata drammaticamente e dal momento
che la disoccupazione influenza pesantemente la qualità della vita, questa circostanza
non può non incidere sullanalisi delle diseguaglianze economiche. Confrontando i
livelli di sperequazione del reddito gli europei possono certo dedurne un diritto
allautocompiacimento; ma è unimpressione che si dirada non appena ci si
presenti davanti agli occhi il quadro generale.
Evidentemente letica pubblica americana sopporta senza difficoltà il fatto che
chi vive in condizioni di ristrettezze e povertà riceva un grado di assistenza che al
tipico europeo occidentale cresciuto in uno stato sociale appare praticamente
inaccettabile. Ma per la stessa etica pubblica americana sarebbe assolutamente
insopportabile la disoccupazione a due cifre che caratterizza le economie europee.
Negli ultimi tempi negli Stati Uniti ci si è tornati a concentrare sulle
diseguaglianze tra i diversi gruppi etnici. Oggi si concorda sul fatto che dal punto di
vista del reddito gli afro-americani siano molto più poveri degli americani bianchi.
Questa differenza dal punto di vista del reddito viene spesso considerata un esempio di
relativa discriminazione sociale degli afro-americani allinterno degli Stati Uniti.
Ora, dal punto di vista del reddito gli afro-americani potranno essere molto più
ricchi di chi vive nei paesi del Terzo mondo, anche tenendo presente la differenza di
potere dacquisto. Se considerata sul piano internazionale la discriminazione dei
neri americani sembra quindi ridursi ad un dato privo di significato. Ma il reddito è
davvero un criterio adeguato per simili raffronti? Come la mettiamo con laspettativa
di raggiungere letà adulta senza morire di morte prematura?
Secondo questultimo criterio gli afro-americani maschi si ritrovano dietro i
cinesi pur infinitamente più poveri di loro, o dietro la popolazione maschile dello stato
indiano del Kerala; per non dire dello Sri Lanka, il Costa Rica, la Giamaica o tanti altri
paesi del Terzo mondo.
A questi dati molti contrappongono il fatto che la mortalità degli afro-americani
riguarda solo gli uomini e tra questi soprattutto i giovani: gli alti tassi di mortalità
sarebbero quindi da addebitarsi alla violenza particolarmente presente in questo segmento
di popolazione. Effettivamente tra i giovani neri molti casi di morte dipendono da atti di
violenza, ma questa non è ancora tutta la verità. Perché anche tra le donne nere gli
indici di mortalità, oltre ad essere molto più alti di quelli delle donne bianche degli
Stati Uniti, superano quelli delle donne indiane del Kerala. Laspettativa di vita di
una donna statunitense nera è quasi inferiore a quella di una donna cinese. Inoltre gli
afro-americani maschi continuano a perdere terreno rispetto ai cinesi e agli indiani; e
questo anche in fasce detà diverse da quelle giovanili, in cui spesso la violenza
è appunto la prima causa di morte.
Qui lEuropa, lì gli Stati Uniti: se consideriamo la possibilità di trovarsi un
lavoro e di godere dei benefici che ne derivano allora gli europei offrono un quadro assai
triste. Ma se invece ci concentriamo sullaspettativa di vita, il sistema americano
mostra delle evidenti diseguaglianze.
A monte di queste differenze e delle diverse priorità politiche che rappresentano
cè probabilmente, al di qua e al di là dellAtlantico, unidea
completamente diversa di cosa sia la responsabilità sociale e individuale.
Nella politica americana lesigenza di unassistenza medica di base per tutti
i cittadini ha un grado di priorità estremamente basso. Negli Stati Uniti molti milioni
di persone (secondo alcune stime più di 43 milioni) sono senza assicurazione. Una
situazione simile in Europa sarebbe politicamente impensabile, perché nel Vecchio
continente lassistenza medica è un diritto fondamentale del cittadino, a
prescindere dai suoi mezzi o dal suo stato di salute. Negli Stati Uniti le spese statali
per malati e poveri sono troppo esigue per rispondere alle aspettative europee. La stessa
cosa vale per la spesa a favore delle istituzioni pubbliche del sistema sanitario e
formativo: tutte spese che lo stato sociale europeo considera come unovvietà.
E daltra parte: nessun governo americano sopravviverebbe al raddoppio della
disoccupazione attuale, anche se le cifre dovessero restare al di sotto dellattuale
disoccupazione in Italia, Francia, Germania.
Evidentemente da questo punto di vista gli obiettivi politici in Europa e in America
sono del tutto diversi, il che rimanda a diverse forme di solidarietà sociale di
"fratellanza". La discussione dei problemi specifici che queste due economie di
mercato altamente sviluppate si trovano ad affrontare dovrebbe poter ampliare
ulteriormente leffetto sociale della solidarietà sia in Europa che negli Stati
Uniti.
Mentre per la maggior parte delle persone è ormai chiaro il significato sia della
libertà e della liberalità che delluguaglianza e della giustizia, non ci si è
ancora resi sufficientemente conto di quanto sia importante la fratellanza per una forma
di convivenza sociale degna delluomo
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