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La frana delle promesse


Lucia Annunziata

 

Questo articolo è apparso sul Corriere (www.corriere.it) del 17 dicembre

Le mancate ricostruzioni sono forse uno dei pochi elementi che confermano l'unità di questa nazione. Dal Belice al Piemonte, da Noto a Col Fiorito, da Foggia a Roma a Salerno e alla Versilia, la geografia della fragilità del territorio italiano - che si muove, trema, ribolle, frana in permanenza - è battuta solo dalla fragilità delle promesse dei politici di turno. La mancata attuazione di giuramenti pronunciati con molta leggerezza - quel «non vi lasceremo soli» - è una malattia nazionale che pare avere uno straordinario potere livellante e trasversale: si ritrova in tutte le fasi della nostra Repubblica, dagli anni del sottosviluppo a quelli del boom, accomuna il Nord come il Sud, e, infine, unisce l'Italia di ogni colore politico, di destra, di centro e di sinistra.

Non c'è un partito del nostro Paese che non abbia sulla coscienza una ricostruzione mancata. L'ultimo disastro che ieri in Campania ha fatto «solo» 4 morti conferma, diciannove mesi dopo la frana che uccise 137 persone, che nemmeno il governo dell'Ulivo a colore diessino è venuto meno a questa infallibile regola.

Detto questo, tuttavia, si è detto in qualche modo troppo poco. Se le ricostruzioni non fatte o finite in speculazioni peggiori delle stesse ricostruzioni sono tante, vuol dire anche che a questo punto non basta più la semplice denuncia nei confronti del ceto politico del momento.

La Campania, poi, è un classico esempio di come, a sparare sui politici, si finisce solo nel generico. In questo caso infatti confluiscono le responsabilità di tutti: Sarno è guidata da un sindaco di An, confermato a maggioranza nelle elezioni di questa primavera; dall'epoca del disastro, poi, la regione è passata, con un ribaltone rimasto famoso nelle cronache politiche, da destra a sinistra, mentre a livello nazionale al governo Prodi si è avvicendato il governo D'Alema. Ma nulla è cambiato. + solo una questione di indifferenza, di lontananza dei politici, di corruzione, forse?

Lo è, ma in un senso molto particolare.

La principale difficoltà delle ricostruzioni non nasce dalla mancanza di denaro: anzi, in genere quello arriva molto presto. Ce n'è infatti per Sarno, così come per le Marche. Tuttavia, questi fondi, una volta stanziati, sembrano non trovare la via per fluire nei posti giusti. Un esempio: il primo passo di una vittima spesso, in questi casi, è di provare di essere tale, di certificare cioè di avere avuto un danno, di dimostrarne l'entità, di motivare la richiesta che viene fatta di risarcimento e così via. Per quel che riguarda invece gli appalti si tratta di produrre certificazioni delle ditte, e progetti da parte dei Comuni. In pratica tutto questo significa per il cittadino molti viaggi alla ricerca di informazioni, di doppie certificazioni, a volte di documenti che sono stati distrutti nella catastrofe stessa: per i Comuni o le aziende significa l'inesauribile attesa di riunioni nazionali, regionali, e - se nel bel mezzo c'è qualche ribaltone come è successo appunto in Campania - il ricominciare daccapo.

Molti di questi controlli sono ovviamente necessari, e nominalmente infatti sono dettati dalla necessità di assicurare una trasparenza dell'uso dei fondi pubblici, in particolare in zone del Sud dove c'è molta malavita. Ma nella realtà l'intreccio di competenze è tale, le richieste legali sono tante e così contraddittorie da generare l'effetto contrario. Stretti fra ordinanze e ignoranza, spesso i cittadini alzano le mani e si rifugiano o nella passività o nella raccomandazione; e le istituzioni locali, incastrate fra controlli, carte e voti di maggioranze che cambiano in continuazione, si espongono ad adottare soluzioni che tutto sono meno che efficienti o trasparenti. E' la leggendaria burocrazia italiana, all'ombra della quale continuano a fiorire paradossi: ad esempio, due miliardi raccolti all'epoca della frana dal Corriere della Sera e dal Tg1 ancora non sono stati «spesi» (arrivano solo in questi giorn i i primi progetti concreti delle amministrazioni locali), mentre il fango torna ad allagare le strade di Sarno.

 

 

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