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Bill T. Jones: The Breathing Show

Josè Luis Sanchez-Martin


"La parola persiana che significa giardino è Paradiso. Stiamo costruendo il Paradiso. Scavando (entrando con forza e togliendo quel che c'è), Piantando (mettendo dentro con precisione e assemblando), Innaffiando (dando da bere), Togliendo le erbacce (strappando ciò che è indesiderato), Guardando, Pensando, Ricordando." Con queste sue parole, cantate col carisma della sua voce potente, piena della lirica e commosa intensità del blues, danzate con la purezza vibrante del suo stile elegante, il coreografo e danzatore americano Bill T. Jones, una delle più importanti e irrequiete personalità della danza contemporanea, ci svela la metafora portante della sua ultima produzione, l'assolo "The Breathing Show", presentato recentemente a Roma in prima europea.

Dice Jones: "Il poeta Rilke ha scritto che noi costruiamo un giardino, che è il nostro mondo, secondo la nostra volontà, ma proprio quando cominciamo a capire ciò che abbiamo costruito allora lo dobbiamo abbandonare. Il mio proposito non è quello di illustrare i versi di Rilke ma di trarne una metafora su quello che è stato il mio sforzo di coreografo e di ballerino per più di vent'anni, perche il lavoro quotidiano di mantenere il corpo in forma, la forza, la flessibilità, è un po' simile a quello di fare del giardinaggio."

Nero, apertamente gay e sieropositivo, in passato Jones è partito da questa sua condizione di totale "diversità" per combattere, senza compromessi, le convenzioni, i conformismi e i luoghi comuni, parlando in modo imprevedibilmente provocatorio di razza, sesso, religione, morte. Forse perchè questa sua condizione non ha oggi la stessa carica trasgressiva, "The Breathing Show", che potrebbe essere tradotto come "Jones si prende un respiro", sembra segnare invece una svolta verso una posizione meno aggressiva e più meditativa, una riflessione sul proprio percorso, sull'evoluzione del suo personale vocabolario del movimento, sulla particolarità del suo stile.

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Infatti "parla di quello che io ritengo sia bello nella mia danza. Molte persone che hanno visto questo lavoro mi chiedono dove è finita la mia rabbia, io rispondo che di rabbia ne ho tanta, ma in questo momento non la riverso nel mio lavoro. Sono in un'ottima condizione fisica, tuttavia non ho lo stesso desiderio di esplodere che una volta provavo come danzatore. Ho amore per cose più piccole. Guardandomi indietro, ho avuto la sensazione di aver costantemente mandato il mondo a farsi fottere; adesso sento che il fare arte deve sì mandare a quel paese il mondo ma deve essere anche qualcosa che abbraccia, incoraggia, porta pace; tra l'altro idee molto pericolose per una persona che, come me, si è sempre vista come radicale."

Lo spettacolo di Jones, che si svolge in un'ambiente bianco, semplice e rigoroso, è composto da tre assoli di danza frammezzati da due proiezioni su di un grande schermo sullo sfondo. Si inizia con "Some Schubert's Songs" ("sono molto attratto dai musicisti romantici che parlano col cuore in mano e compongono con poca ironia e nobili idee...trovo rifugio in questa musica"), seguito dalla proiezione di "Ghostcatching", video virtuale realizzato con sofisticate tecnologie che hanno ridotto il corpo di Jones a un insieme di poche linee ("eravamo interessati a capire che cosa sarebbe rimasto se a Jones fossero stati tolti il corpo e la personalità").

La seconda parte danzata, "TBA (sic)", è il risultato di una rielaborazione dei suoi primi assoli e di lavori più recenti, e si svolge su brani del jazzista Thelonius Monk ("prendeva una piccola frase e la riproduceva all'infinito apportando semplicemente qualche variazione; io ho cercato di assecondare questo formalismo con il mio corpo"), su di una "Ionizzazione" di Edgar Varese ("il mio sforzo è stato quello di concentrare il vocabolario in micro isolamenti, di muovere in contemporanea più parti possibili nel tentativo di riflettere la complessità delle percussioni") e infine, con una sorta di gioco chiamato "Ghost in the Machine", su di un brano scelto a caso secondo un numero suggerito da uno spettatore che Jones deve assecondare improvvisando, seguendo i repentini e automatici cambiamenti di brano. Questa sezione si chiude sulle canzoni originali di Daniel Roumain alle quali ci riferivamo in apertura ("Gardening" e "Garden Song").

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Dopo la proiezione di un filmato volutamente semplice e naif ("The Garden"), che è un ritratto di Jones attraverso le immagini del suo giardino, ha inizio la sezione conclusiva, summa della poetica dello spettacolo e del suo stile, "Gardening in the Age of Anxiety", un emozionante e cristallino assolo sullo straordinario adagio del quartetto K. 563 di Mozart ("è molto radicale per me...mi auguro venga visto come io lo vivo, come una liberazione nella bellezza, che si avvicini allo spirito dell'adagio di Mozart, molto semplice ma anche molto profondo...è la danza più onesta che sono in grado di eseguire").

"The Breathing Show", per le sue premesse, per lo spirito con cui è stato concepito e con cui viene proposto, dà l'idea del brillante e consapevole testamento di un maestro che non ha però intenzioni di fermarsi, che ha raccolto e inventariato i frutti e i fiori sbocciati in più di vent'anni di esperienza e ricerca, di giardinaggio nella vita come nella danza, che e sa che questo è ciò che può lasciare in eredità oggi. Le sue riflessioni sul futuro e i progetti in cantiere, come quello per il 2000 che lo vede già impegnato a Bologna con l'intera compagnia, ci fanno sperare nei frutti della sua prossima stagione.

Sulle domande che tanto sembrano assillare i coreografi contemporanei, relative al futuro ma anche al passato della danza, Jones sembra avere le idee molto chiare e si esprime in modo semplice: "Recentemente una giornalista mi ha riferito che secondo Carla Fracci il mondo della danza deve tornare al classico, alla sua tradizione. Ho un grande rispetto per la Fracci ma quella di cui lei parla non è la mia tradizione. Per cui se dico 'torno indietro', verso dove sto tornando? verso dove devo andare?. Questa è il divario che ci separa nel modo di intendere ciò che è successo nella danza negli ultimi cento anni. Infatti sono molto orgoglioso della danza contemporanea, nel senso che è stata un continuo evolvere e sviluppare 'qualcosa' e allo stesso tempo muoversi costantemente verso 'qualcos'altro'. E il cuore è stato l'interesse nei confronti delle potenzialità del corpo, addirittura molto oltre le premesse filosofiche, politiche o sociali."

"A un danzatore io non posso imporre nè la mia mitologia nè la mia psicologia, gli devo dare il movimento, un movimento sofisticato e provocatore. Credo che questo sia il più grande contributo fornito dalle danze d'avanguardia. Prima viene la forma, ancor prima forse dello stile o della tecnica, e poi l'esecutore è invitato a parlare attraverso questa forma. Se alle persone viene consentito di parlare onestamente diranno grandi cose. Parleranno di Paura, Amore, Morte, Dio, Razza. Parleranno di questi grandi temi se viene dato loro il veicolo giusto, il che significa dare loro i movimenti giusti da eseguire."

 

 

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