Costruire
le agora per trasformare lateniese
Alessandro Genovesi
Lintervento di Giuliana Olcese non merita di essere classificato
in maniera semplicistica in quella pubblicistica degli integrati,
che scoprono il valore salvifico delle rete "finalizzando"
un mezzo e cadendo nella trappola della "democrazia dei bit
che sostituisce quella degli atomi " ( Negroponte in "The
power of bit" ). Non lo merita nonostante forse lenfasi
eccessiva che pone sulle reali capacità di uno strumento ancora
oggi in mano di pochi e con diverse barriere culturali di utilizzo;
non lo merita perché le aspettative che rigetta sulluso della
rete sono conseguenza di una serie di analisi e di affermazioni
assai corrette sulla degenerazione dei linguaggi politici e dellutilizzo
dei simboli in chiave piu comunicativa che politica ( nel
senso di costruzione di una "psiche" collettiva sulla
gestione e programmazione della res publica ) . Credo che allora,
per stare dentro il profilo corretto del dibattito ogni nostra riflessione
che nasce dalla lettura della Olcese debba partire da qui.
Propongo solo poche riflessioni
che però cercano di validare la seguente tesi: le enormi trasformazioni
della produzione legata alla piu grande valanga tecnologica
della storia delluomo spostando le coordinate della percezione
spazio temporale del lavoro e del sociale su altre coordinate generano
anche nuove forme e nuove tensioni della comunicazione e la politica,
intesa come processo riformatore deve, se vuole ancora avere funzione
di sintesi, ridislocarsi sui nuovi sentieri.
Insomma se le nuove tecnologie
hanno prodotto un lavoro e una vita dei tempi diversa ( lavori piu
flessibili, piu formazione lungo larco della vita, rottura
dei tempi classici di godimento del riposo ) caratterizzati da una
doppia percezione dello spazio (la comunità locale e il mondo intero
), la politica deve dotarsi di una capacità di essere dentro le
nuove dimensioni: quella internazionale e quella locale, spostandosi
( avvicinandosi quindi ) a questi livelli.
E le nuove tecnologie, motore
di tale trasformazione dei tempi sono allora motore possibile della
identica ridislocazione del fare politica. Dico del fare e non dellessere
perché occorre distinguere tra lo strumento che pone anche trasformazioni
simboliche dei linguaggi e della comunicazione politica dal "concetto",
da quellidea , bene espressa da Kevin Kelly nel libro "Nuove
regole per un nuovo mondo" Ed. Ponte alle Grazie, che definisce
la politica come mantenimento di un tentativo di ricondurre a uno
tutti i diversi imput dei poteri, attraverso il controllo dello
"sciame" ( immagine suggestive di uno Stato inteso come
comunità e non solo come istituzione ).
Io credo infatti che pur
condividendo un giudizio di tendenza ad un appiattimento della politica
ai mass media, dobbiamo reclamare la "purezza" dellintervento
politico, quella fase dialettica che pure ricorda la Olcese, e allora
diviene rischioso appellarsi "solamente" alle capacità
taumaturgiche della rete.
La rete è un mezzo per far
vivere la democrazia, ed è forse ad oggi il mezzo piu potente
perché ricrea nella discontinuità quelle caratteristiche di possibile
ordine ( poche cose sono ordinate come una mailing list , ben organizzata
) di cui oggi, la politica e in maniera particolare la sinistra
ha bisogno.
Ha bisogno perché con la
fine del "verticalismo fordista" ( che era verticalismo
nel produrre la fabbrica era la forza della produzione ma
anche della trasmissione di idee e parole dordine del movimento
operaio verticalismo nella comunicazione con la predilezione
della stampa diffusa e del quotidiano politico il testo meno multimediale
e piu gerarchico tra quelli mai creati , ancor piu della
tradizione orale verticalismo dei tempi con un periodo
fatto per studiare, un atro per lavorare, un altro ancora per diverstirsi
) viene meno anche la cultura della propaganda finora tipica dei
partiti di massa e molte teorie dellorganizzazione scricchiolano.
Con conseguenze enormi per il nostro paese che con la Carta Costituzionale
aveva fatto dei partiti di massa e della loro organizzazione del
consenso un punto cardine del sistema.
Allora la rete può
essere uno strumento che riconette cittadini e politica, elimina
le differenze fisiche per proporre quelle culturali e politiche,
ma a patto che dietro ( ecco la vera discriminante che segnalo alla
autrice dellintervento ) vi siano chiare politiche di ampliamento
e vitalizzazione della rete.
Si può e si deve puntare
ad ampliare gli strumenti di discussione, ancor piu quelli
orizzontali che ricreano tessuto comune, per farlo occorre però
allora che si tengano insieme ( e del resto sarebbe inconcepibile
non farlo ) desiderio di ricostruzione di partecipazione e di cittadinanza
con politiche attive per le reti: insomma non solo nuove tecnologie
come possibilità di incontro, ma anche nuove tecnologie come materia
di incontro.
Allora politiche che incentivino
unalfabetizzazione di massa, che attrezzino il territorio
con postazione pubbliche, che sviluppino lo spirito cooperativo
della rete a partire dalla messa in Internet delle diverse esperienze
e associazioni.
Insomma se nuove "agorà"
vanno costruite e dico vanno perché oramai laccesso alle informazioni
e ai servizi - e quindi le relative esclusione - passano sempre
piu per la rete, bisogna che tutti sappiano dove è questa
piazza, che cittadini consapevoli abbiamo la pazienza e la voglia
di aspettare altri e di aiutarli a "trovare la strada per la
piazza", occorre costruire piu strade possibili perché
la gente vi possa accedere. Questo sarebbe un modo concreto per
far vivere la comunità locale con un occhio interessato sul mondo.
Solo premesso ciò, lavorando
perché ciò si realizza ha senso parlare di nuova democrazia in rete,
di contro poteri e nuove forme di "concertazione" di scelte
da parte di tutti. Solo dentro questa cornice potremmo allora riflettere
anche sul ruolo del politico che riadatta linguaggi e idee, perché
la politica non sempre crea nuove parole, spesso si adegua a quelle
esistenti e allora " lautoritas" passa in mano ai
creatori di nuovi simboli e la cosa è anche accettabile, se però,
parafrasando la filosofia di linux , tutti ne sono un po creatori
o si permetta almeno al maggior numero possibile di cittadini di
esserne partecipi.
Quanto poi ciò possa incidere
sulla riorganizzazione delle istituzioni e piu in generale
sulla definizione di nuove pratiche di potere diviene relativo,
ciò viene posto in condizione di subordinazione rispetto ai molti
o pochi con cui si interagisce, con la qualità e lo spirito critico
di essi ecc.
Con unultima precauzione
che non si possono svuotare piazze, magari anche mezze vuote, per
obbligare tutti a stare poi in unaltra. Questo lo si deve
chiedere a chi ha linteresse ( nel senso di voluptas e di
rapporto economico fiduciario ) di esserci non chi ha il diritto
di partecipare.
Alessandro Genovesi,
Dip, Diritti di Cittadinanza
CGIL nazionale e vice presidente dellAutonomia tematica e
telematica dei Democratici di Sinistra- Network-g
e-mail: a.genovesi@democraticidisinistra.it
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