Potete trovare il testo
completo della mozione congressuale all'interno del sito dei Ds (www.democraticidisinistra.it)
La sinistra Ds discute la propria mozione congressuale ed invita a
parlarne firmatari e non firmatari. In un dibattito svoltosi sabato 30 ottobre a Roma,
hanno parlato sia alcuni promotori del documento, Antonio Cantaro, Gloria Buffo ed Anna
Finocchiaro, sia, con sfumature ed angolazioni critiche diverse, il direttore di
"Reset" Giancarlo Bosetti, il fondatore del "manifesto" Valentino
Parlato ed il deputato europeo Bruno Trentin.
"La nostra mozione - ha esordito Cantaro - ha come obbiettivi la
ricostruzione di un partito della sinistra, della coalizione riformatrice, e la
ridefinizione dei rapporti con il socialismo europeo. Se è assai positivo il fatto che
nei Ds si sia cominciato a discutere dell'identità, è invece assai preoccupante il fatto
che noi veniamo etichettati come nostalgici del passato, quando nella mozione non
ricorrono mai nè il termine comunista, nè il nome del Pci, e ciò perché non sarà il
passato il tema del prossimo congresso!"
Un'altra firmataria del documento, Gloria Buffo, ha affermato: "Mi
preoccupa molto il fatto che, da quando la nostra mozione è stata presentata, qualcuno ha
cominciato a dire che le discussioni interne danneggiano il governo, altri hanno detto che
si possono far valere le proprie opinioni solo aggregandosi alla dirigenza del partito.
Posizioni come queste sono il segno che nei Ds discutere è ancora molto difficile, mentre
noi vogliamo una democrazia delle responsabilità in cui ognuno possa far valere il
proprio punto di vista".
Quanto all'idea di una sinistra dei valori, lanciata da Veltroni, la
Buffo si dice d'accordo. "Come si fa, però, a combattere la povertà e la fame se
non si agisce sulle condizioni che le determinano? E mi pare che Veltroni ignori tale
passaggio! Può esistere - s'è chiesta ancora la Buffo - una sinistra dei valori
socialmente indistinta, che cioè non metta in questione le grandi tematiche del lavoro e
delle libertà?"

Anna Finocchiaro, ex ministro e ora presidente della Commissione
Giustizia della Camera, ha sottolineato la gravità dell'accusa rivolta alla sinistra Ds
di essere nostalgica e conservatrice. "Vogliamo capire come oggi si debbano
ridefinire il lavoro e i suoi diritti, vogliamo ridiscutere dello Stato sociale, che
adesso è più una gabbia di tutele che una garanzia di libertà e opportunità. E poi,
auspichiamo un partito come luogo ove si possa discutere e polemizzare, ed una sinistra
che marchi in modo ben più netto di come ora accade le proprie differenze rispetto alle
destre".
Fra i non firmatari, Giancarlo Bosetti ha espresso simpatia per la
mozione, denunciando la propria insoddisfazione nei confronti di una leadership del
centro-sinistra che, forse per far dimenticare il vecchio ed onnicomprensivo paternalismo
comunista, ha un linguaggio arido e autoreferenziale, e non si preoccupa di comunicare con
i propri elettori.
Ciò - secondo Bosetti - è assai grave in un mondo come quello attuale
in cui "la crisi della famiglia e il tramonto delle ideologie lasciano l'individuo
più solo e dunque più determinato a chiedere alla politica di rappresentarlo, tutelarlo,
entusiasmarlo e quasi 'proteggerlo'. La sinistra francese, e soprattutto quella inglese,
hanno capito questa esigenza, mentre i dirigenti italiani, con le sole eccezioni di Amato
e Cofferati, non vogliono intenderla".

Più critici Valentino Parlato ("più che una mozione, questo
sembra un emendamento per nulla alternativo rispetto alle tesi del segretario") e
Bruno Trentin. Quest'ultimo, dopo aver criticato la posizione della sinistra Ds sulla
guerra in Kosovo ("in attesa di un mondo migliore, non si poteva lasciar le cose come
stavano, con i massacri in corso"), ha sottolineato l'esigenza di fare i conti col
passato comunista "per costruire il presente".
Secondo l'ex segretario della Cgil, l'affermazione di Veltroni sull'incompatibilità
fra libertà e comunismo "non tiene conto dei travagli attraversati dal movimento
comunista e dei suoi momenti di grandezza". Trentin ha citato, a tale proposito, la
vicenda di Gramsci, l'esperienza di Di Vittorio e lo "strappo" di Berlinguer. Ed
ha concluso: "Si rischia, con tesi come quella di Veltroni, di gettare via il bambino
per tenersi parte dell'acqua sporca: è necessario, insomma, pensare alla nostra storia ed
evitare di dire che il partito è nato nell'89, se non vogliamo pagare il prezzo tragico
di una rimozione!".