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pubblicato Io Donna del 30 ottobre
Per Oren Berlino e il paradiso degli architetti, per Sheryl una
citta che sa amare gli artisti, per Ari semplicemente Europa: il posto migliore per
far conoscere la musica che compone. Inna ci vive da due anni, e giovane, parla un
tedesco quasi perfetto, ma la cadenza troppo dolce le ricordera per sempre che viene
da una valle degli Urali; quando scese alla stazione dello Zoo, Jakob era invece troppo
vecchio per aver voglia di rifarsi una vita: non va oltre il Guten Tag e solo
quando nomina Odessa i suoi occhi scuri dicono tutto quello che occorre. Giovani e vecchi,
artisti e disoccupati, americani, russi e ucraini; nomi propri e storie comuni per una
morale davvero speciale: a Berlino sono tornati gli ebrei.

La nuova capitale tedesca ha fretta di chiudere il secolo, entrare nel
Duemila, riiniziare da capo. O meglio: da settantanni fa, quando New York era ancora
un altro mondo e Berlino era lepicentro di una modernita che sembrava non
dover avere mai fine. Le tele di Georg Grosz gia vedevano il ghigno della storia
dietro leuforia della cronaca, ma era appena un accenno: i colori prendevano poi il
sopravvento e confondevano visi, merci, parole, i grandi magazzini Wertheim, la musica di
Kurt Weill, il labirinto di rotaie di Potsdamer Platz che gia meritava il titolo di
"centro piu trafficato dEuropa". E la Berlino dei ruggenti
anni Venti ed e soprattutto una metropoli ebraica.
Chi dice 160mila, chi 200mila: in quegli anni gli ebrei sono tanti e
alla sinagoga hanno ormai sostituito i teatri, i giornali, le accademie, le banche, il
cinema che proprio a Berlino con Lubitsch e Pabst si scopre un futuro da settima arte. E
gli ebrei di Berlino sono soprattutto tedeschi: il sionismo e un movimento marginale
e Walther Rathenau rappresenta la stragrande maggioranza dei suoi correligionari quando
dichiara di non avere altro sangue che quello tedesco, altro patria che la
Germania. Diverra ministro degli esteri, ma con il suo assassinio si
comincera a capire che i conti sono destinati a non tornare.
Dopo la Shoah sono stati quarantanni di gelo, con la
comunita ridotta allosso e i suoi seimila membri che non riuscivano a
liberarsi della "sindrome della valigia" per cui si vive, si lavora, ma si
e sempre pronti ad andarsene. Cosi una generazione ha organizzato la propria
esistenza sottotraccia, coltivando la memoria delle vittime senza mai dare troppo
nellocchio, avvertendo attorno il disagio di chi in ogni ebreo vivo vedeva
laccusa di sei milioni di morti. Ora, a dieci anni dal crollo del Muro, basta un
dato a capire quanto tutto sia cambiato: dopo Israele la Germania e il paese al
mondo col piu alto tasso di incremento di popolazione ebraica. E in Germania e
proprio Berlino a far la parte del leone, la meta piu ambita di chi sceglie di
tornare in Europa o di approdare in Occidente dal caos sociale ed economico dellex
Unione sovietica.

Berlino e di nuovo presente sulla mappa delle citta
ebraiche, dice Andreas Nachama, berlinese di nascita, greco di famiglia, figlio di
un mitico cantore di sinagoga e attuale presidente della comunita: In dieci
anni -aggiunge- siamo passati da seimila a undicimila membri ufficialmente iscritti alla
Jüdische Gemeinde, a cui vanno aggiunti mille iscritti a unassociazione parallela e
altri ebrei che preferiscono unappartenenza meno ufficiale. In tutto a Berlino
vivono ormai almeno quindicimila ebrei. Ce chi dice addirittura
ventimila: niente in confronto allinizio del secolo, una cifra impensabile nei
lunghi anni del dopoguerra. E soprattutto una cifra che fa massa critica, garantisce
visibilita, contribuisce a plasmare il volto della nuova capitale tedesca.
Parallelamente allitinerario del ricordo, a Berlino va infatti
crescendo una rete di luoghi da frequentare senza paura, di locali che presentano
lebraismo comera, e, avrebbe potuto essere se nella Germania di
sessantanni fa non si fosse spalancato labisso dellOlocausto. Qualcuno
lo chiama folklore e storce il naso, qualcuno pensa che cosi si vuol colmare
unassenza che invece dovrebbe restare tale, certo e che i tedeschi, abituati a
pensare agli ebrei come a un irrisolto e irrisolvibile problema di coscienza, cominciano a
gustarne con sollievo la cucina, a ballarne la musica, piu di qualcuno a
frequentarne le scuole e impararne la lingua.
E come prima della guerra Berlino diventa teatro di ebraismi molto
diversi tra loro: in Sophiestrasse, accanto a Jazz Radio 101, alla galleria Contemporary
fine arts, e allagenzia Players, ce ad esempio Barcomi, il
locale dellebraismo yankee che con i suoi bagels al salmone e ormai un cult
delle serate allo Scheunenviertel, lantico quartiere ebraico della citta. E
oltre a Barcomi, la cucina mediorientale di Rimon, le sale ovattate di Oren accanto alla
Nuova Sinagoga, lo Hackesches Hof Theater che in un mese arriva a presentare anche dodici
diversi gruppi di musica e teatro yiddish. Mark Aizikowitcz, attore ucraino che ricorda
come un fratello il nostro Moni Ovadia, qui con il klezmer e diventato una piccola
star: I tedeschi -sostiene- oggi ci amano. Ma lamore e un sentimento
pericoloso, troppo vicino allodio: ci vorrebbe un po piu di
normalita nel rapporto tra le nostre due culture.
Normalita, normalita... quante generazioni dovranno
passare? In fondo e perche la storia pesa ancora che il governo tedesco
garantisce libero accesso, diritto di soggiorno e assistenza sociale agli ebrei
provenienti dallex Unione sovietica. Di normalita non parla neanche Joel Levy,
che a Berlino guida la Lauder Foundation per la salvaguardia della cultura ebraica e che
con una battuta coglie tensioni e limiti del rapporto tra ebrei e tedeschi: Le
premesse certo sono buone ma tutto e ancora troppo forzato per essere normale. Sa
come si riconosce un ebreo da un tedesco? Che a uno piace la musica klezmer. E non e
lebreo.
Non parliamo di normalita allora, chiamiamola presenza: da un
anno, a pochi metri da Potsdamer Platz, ha aperto lunica sede europea
dellAmerican Jeewish Committee, potente lobby per i diritti umani che conta 75000
aderenti e 32 sedi negli Usa; nel 2000 verra inaugurato il nuovo Museo ebraico di
Daniel Liebeskind, che gia oggi e una delle attrazioni architettoniche della
citta e che da un anno e mezzo e guidato da Michael Blumenthal, classe 1926,
fuga da Berlino nel 1939, ritorno a fine 97; tre anni fa e ritornato anche
Heinz Bergruen, uno dei piu celebri galleristi parigini, che da Berlino scappo
nel 36 e alla sua citta ha ora affidato i pezzi migliori della sua collezione
personale (Picasso, Klee, Cezanne, Braque
in mostra permanente accanto al Castello
di Charlottenburg); e ancora: a presiedere la prussianissima Akademie der Kuenste e
stato chiamato lo scrittore ebreo-ungherese György Konrad, a guidare lAmerican
Academy e ora Gary Smith, filosofo ebreo-americano di famiglia berlinese.

Tra tante personalita e istituzioni unefficientissima
scuola: 250 allievi alle elementari, 250 alle superiori che seguono il classico cursus
tedesco e in piu imparano lebraico, mangiano kosher, studiano il talmud. Come
per la musica klezmer, anche qui gli allievi migliori sono tedeschi non ebrei che i
genitori mandano alla Jüdische Schule per slancio ecumenico, sensi di colpa o
semplicemente perche questa e la scuola piu vicina a casa: E
piu la motivazione e banale - sostiene ancora Nachama - piu e
importante. Perche vuol dire che siamo davvero al punto di non ritorno e che gli
ebrei vengono sentiti dalla citta come una presenza radicata e scontata.
Vergangenheitsbewältigung la chiamano i tedeschi:
il vocabolo e ostico, il concetto pure. Significa "elaborazione del
passato" ed e il lavoro personale e culturale con cui una nazione e
approdata alla faticosa normalita dei nostri giorni, un lavoro che solo a Berlino
e testimoniato da 25 memorials alla deportazione ebraica (fonte: Jewish Berlin,
Goldapple Publishing 1998). Eppure il passato fa ancora discutere, tanto che ci sono
voluti dieci anni per decidere se, come, quando erigere il grande monumento alle vittime
dellOlocausto che sorgera alle spalle della Porta di Brandeburgo. Ora il
Parlamento ha dato lagognato e definitivo via libera, ma al cronista che provi a
sollecitare reazioni gli ebrei berlinesi rispondono con alzate di spalle e sorrisi di
sufficienza: ce chi dice che e stata una prova meschina, chi che la
discussione e arrivata con quarantanni di ritardo. La storia nel frattempo
sembra aver scelto altre strade per cicatrizzare le sue ferite.