Che ne è della filosofia nel Novecento?
Come già accadde nel secolo scorso, più volte e da più versanti ne è stata annunciata
la morte. Gli ultimi maîtres à penser dichiarano la sua inutilità,
lincapacità essenziale di corrispondere alla propria vocazione metafisica. La crisi
dei fondamenti e delle ideologie, sostengono, ne ha decretato limpossibilità di
principio. Prendete la filosofia per quello che è, una forma di letteratura, consiglia
lultima leva di postmodernisti, neopragmatisti, poststrutturalisti. Su entrambe le
sponde delloceano sembra non esserci più spazio per chi ritiene ancora che
linterrogazione filosofica possegga un proprio status, che vi sia qualcosa da
domandare attorno allessere e alla conoscenza, al bene ed al linguaggio.
Ma, ci chiediamo, è davvero il nostro secolo quello nel quale si conclude il cammino
della filosofia intera? Lesperienza teoretica, quellesperienza della
verità iniziata nel mondo greco oltre duemilacinquecento anni fa, è giunta
effettivamente alla propria fine? Ci troveremo un giorno a sorridere della filosofia,
così come oggi accade con lalchimia e col suo sapere ormai lontano e vuoto?
Su questo, Caffè Europa ha deciso di sentire due voci significative, e per
molti aspetti contrapposte, del panorama della filosofia italiana contemporanea. Tradendo
così la consuetudine di questa rubrica sul meglio del secolo, che ascolta
usualmente un testimone alla volta, abbiamo chiesto a Diego Marconi e a Carlo Sini - che
insegnano, rispettivamente, Filosofia del linguaggio allUniversità del Piemonte
Orientale e Filosofia teoretica alla Statale di Milano - di gettare uno sguardo sugli
ultimi cento anni della filosofia. Rappresentanti delle due correnti principali del
pensiero filosofico di fine millennio, la scuola analitica e quella continentale, hanno
risposto come segue.

Quale indicherebbe come lopera filosofica maggiormente significativa del
900?
"Indicherei La crisi delle scienze europee e la filosofia trascendentale di
Husserl per vari motivi" risponde Sini. "Anzitutto questopera incompiuta
suggella il cammino della fenomenologia, che è limpresa filosofica più ampia, più
profonda e durevole del nostro secolo. In essa poi si compendia e si decanta il cammino
personale di Husserl, attingendo alcuni esiti decisivi che ritengo acquisiti per sempre
dalla filosofia (come la rivoluzione copernicana di Kant o la dialettica di Hegel). Infine
la Krisis, e in generale tutto il progetto della fenomenologia, raccolto nel corpus
sterminato dei manoscritti di Husserl, la cui conoscenza è ancora in fieri,
costituiscono lunica proposta e risposta schiettamente positiva al
generale nichilismo che ha invaso la vita e la cultura europee".

E secondo lei, professor Marconi, qual è lopera filosofica più significativa
del secolo che si sta chiudendo?
"Bisogna intendersi: il libro maggiormente significativo per la filosofia del
900 o per noi oggi? Ci sono libri oggi assai poco letti la cui influenza sulla
filosofia del 900 è stata immensa, come il Saggio sui dati immediati della
coscienza di Bergson o i Principi di psicologia di William James. Ci sono libri
che sono stati molto noti e molto letti, come lEstetica di Croce, Il
tramonto dellOccidente di Spengler o Lessere e il nulla di Sartre,
che oggi vengono ricordati con distacco, o addirittura con qualche imbarazzo. Stando al Philosophers
Index, il filosofo contemporaneo più citato nella letteratura professionale (almeno
nella seconda metà del secolo) è Heidegger (3529), subito seguito da Wittgenstein (3285)
e poi da Husserl (2299), da Russell (1694) e da Quine, primo dei viventi (1485). Facendo
una specie di media, del tutto soggettiva, tra influenza culturale, pregi intrinseci e
durata prevedibile nel prossimo futuro, nominerei quattro libri: Essere e tempo di
Heidegger, le Ricerche filosofiche di Wittgenstein, Parola e oggetto di
Quine e Nome e necessità di Kripke. Scelgo di parlare delle Ricerche
filosofiche perché è quello che conosco meglio, perché il suo rilievo mi sembra
fuori discussione, e per affinità personale."
In che modo la Krisis di Husserl e le Ricerche wittgensteiniane segnano
una discontinuità rispetto alla filosofia precedente?
"Con le Ricerche" continua Marconi "Wittgenstein ha fatto molte
cose: ha inventato (e praticato) una nuova concezione della filosofia, che comporta tra
laltro un tipo di scrittura filosofica del tutto nuovo; ha criticato a fondo la
metafisica, cioè la confusione tra ricerche fattuali (sul mondo) e ricerche concettuali
(su come parliamo del mondo); ha mostrato che tra una comunità umana e il suo sapere
cè un rapporto di fondazione reciproca; ha ricondotto il pensiero al
linguaggio."
Sini - che fu allievo di Enzo Paci, grande interprete di Husserl in Italia - ritiene
che "la discontinuità è da cogliersi nellatteggiamento
anti-intellettualistico di Husserl, così radicato da rimettere in questione e in gioco
lintero arco dei saperi tradizionali. In tal modo, la fenomenologia, e la Krisis
in particolare, rivivono nel modo più genuino lintenzionalità filosofica delle
origini, labito socratico, ovvero ciò che io chiamo letica del
pensiero. Ma per altro verso la fenomenologia disegna un nuovo modo di esercitare la
teoria, di fare cioè del pensiero un esercizio, una prassi teorica, fornendo
un modello costruttivo non alla filosofia soltanto, ma a tutte le scienze."

Ma in che modo hanno effettivamente influenzato il modo di fare filosofia del
900?
Per Sini, "basterebbe ricordare che la fenomenologia ha influenzato da un lato le
ricerche logiche di tendenza neopositivistica e dallaltro ha determinato, o
partorito dal suo seno, lesistenzialismo e lermeneutica. Ma bisogna poi
aggiungere linfluenza vasta e perdurante sulla psicologia, la psichiatria, la
sociologia, lantropologia, lestetica e la pratica artistica. In particolare la
Krisis ha poi imposto alla filosofia il metodo della ricostruzione genetica e la
consapevolezza delle operazioni fondanti come terreno ultimo di senso del fare
filosofico."
Tra i molti temi che si potrebbero affrontare, Marconi sceglie di sottolinearne uno.
"Le Ricerche colpiscono a morte la tradizione agostiniano-cartesiana, secondo
cui la verità abita in interiore homine. Wittgenstein ha fatto vedere che
lintrospezione non è una via daccesso privilegiata alla conoscenza, nemmeno
alla conoscenza di sé (perché i presunti oggetti interni, privati, a cui
soltanto noi avremmo accesso, non sono affatto oggetti di conoscenza); verità e falsità
sono proprietà delle espressioni di un linguaggio intrinsecamente pubblico, le cui
espressioni ricevono significato dal fatto di essere usate (secondo regole)
allinterno della comunità a cui apparteniamo, e non dalla loro connessione con i
nostri pensieri, idee, immagini o altri enti depositati allinterno della nostra
mente. Facendo vedere che linteriorità non è un luogo privilegiato di conoscenza,
Wittgenstein ha tolto di mezzo lIo cartesiano, il concetto di evidenza, la
distinzione tradizionale tra conoscenza intuitiva e conoscenza discorsiva, e ha reso meno
plausibile la contrapposizione tra comprendere e spiegare, e
quindi tra scienze dello spirito e scienze della natura."

Unultima domanda. Sembra proprio, da quanto è stato qui detto, che la filosofia
non sia destinata a morire con il chiudersi del millennio. Come ci si può aspettare,
allora, che i testi dei quali abbiamo parlato continueranno a venir recepiti nel secolo
futuro?
"Una parte notevole della filosofia che si fa oggi, almeno in ambito
analitico" dice Marconi "è dominata o dalla metafisica, o dal naturalismo (la
disgiunzione non è necessariamente esclusiva). Molti sono tornati a pensare, soprattutto
per influenza di Kripke, che la ricerca dei caratteri necessari della realtà sia del
tutto legittima, e non nasca affatto - come invece pensava Wittgenstein-
dallequivoco di imputare alla realtà quelli che sono tratti del nostro sistema di
rappresentazione, cioè del linguaggio o dei linguaggi in cui parliamo della realtà.
Daltra parte, molti altri sono stati indotti da Quine a concepire vari problemi
filosofici come problemi di scienza naturale, e la filosofia come continua con la scienza.
Secondo costoro, Wittgenstein sbagliava a separare nettamente ricerche fattuali
(scientifiche) e ricerche concettuali (filosofiche). Dunque in questo momento il pensiero
di Wittgenstein non è particolarmente popolare, anche se molti suoi temi (ad esempio, che
cosa sia una regola e in che cosa consista seguire una regola) continuano a essere al
centro dellattenzione. Ci sono segnali di unoscillazione del pendolo nel senso
opposto (Mente e mondo di McDowell è uno di questi segnali), ma è sempre futile
cercar di prevedere, a questo livello di generalità, come andranno le cose in
futuro."
Di tono diverso la risposta di Sini. "Husserl nella Krisis ha prefigurato
un pensiero di nuovo genere, una nuova prassi filosofica,
attribuendole il compito di un mutamento degli interessi e di una radicale
conversione non soltanto nella cultura ma anche nella vita dellumanità
europea; una rinascita capace di coinvolgere anche lumanità di tutte le altre
culture. Credo che il secolo che ora si apre non potrà ignorare la grande eredità
husserliana per affrontare i suoi problemi."