Caffe' Europa
Attualita'



Kgb: carte da studiare, non da mettere in piazza

Victor Zaslavsky con Antonio Carioti

 


Sono ormai parecchi anni che il professor Victor Zaslavsky vive nel nostro paese, dopo aver lasciato l'Urss ai tempi di Brezhnev. Ma i paradossi della politica italiana continuano a stupirlo. E il modo in cui è stato affrontato il caso del "dossier Mitrokhin" non è che l'ultimo esempio.

Questo docente della Luiss, autore di vari saggi sul sistema sovietico, collabora con la Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi, per la quale ha preparato tempo fa una relazione sui finanziamenti di Mosca ai partiti italiani. Appena consegnato, il suo lavoro è stato coperto da segreto. Ma più tardi larghi estratti sono usciti a puntate su un quotidiano, presentati in forma sensazionalistica, all'insaputa dell'autore. Insomma, prima una riservatezza ingiustificata, poi la divulgazione propagandistica a sirene spiegate. Qualcosa di simile a quanto è accaduto per le liste del Kgb.

Professor Zaslavsky, siamo sicuri almeno che il dossier portato in Occidente dall'archivista Vassilij Mitrokhin sia attendibile?

Bisogna distinguere: una cosa è l'autenticità delle carte, un'altra la veridicità del loro contenuto. Per quanto riguarda il primo punto, sono convinto che si tratti di materiale autentico. Alcuni dei documenti ricopiati da Mitrokhin, provenienti dagli uffici del Kgb, sono gli stessi che io ho trovato in altri archivi russi, durante la mia ricerca sui finanziamenti sovietici ai partiti italiani. Dunque esistono riscontri oggettivi. Inoltre va considerato che Mitrokhin non sapeva nulla dell'Italia. Per lui i nomi citati nelle schede appartenevano a perfetti sconosciuti e quindi non avrebbe avuto alcuna possibilità, né alcuna ragione, di manipolare le informazioni raccolte dal Kgb. Ciò non significa però che quelle notizie siano necessariamente veritiere.

 

Insomma, l'incartamento trafugato da Mosca non si può considerare oro colato.

Sono rapporti nudi e crudi dei servizi segreti, materiale grezzo che va studiato e valutato caso per caso. Troviamo vicende inequivocabili di spionaggio industriale, con informazioni tecnologiche passate all'Urss in cambio di somme di denaro piuttosto ingenti. Ma in altre schede gli agenti del Kgb si limitano a riferire la loro intenzione di "coltivare" una determinata persona, nell'intento di indurla a collaborare, senza che poi sia chiarito l'esito del loro tentativo. Se ne deduce che quel tale era nel mirino dei sovietici, ma non possiamo certo, solo per questo, bollarlo come una spia.

 

Si rischia insomma di infilare nello stesso mazzo colpevoli e innocenti. Non sarebbe stato possibile evitare un simile polverone?

La maggior parte del dossier Mitrokhin era disponibile in Italia da circa tre anni. C'era dunque tutto il tempo di passare le schede al setaccio, controllarne il contenuto e distinguere le posizioni delle persone chiamate in causa. Ma ciò non è avvenuto, per cui oggi viene data in pasto all'opinione pubblica, come un blocco unico e indistinto, una documentazione non verificata, la cui attendibilità è in alcune parti piuttosto dubbia.

kgb1.jpg (14880 byte)

Quindi ha sbagliato il governo, lasciando il dossier nei cassetti?

Solo una parte di questo materiale è giunta di recente. Perché non si è cominciato a esaminare le carte già pervenute? Perché è stato necessario che uscisse un libro in Inghilterra? Il presidente della Commissione Stragi, Giovanni Pellegrino, ha fatto giustamente rilevare che lui in passato aveva richiesto notizie sull'attività del Kgb in Italia, ottenendo risposte negative circa l'esistenza di documenti sull'argomento. Eppure il dossier Mitrokhin era già arrivato da Londra e giaceva da qualche parte dimenticato.

 

Sorge spontaneo un dubbio: è stata sottovalutata l'importanza delle carte, oppure si temevano le conseguenze della loro pubblicazione?

Non mi azzardo a fare ipotesi. Ma indubbiamente una certa sottovalutazione c'è stata. Chi liquida il dossier come una "bufala", da non prendere sul serio, mi trova in disaccordo. Ci sono anche elementi interessanti, che possono aiutarci a ricostruire diversi avvenimenti. Ma per poter dare un giudizio compiuto occorre una scrupolosa attività di studio, che richiede tempo. Non ha molto senso, invece, mettere in piazza affrettatamente un malloppo che il lettore comune ha ovvie difficoltà a decifrare e interpretare.

 

Del resto queste carte hanno una storia tormentata.

Certamente. Teniamo conto che gli originali prima sono stati trascritti da Mitrokhin, poi hanno subito due successive traduzioni: dal russo all'inglese e dall'inglese all'italiano. Sono passaggi in cui si possono commettere errori e significative sfumature rischiano di perdersi.

 

Possono sorgere equivoci?

Non sarebbe la prima volta. Anni fa in America si scatenò un putiferio per un libro sullo spionaggio atomico sovietico negli Usa. E tutto era dovuto al fatto che la traduzione dal russo conteneva delle forzature, per cui grandi fisici come Enrico Fermi e J. Robert Oppenheimer erano definiti addirittura agenti di Mosca, senza che vi fossero i fondamenti per un'accusa del genere.

 

Si sospetta anche che le schede ricopiate da Mitrokhin contengano millanterie. Alcuni membri del Kgb potrebbero essersi vantati di aver reclutato un giornalista o un politico italiano, anche se non era vero, per acquisire meriti in alto loco.

E' chiaro che gli agenti sovietici tendevano ad attribuirsi successi per fare carriera. Magari avevano una semplice conversazione con una persona e poi sostenevano di averne ottenuto la cooperazione attiva. Questo avviene in tutti i servizi segreti. Teniamo conto però che stiamo parlando di una delle organizzazione spionistiche più efficienti del mondo. Sarebbe un grave errore ritenere che le attività del Kgb fossero una specie di farsa. Io penso anzi che fra breve possano arrivare conferme autorevoli delle informazioni raccolte nel dossier Mitrokhin.

kgb2.jpg (16879 byte)

Da parte di chi?

Ci sono in giro ex dirigenti sovietici che sanno molto di più di quello che c'è scritto in queste schede. E potrebbero anche decidersi a parlare, visto il fragore suscitato dal caso Mitrokhin. Per esempio ho proposto alla Commissione Stragi di ascoltare Vadim Zagladin, che seguiva da vicino le vicende italiane per il Pcus. Un altro che avrebbe molto da dire è Leonid Kolosov, che negli anni '60 e '70 fu "residente" del Kgb a Roma e poi corrispondente dell'"Izvestija".

 

E' noto che gli agenti sovietici in Occidente evitavano di reclutare membri dei partiti comunisti locali. Come mai allora negli elenchi di Mitrokhin troviamo alcuni esponenti del Pci?

Anche qui s'impone una distinzione. La regola generale del Kgb era quella di non avvicinare militanti comunisti: sia perché si presumeva che fossero sorvegliati dai servizi segreti avversari, sia perché la loro collaborazione con l'Urss era già garantita dalla fratellanza ideologica. Se qualche iscritto a un Pc occidentale faceva parte del Kgb, i superiori lo esortavano a dimettersi dal partito e magari a entrare in un altro. Il discorso cambia per quanto concerne i dirigenti comunisti che scambiavano con i sovietici informazioni di natura politica: sono casi per i quali non ha senso parlare di spionaggio, perché si trattava di persone che vedevano nell'Urss il centro del movimento rivoluzionario internazionale. Dal loro punto di vista era doveroso operare a stretto contatto con Mosca.

 

Dal dossier Mitrokhin emerge anche una forte ostilità dei sovietici verso la figura di Enrico Berlinguer.

E' indiscutibile. Il segretario del Pci rappresentava nel mondo comunista una voce dissidente e riformatrice, contrapposta all'immobilismo brezneviano. Anche se l'Urss continuava a finanziare Botteghe Oscure, la posizione di Berlinguer era vista come una sfida all'egemonia di Mosca. Quando poi si arrivò allo "strappo", i sovietici cominciarono ad appoggiare la corrente di Cossutta, che nel loro linguaggio chiamavano "le forze sane" del Pci.

 

altro dato interessante è la grande attenzione di Mosca verso i socialisti.

Non dimentichiamo che fino al 1956 anche il Psi riceveva regolarmente denaro dall'Urss, sia pure in misura minore rispetto al Pci. E più tardi il Cremlino favorì, anche attraverso notevoli contributi finanziari, la scissione socialista e la conseguente formazione del Psiup. I sovietici seguivano con assiduità tutte le vicende della sinistra italiana.

 

A proposito del terrorismo, si parla di rapporti tra Brigate rosse e servizi segreti cecoslovacchi, che però il Kgb disapprovava. Possibile che gli agenti di Praga agissero in autonomia rispetto ai sovietici?

E' un problema tutto da investigare. Si sa che alcuni brigatisti si erano addestrati in Cecoslovacchia, ma non disponiamo ancora della relativa documentazione. Indubbiamente il Kgb delegava alcune operazioni a servizi segreti minori e non è detto che all'Est ci fosse sempre un'assoluta unanimità d'intenti e giudizi. Nella stessa dirigenza del Pcus si confrontavano linee diverse. E poi bisogna considerare il ruolo dei palestinesi, che fungevano quasi da centrale di smistamento dei rifornimenti e dei fondi sovietici tra i vari gruppi terroristici di sinistra. Purtroppo si tratta di un terreno ancora inesplorato, perché dagli archivi finora è uscito molto poco.

 

Forse i documenti sui rapporti con il terrorismo sono stati distrutti.

Non è da escludere. In Germania decine di esperti stanno lavorando da anni per ricostruire, come un immenso mosaico, le carte della Stasi, il servizio segreto tedesco orientale, che sono state triturate in grande quantità dopo la caduta del Muro. Tuttavia numerosi documenti del mondo comunista sono sfuggiti alla distruzione e penso che prima o poi verranno alla luce.

 

Che dire infine dell'inclusione di molti prestigiosi giornalisti italiani nelle liste del Kgb?

La diffusione di notizie favorevoli alla propaganda sovietica, la cosiddetta "disinformazione", era uno dei compiti principali degli agenti di Mosca in Occidente. A tal fine era stato istituito un apposito dipartimento dei servizi segreti. Di conseguenza c'era un forte interesse del Kgb per gli "opinion makers", detti nel gergo sovietico "agenti d'influenza". Quanti giornalisti italiani siano stati soltanto avvicinati e quanti invece si siano davvero prestati a fare il gioco dell'Urss, è naturalmente tutto da verificare.


Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista cliccando qui

Archivio Attualita'

 


homearchivio sezionearchivio
Copyright © Caffe' Europa 1999

Home | Rassegna italiana | Rassegna estera | Editoriale | Attualita' | Dossier | Reset Online | Libri | Cinema | Costume | Posta del cuore | Immagini | Nuovi media | Archivi | A domicilio | Scriveteci | Chi siamo