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A Wojtyla dico: non rinunciare al dialogo

Hans Georg Gadamer con Giancarlo Bosetti


"Il rispetto per le altre religioni è un bene che puo’ salvarci sull’orlo della catastrofe, ma il cammino verso la salvezza ha dei nemici, dentro e fuori della Chiesa, tra i cardinali come Ratzinger da una parte e nel potere degli Stati Uniti dall’altra". Hans Georg Gadamer, cento anni il prossimo febbraio, dati anagrafici sincronizzati col girare dei secoli, volge da tempo la sua attenzione alla religione. "Penso al rispetto dei non religiosi per le religioni, ma soprattutto al rispetto delle religioni tra loro come un mezzo per salvare il pianeta dalla guerra e dalla rovina".

Gia’ un anno fa, qui ad Heidelberg, in una nostra precedente conversazione, aveva parlato della "trascendenza come risorsa". Eravamo in attesa dell’uscita della "Fides et ratio", l’enciclica piu’ filosofica di Giovanni Paolo II, che poi si è rivelata molto dottrinaria e "tomista" per facilitare gli "apprezzamenti incrociati" tra le diverse confessioni. Anzi, quel testo papale è una polemica precisa contro un indirizzo filosofico, quello del "pensiero debole", dei Richard Rorty e dei Gianni Vattimo che di Gadamer sono un po’ gli allievi e un po’ i "distributori" internazionali.

L’intrico filosofico nel mezzo del quale si trova il "grande vecchio" dell’ermeneutica (cosi’ si chiama la sua scuola filosofica, che ha in "Verita’ e metodo" il suo testo fondativo), è complicato dal fatto che Papa Wojtyla ne è un ammiratore al punto che lo ha voluto fin dall’inizio ai suoi seminari estivi di Castelgandolfo, organizzati da un altro gadameriano, Krisztof Michalsky, il direttore dell’Istituto delle scienze umane di Vienna. Con queste premesse, è possibile che il Pontefice sia sensibile a quello che Gadamer gli manda qui a dire, in polemica contro "i cardinali" gelosi della esclusivita’ della dottrina cattolica, e soprattutto contro un cardinale, Joseph Ratzinger, che dell’ideologia di San Pietro è il custode piu’ rigido. E il meno disponibile agli "apprezzamenti incrociati".

 

Perche’ si preoccupa dei cardinali e di Ratzinger?

Perche’ mi rendo conto che il Papa è sostenitore di una tendenza potenzialmente cooperativa tra le religioni. Lui ci crede e vorrebbe fare di piu’, questo è sicuro, ma bisogna vedere che cosa puo’ fare davvero. Guardate quel che è successo con il "mea culpa" sugli scismi, ortodosso, protestante, anglicano. I cardinali della dottrina si sono opposti al gesto del Pontefice, che era esattamente una critica delle divisioni dottrinarie. E il cardinale Ratzinger, sempre presente, troppo presente, ha cercato di fermarlo.

Il Papa è un uomo con lo sguardo straordinariamente lungimirante e, pur essendo stato sempre molto attento, qui è andato oltre le sue stesse possibilita’, ha osato persino piu’ di quello che ci si aspettava da lui. La tendenza cooperativa tra le religioni ha dei nemici molto forti fuori della Chiesa, prima di tutto gli americani, e poi dentro la Chiesa, i cardinali come Ratzinger, custodi severi della dottrina e della "unicita’" del cristianesimo cattolico. Per questo temo che il Papa non ce la fara’ a superare gli ostacoli. Forse altri capi religiosi, come il Dalai Lama, forse un indiano, forse altri. Spero che si affacci qualcuno in grado di mettere in guardia l’umanita’ contro il rischio di una catastrofe.

 

Ci spieghi meglio la sua visione dei pericoli di questo momento e del possibile ruolo delle religioni.

L’umanita’ è esposta a pericoli enormi a causa della larga disponibilita’ di armi atomiche e di altri veleni distruttivi che possono produrre danni irrimediabili. La novita’ del pericolo rispetto ai conflitti del passato consiste nel fatto che in mano a molti paesi, forse anche in Irak, ci sono tecnologie capaci di distruggere la vita sul pianeta. Gli americani sono consapevoli di questi rischi, ma la loro preoccupazione principale è quella di mantenere ed espandere il proprio potere. Non abbiamo dunque molte risorse per la salvezza. Per questo il mio sguardo si rivolge non solo alla politica ma anche alle religioni.

 

Ma le religioni, a dire la verita’, sono piu’ spesso causa di guerra che di pace. Anche le guerre piu’ recenti implicano confini e attriti religiosi.

È chiaro che le confessioni religiose sono diverse, so bene anche che è gia’ difficile trovare una lingua comune persino tra le varianti del cristianesimo, ma l’esposizione al pericolo è cosi’ alta, la minaccia di autodistruzione del globo cosi’ forte che il dialogo tra le differenti culture appare ai miei occhi, come spero apparira’ a tutti, indispensabile. Partiamo allora da quello che tutte le culture e le religioni hanno in comune.

 

E che cosa hanno in comune?

Il tema che puo’ essere discusso tra le diverse culture è quello dei diritti umani. Sui diritti umani un accordo si puo’ trovare, si deve trovare per la stessa ragione per cui tutte le religioni, grandi e piccole, il confucianesimo, il buddismo, l’islamismo, il cristianesimo, ma anche le sette animiste dell’America del Sud o dell’Africa, tutte, hanno in comune il culto dei morti. Proprio tutte le culture. Persino la Rivoluzione d’Ottobre ha prodotto l’idea di conservare per l’eternita’ il corpo di Lenin. Sono molto incuriosito dalla discussione sulla prosecuzione o la sospensione di questa pratica. La stessa mummia di Lenin mostra in forma caricaturale la convinzione di qualcosa che va al di la’ della morte. Cosi’ come i guerrieri vichinghi che si usava seppellire con tutta la loro enorme nave.

Il fatto è che gli esseri umani sono le uniche entita’ viventi che conoscono il sepolcro. E il sepolcro rivela che credono in un al di la’, che dopo la morte rimane qualche cosa. La devozione per i defunti cosi’ universale esprime qualcosa che in termini filosofici chiamiamo la trascendenza. Questo elemento comune ci fornisce la base per porci un obbiettivo: che tutte le religioni accettino i diritti umani. Senza la cooperazione delle grandi culture questo cammino non è possibile. Il cristianesimo da solo non basta, non copre l’intero globo. E neppure gli altri. Naturalmente tocca un compito maggiore alla politica che non alla filosofia. Noi filosofi possiamo semplicemente adoperarci perche' del tema filosofico della trascendenza si valorizzi il tratto comune a tutti gli esseri umani, non le differenze dottrinarie, che piacciono ai Ratzinger di tutte le religioni, ai sofisti che esasperano le differenze teologiche e le fissano in sistemi.

 

I diritti umani sembrano avere piu’ nemici che amici nelle religioni.

Certo i diritti umani sono sempre stati contestati perche’ percepiti come un attacco alla autonomia delle diverse culture e alla sovranita’ degli Stati. Per questo la Cina per esempio ha sempre respinto discorsi sui diritti umani. Dobbiamo disintossicare questa situazione e attribuire questo compito a tutte le grandi religioni, non con lo scopo surrettizio di condannare la Cina per il bagno di sangue che ci fu a Pechino e tutto il resto, ma in generale. Non bisogna urtare le singole culture. Il modo giusto non è neppure quello degli americani, che non rappresentano di sicuro la cultura piu’ amata dagli altri. La disintossicazione tocca alle grandi religioni. Non basta quello che il Papa sta facendo.

 

Il Papa sta organizzando per la primavera del 2000 un viaggio che ha esattamente questo significato, percorrere i luoghi della "storia della salvezza" comuni a tre grandi religioni: islam, cristianesimo, ebraismo.

Io concordo con lui e sento di appartenere al mondo cristiano. So anche che lui sarebbe la persona nelle migliori condizioni per l’opera di disintossicazione. Ma non so se ce la puo’ fare per le difficolta’ che, abbiamo visto, ha all’intero della Chiesa. In Vaticano non sono molto contenti che lui sia cosi’ "liberal". Tra lui e i cardinali non c’è sempre una pace celestiale, specialmente con alcuni di loro, come ho gia’ detto. Altri possono aiutare, specialmente il Dalai Lama.

 

E se le religioni non si liberano di questi ostacoli interni alla cooperazione per i diritti umani?

Allora dovremo chiedere aiuto ai politici e chiedere agli americani di contenere certe loro tendenze espansionistiche, che somigliano a quello che si chiamava imperialismo. Gli uomini di governo, europei, indiani, arabi dovrebbero intensificare il confronto sui diritti umani per arrivare a una pace solida prima della terza guerra mondiale, prima del crepuscolo del mondo. È indispensabile che questo dialogo sia piu’ rapido della diffusione degli armamenti nucleari. E i diversi punti di vista non possono impedire di trovare principi comuni, come per esempio il valore della vita, forse il bando alla pena di morte come indirizzo generale del diritto internazionale. Probabilmente sono troppo vecchio, e sono un vecchio la cui voce conta molto poco, ma sono convinto con sufficiente sicurezza che il mondo non sopravvivera’ al prossimo secolo se non ci incamminiamo in questa direzione.

 

E vuole che questo messaggio di allarme aiuti qualcuno ad aprire gli occhi? Vuole incoraggiare il Papa?

Credo che il Papa sia molto consapevole dei pericoli, ma non ha una piena autonomia di azione. È sottoposto a pressioni. Io non sono cattolico, ma anche se fossi cattolico non potrei certo chiedergli di esaudire i miei desideri. Questa sarebbe davvero una vana esagerazione della mia funzione nel mondo. Ho cercato con la mia filosofia di mostrare quante poche cose possiamo controllare, ho sempre insistito sul fatto che dobbiamo imparare molto e che non sappiamo niente. Mi sono dedicato al nostro grande "ignoramus". Ignoriamo soprattutto il mistero della trascendenza, non sappiamo niente dell’al di la’. Non cambiero’ atteggiamento adesso, non abbandono la mia modestia. Scriva che un vecchio le ha raccontato qualche idea che gli passava per la testa, qualche paura di cui non riesce a liberarsi.

 

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