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Il trionfo della genetica

Edoardo Boncinelli con Pietro Greco


Molti definiscono il Novecento il secolo della scienza. Per almeno due motivi. Il primo è che la scienza ha consentito quell’innovazione tecnologica che, in appena cento anni, ha trasformato così radicalmente l’economia e gli stili di vita degli uomini come non era mai avvenuto, forse, in epoca storica. Il secondo è che l’impresa scientifica ha prodotto, in questo secolo, risultati squisitamente culturali così straordinari da modificare in profondità, come forse mai era avvenuto prima, la percezione che l’uomo ha di se stesso e dell’universo che lo circonda.

Individuare il meglio offerto in questo secolo da una vicenda culturale così ricca e innovativa, così sfaccettata e piena di dettagli significativi, non è davvero impresa facile. Forse può riuscirci Edoardo Boncinelli, fisico di formazione e biologo di professione, direttore del Laboratorio di Biologia molecolare dello sviluppo dell'Istituto Scientifico San Raffaele di Milano e presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare. Coi suoi studi sui geni "architetto" che regolano la formazione del corpo e della struttura del cervello, Boncinelli si è meritato una candidatura al Premio Nobel e si è posto alla frontiera della ricerca in biologia e in neurobiologia.

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Professor Boncinelli, che secolo è stato il ‘900 per la scienza? E qual è il meglio che ha prodotto la vicenda scientifica in questi ultimi cento anni?

Questo secolo ha una posizione davvero particolare nella storia. Perché, almeno per quanto riguarda il progresso scientifico e tecnologico, tutte le premesse seminate nei tre o quattro secoli precedenti sono "scoppiate" nel ‘900. Non giudichi esagerata la metafora dell’esplosione. Perché tutte le grandi discipline scientifiche hanno prodotto risultati vasti ed eccezionali. La fisica, che già era fortissima nel secolo scorso, nel ‘900 ha prodotto novità che chiunque sarebbe d’accordo a definire sconvolgenti. Direi che la meccanica quantistica e la relatività di Einstein, sono le due grandi e sconvolgenti novità, anche da un punto di vista epistemologico, prodotte dalla fisica del ‘900.

Ciò, naturalmente, non significa che non sia successo nient’altro in fisica. E’ successo molto. C’è stata la scoperta del neutrone, la scoperta dell’antimateria. Poi, negli anni ’60, la definizione della cromodinamica quantistica e la scoperta dei quark. Ancora all’inizio degli anni ’70 alcuni fisici, tra cui Abdus Salam a Trieste, hanno proposto che l’interazione elettromagnetica di Maxwell e l’interazione nucleare debole di Fermi a energie sufficientemente elevate diventano una sola forza. Il nostro Rubbia ha dimostrato la validità di questa teoria con il famoso esperimento al Cern. La teoria elettrodebole è stata il primo e unico processo di unificazione di forze fondamentali della natura, dopo l’unificazione di elettricità e magnetismo realizzata da Maxwell nell’800.

La chimica, scienza che per la verità conosco un po’ meno, ha modificato la nostra vita quotidiana, portando nelle nostre case materiali della cui portata innovativa neppure ci rendiamo conto, ma che sono quanto di più "innaturale", nel senso positivo di lontano dalla materia primigenia, ci possa essere. Ma secondo alcuni la scienza trionfatrice del secolo è la biologia. Perché, di fatto, è come se nel ‘900 fosse nata.

 

I fisici delle alte energie sperano tuttora di produrre nuove unificazioni di forze fondamentali.

Molti sono convinti, e io tra questi, che a energie più alte l’interazione elettrodebole si unifichi con un’altra forza fondamentale, l’interazione nucleare forte. Penso che questa unificazione verrà presto dimostrata. Quello che resta, purtroppo, solo un progetto è l’unificazione tra la gravità e le altre tre forze fondamentali della natura. Ovvero la riconciliazione tra meccanica quantistica e relatività. La gravitazione è la bestia intrattabile della fisica. Sfugge a qualsiasi tentativo di quantizzazione. Il compito della fisica del XXI secolo sarà unificare gravità e meccanica quantistica.

 

La fisica del ‘900 ha prodotto queste straordinarie novità culturali, oltre che scientifiche. Ma molti pensano che la scienza emergente del secolo sia stata la biologia.

Veniamo, dunque, alla neonata. Alla biologia. All’inizio del secolo avevamo una splendida teoria dell’evoluzione biologica, nata dal genio di Charles Darwin, ma non avevamo la più pallida idea né di come funziona un organismo vivente, né di come si trasmette l’informazione biologica da una generazione all’altra.

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Mendel aveva prodotto una teoria della trasmissione dei caratteri ereditari da genitore a figlio.

Certo, nell’800 c’era stato Gregor Mendel, che più o meno in contemporanea con Darwin, aveva elaborato la sua teoria quantitativa di trasmissione dei caratteri genetici. Ma la sua opera era stata completamente dimenticata. Di fatto è stata riscoperta solo all’inizio di questo secolo. Lo stesso Darwin, d’altra parte, aveva elaborato i suoi principi dell’evoluzione per selezione naturale non avendo la più pallida idea di come i caratteri biologici si trasmettessero dai genitori ai figli. E questo è un merito enorme da ascrivere a quel genio. Pur nella assoluta ignoranza dei meccanismi di trasmissione ereditaria dei caratteri genetici, Darwin è riuscito a parlare per metafore e a distillare una teoria dell’evoluzione biologica che ancora oggi è pienamente valida.

 

Torniamo all’inizio del ‘900, cosa succede?

Succede che le leggi di Mendel vengono riscoperte. E con quella riscoperta si crea il fervore, per dimostrarle o per confutarle, da cui nasce la genetica moderna. Il trionfo della nuova scienza inizia intorno al 1910, quando qualcuno intuisce che conviene studiare la trasmissione dei caratteri ereditari di organismi semplici, come la Drosophila, il moscerino della frutta. E’ su questo insetto, così diverso da noi, che abbiamo costruito l’edificio della genetica. Così nella prima parte del secolo iniziamo a capire come gli organismi viventi trasmettano di generazione in generazione l’informazione biologica: mediante i cromosomi, contenuti nei nuclei delle cellule.

I primi genetisti comprendono che i cromosomi sono come "collane di perle": ogni perla, chiamata gene, porta l’informazione per fare qualcosa di specifico. Le collane si trasmettono da genitore a figlio, quasi immutate. Ma non totalmente immutate. La costanza dell’informazione trasmessa è sufficiente a garantire che da due cavalli nasca un cavallo e non un rospo. La trasmissione comporta però piccole variazioni, proprio come aveva intuito Darwin. Queste piccole, ma significative variazioni consentono la variabilità tra gli individui di una famiglia, di una specie e, in definitiva, l’evoluzione biologica stessa. Perché su queste variazioni, che noi oggi chiamiamo mutazioni, si innesta l’opera della selezione naturale ipotizzata da Darwin.

 

Nella prima parte del secolo si scopre che c’è e dov’è la "collana di geni", ma cosa si sa dei meccanismi chimici che consentono la trasmissione dei caratteri ereditari e la vita stessa?

La prima metà del secolo ha partorito la genetica, all’improvviso: come Minerva dal cervello di Giove. In realtà in quel periodo si verifica anche il trionfo della biochimica. Una scienza, figlia della chimica, che aveva già mosso i primi passi nell’800. La biochimica consente di chiarire alcuni punti davvero essenziali: cosa succede all’interno di una cellula. La biochimica negli anni ’30 e ’40 inizia a chiarire quali sono i meccanismi molecolari che consentono alla cellula di sopravvivere: in termini di bilancio energetico, di ciclo dei nutrienti, di meccanismi di reazione biochimici. In sintesi: la genetica, come studio della trasmissione dell’informazione biologica, e la biochimica, come studio della fisiologia della cellula, portano la biologia a svilupparsi su basi solide - cioè quantitative e riproducibili, sul modello della fisica - prima che inizi la seconda guerra mondiale.

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La rivoluzione, però, si compie solo all’inizio degli anni ’50.

Sì, perché intanto gli strutturisti, ovvero gli scienziati che usando metodi fisici, come i raggi X, per indagare i sistemi biologici, iniziano a chiarire come sono fatte in dettaglio le proteine, le molecole più diffuse e più versatili presenti negli organismi viventi, e come è fatto nel dettaglio il Dna, il materiale ereditario. Quindi, all’inizio degli anni ’50 troviamo da una parte la biologia molecolare, che consente di porre la previsione biologica sul medesimo piano quantitativo della fisica, e dall’altra la strutturistica, che consente di afferrare la natura dell’informazione biologica, contenuta nel lungo nastro del Dna. Si tratta di una svolta epocale. Secondo alcuni questo è stato il punto culminante della biologia del secolo. Il che significa, anche, della biologia di sempre.

 

Stabiliti chi sono gli attori e che linguaggio usano, si inizia a studiare la trama della vita?

Già. Perché conoscere gli attori e il linguaggio che usano non è sufficiente. Se un gene sta lì, nella cellula, e non fa nulla, non si esprime come diciamo noi, è come se non ci fosse. Noi possediamo centomila geni. Sono gli stessi in ogni nostra cellula. Solo che alcuni sono "accesi", cioè attivi, in alcune cellule e altri sono "accesi" in altre cellule. In fondo tutta la differenza tra una cellula del ginocchio e una cellula cervello consiste nel fatto che alcuni geni sono attivi nel ginocchio e altri sono attivi nel cervello. Bene, negli ultimi 30 anni la biologia si è occupata di questo unico, formidabile, problema: chi regola l’espressione genica nelle varie cellule. Solo dagli anni ’70 il problema è diventato trattabile.

 

In che senso?

Vede, gli strumenti che si avevamo negli anni ’60, quando io ho iniziato a occuparmi di biologia, erano sufficienti a studiare il problema dell’espressione genica nei batteri. Ma erano del tutto insufficienti per studiare quel medesimo problema negli organismi superiori. A metà degli anni ’70 c’è la svolta. Viene inventato il clonaggio. Ovvero la possibilità di isolare un qualsiasi gene di un organismo superiore, di replicarlo in un numero di copie molto ampio, e studiarlo a piacimento. A questo punto studiare la biologia di un batterio e studiare la biologia di un organismo superiore sono diventate imprese a difficoltà paragonabile.

 

A questo punto è nata l’ingegneria genetica.

Infatti, dopo aver isolato e studiato, è diventato possibile, almeno in parte, modificare il contenuto del Dna. E a questo punto è diventato ovvio, almeno a me, che non aveva più senso studiare solo i batteri. Ma che conveniva studiare anche l’espressione genica negli organismi superiori: dei moscerini, topi o addirittura l’uomo.

 

Quali sono le conquiste principali in biologia degli ultimi anni?

Tra tanto, scelgo due concetti che si sono imposti. Il primo riguarda la nostra conoscenza del sistema nervoso, considerata la parte nobile degli organismi animali. La parte, tra l’altro, dove risiede la mente dell’uomo. Bene: abbiamo capito che non c’è nulla, nel sistema nervoso, che differisca dagli altri sistemi dell’organismo. Il sistema nervoso è fatto di cellule. Che sono certo particolari, ma che obbediscono alle medesime leggi delle altre cellule. Vede, stiamo cominciando solo adesso a capire come funzione il sistema nervoso. Molti sono ancora i punti oscuri. Ma possiamo per ora dire che esso funzione in modo strutturalmente e qualitativamente non diverso rispetto agli altri sistemi. Un risultato che è, dal punto di vista concettuale, molto importante. Una lezione che, peraltro, non tutti hanno appreso.

 

Qual è l’altra idea importante che si è affermata in questi anni?

L’altra idea è che tutti gli organismi, dai vermetti più infimi all’uomo, hanno in comune molto di più di quanto un tempo si potesse pensare. Esistono, infatti, una quindicina di geni, immutati da 600 milioni di anni, da quando è nata la vita animale, che controllano la disposizione della testa, del torace, dell’addome o la crescita degli arti, che sono uguali o molto simili in tutti gli organismi animali. In altri termini l’architettura, il piano generativo del corpo, in tutte le specie animali è il medesimo. Questo concetto, che ha iniziato a maturare solo nel 1984, non è banale. Anzi, all’inizio risultava quasi incredibile. Ritengo che anche questa idea abbia delle implicazioni culturali notevoli.

 

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