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Le vacanze delle elite di inizio secolo

Marina Calloni


"M'ho da cambiar di tutto, m'ho da vestir da viaggio", sussurrava la preoccupata Giacinta nell'esilarante commedia goldoniana dedicata a "Le smanie per la villeggiatura". Era la fine del Settecento. Eppure, ciò non si discosta molto dalle preoccupazioni di chi oggi si mette in viaggio. Ma non sono certo gli abiti a distinguere il villeggiante. Sarebbero invece i siti frequentati ad indicarne lo status sociale, ma così facendo si giungerebbe al paradosso di definire "esclusivi" luoghi che sono di massa.

Nel corso della scorsa estate, in cui il pettegolezzo, anche se falso, è sembrato acquisire dignità di verità e dove è stato necessario farsi segnalare da qualche parte per ricordare al mondo la propria esistenza, è emerso un nuovo fenomeno culturale: politici ed intellettuali hanno acquistato lo stesso peso di copertina che occupavano i vip dello spettacolo. La prestanza o meno del fisico esposto al sole è diventata allora irrilevante, data l'improbabile competizione fra attori e politici. L'importante, infatti, è stato mostrarsi.

Se il circo mediatico ha ridotto politica, università, giornalismo e spettacolo sullo stesso piano balneare, esiste tuttavia un'altra "storia delle vacanze" che rimanda a differenti luoghi della memoria, a produzioni culturali alte, ma anche ad insite contraddizioni. Dove andavano in vacanza gli intellettuali prima del turismo di massa? Se questa può apparire di primo acchito una domanda futile, in un secondo tempo può rivelare un'inedita storia della cultura europea, della letteratura di viaggio, ma anche della trasformazione consumistica della villeggiatura e dell'emergenza dell'esibizionismo mediatico.

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Il desiderio di visitare luoghi "già conosciuti" mediante pitture e libri, di attraversare un composito paesaggio fatto di evocazioni artistiche e di naturali "contrasti armoniosi", fa cadere anche le ultime renitenze di fronte alla prospettiva di un "turismo culturale" e all'imbarazzo del "pellegrinaggio intellettuale". Il varcare con lo sguardo spazi più volte "citati", il fissare paesaggi ripresi in opere sempre nuove permette così di ripercorrere i territori della leggenda letteraria e della storia del pensiero, assieme alle vite e alle vacanze dei suoi protagonisti.

L'arco alpino italo-svizzero si presta a questo esperimento. Racchiuso fra incantevoli valli e profondi laghi, rappresenta geograficamente l'ultima barriera, il diaframma che separa il Nord dalle terre più calde del Sud. Tale ubicazione ne ha fatto un luogo magico per molti intellettuali del Nord Europa. Si dice che anche Goethe, nella sua discesa verso l'Italia, abbia fatto tappa a Loveno sul Lago di Como, fermandosi presso quella che è oggi nota come Villa Vigoni, accogliente ed elegante residenza costruita dal ricco commerciante francofortese Mylius ad uso dei suoi amici di passaggio verso il Mediterraneo. Poco lontano, a Bellagio, ha sede la prestigiosa e facoltosa Fondazione Rockfeller, che organizza convegni e soggiorni di studio per esimi ricercatori e professori provenienti da tutto il mondo. Cultura e natura si coniugano qui perfettamente.

Proseguendo verso la Svizzera, lungo la strada che porta al Passo del Maloja, si incontra la Fondazione Salecina, un rinomato centro di formazione e vacanze. Fu fondata nel 1971 in un'antica baita da Theo Pinkus, un rivoluzionario svizzero che aveva partecipato con entusiasmo a tutte le battaglie e contestazioni, dagli anni Trenta in poi. Si dice che il centro fosse stato sovvenzionato anche da Giangiacomo Feltrinelli, allora timoroso che l'Italia fosse travolta da un golpe fascista. Molti illustri ospiti sono stati qui accolti: Karola ed Ernst Bloch vi dimorarono nel 1934, prima di essere espulsi dalla Svizzera. Negli anni Sessanta vi soggiornarono lo scrittore Max Frish e il filosofo Herbert Marcuse, partecipando ad un ormai famoso dibattito. Ora il centro organizza regolarmente seminari di studio e di formazione, gite ecologiche e visite culturali.

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Quali ne siano le ragioni, dobbiamo convenire che il Bernina, l'Engadina, la Bregaglia e il Passo del Maloja racchiudono il fascino del percorso di frontiera. Sono lo spartiacque fra mondi geografici e culture diverse, allocato fra paesaggi che si aprono verso il mare o si rinchiudono verso i monti. Del resto, lo stesso Thomas Mann era stato stregato da questa magia paesaggistica. Frequentava questi luoghi anche d'inverno - molte foto lo ritraggono a St. Moritz con gli sci ai piedi - e a Davos aveva ambientato la "Montagna incantata". Rinomato centro svizzero di villeggiatura e di cura, Davos aveva tra l'altro rappresentato un sicuro rifugio per molti ebrei ed antifascisti in fuga dall'Italia e dalla Germania, a causa delle persecuzioni razziali ed ideologiche.

Paesaggio e alberghi sono spesso diventati il pretesto per scrivere nuovi romanzi, così come avvenne per "L'ebbrezza della metamorfosi" di Stefan Zweig. Un intricato paesaggio antropico, che fa scambiare per natura anche le costruzioni progettate dall'uomo, si unisce senza soluzione di continuità ad innumerevoli suggestioni letterarie, tanto da diventare "leggendario" sia per gli intellettuali villeggianti, sia per i visitatori, osservatori di ambienti che fanno ormai parte dell'immaginario culturale dell'Occidentale.

Non si vuole solo scrutare le radici del "mito letterario", bensì anche vedere quella realtà paesaggistica di cui siamo soliti ammirare le copie. Ma quando si arriva in questi luoghi, non si può che ammettere che sono così simili alle loro riproduzioni pittoriche e letterarie da sembrare quasi inverosimili, poichè ricalcano appieno il canone estetico della "bellezza naturale".

L'ispirazione scultorea di Alberto Giacometti proviene del resto proprio da queste valli. Nato a Stampa da una famiglia di artisti, Giacometti passò la sua vita tra Parigi, la scena internazionale delle avanguardie e la sua terra d'origine. Anche Giovanni Segantini ebbe da questi paesaggi montani l'impulso decisivo per la sua opera pittorica. Alla fine dell'Ottocento, aveva fatto costruire al Passo del Maloja, accanto alla sua casa, un atelier in stile neo-classico. Il museo "Segantini" è stato però allestito a St.Moritz, dove vengono ricostruiti gli interni del suo laboratorio assieme alle suggestioni dei suoi quadri, fra narrazioni bucoliche della vita alpestre (animali e pastori accomunati da una stessa sorte) e rappresentazioni cruda della fatica esistenziale. E molti disegni di baite, vette, foreste e pascoli rievocano anche l'archetipo di quella misteriosa "voce dell'essere", al cui ascolto si era abbandonato Martin Heidegger, rifugiatosi nella sua baita di Todtnauberg nella Foresta Nera, forse per sottrarsi all'eco del suo passato nazista.

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Ma in queste valli risuona anche il ricordo di quella corrente filosofica di fine Ottocento che ebbe un dirompente influsso su tutto il pensiero di questo secolo. Friedrich Nietzsche non solo passò di qui, ma addirittura ebbe parole romantiche per "l'angolo più leggiadro della terra", ovvero per Sils Marie, dove soggiornò a lungo. Qui veniva a sedare i suoi strazi, ma anche ad alimentare la sua tormentata vena filosofica, trovando ispirazione per i suoi aforismi.

Un luogo del pensiero può essere addirittura trovato cammin facendo: si viene infatti a sapere che Nietzsche venne illuminato dall'idea di "superuomo" lungo un sentiero, accanto a un cippo . Ma questa notizia non allevia certo la fatica del viandante. Ora sappiamo però che fu la sorella Elisabeth a manomettere gli inediti di Nietzsche in chiave di "volontà di potenza". A Sils si possono vedere le copie di tali manomissioni. Sono esposte nella casa dove il filosofo visse e che è ora adibita a piccolo museo, nonostante si possano ancora affittare camere. Le foto di Nietzsche sul letto di morte, assopito dalla follia, chiudono il cerchio sulla sua tribolata esistenza.

Anche Reiner Maria Rilke, un altro importante esponente della letteratura mitteleuropea della disperazione e del sublime, passò di qui, fermandosi a Soglio. Assieme a Nietzsche, fu travolto dalla passione d'amore per la stessa donna: la bella Lou Salomé che diventerà poi paziente del Dr. Freud. Entrambi gli spasimanti furono rifiutati.

Ritornando verso il confine italiano, sul Lago di Lugano ci si può soffermare a Montagnola, dove il filosofo Max Horkheimer trascorse alcuni anni della sua vita, morendovi nel 1973. Fondatore della "teoria critica della società" e critico dell'esistente, Horkheimer non poté tuttavia esimersi dalla critica che un suo esimio collega, Georg Lukács, aveva mosso contro gli "intellettuali in vacanza".

I teorici francofortesi solevano infatti incontrarsi d'estate al "Grand Hotel Abisso" presso il Maloja. Lukács allora scriveva: "Nell'albergo della teoria, fornito di tutti i comfort, si sistemano a loro agio gli intellettuali sull'abisso del nulla, al cospetto dell'esperienza della mancanza di senso che minaccia ogni prassi in condizioni totalitarie." Era il 1933, anno di ascesa di Hitler al potere, quando emergevano l'impotenza e le responsabilità degli intellettuali. Ma nel corso delle vacanze 1999, anche se con una guerra appena finita, queste parole non si sono volute proprio sentire. Cose d'altri tempi.

 

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