"M'ho da cambiar di
tutto, m'ho da vestir da viaggio", sussurrava la preoccupata Giacinta nell'esilarante
commedia goldoniana dedicata a "Le smanie per la villeggiatura". Era la fine del
Settecento. Eppure, ciò non si discosta molto dalle preoccupazioni di chi oggi si mette
in viaggio. Ma non sono certo gli abiti a distinguere il villeggiante. Sarebbero invece i
siti frequentati ad indicarne lo status sociale, ma così facendo si giungerebbe al
paradosso di definire "esclusivi" luoghi che sono di massa.
Nel corso della scorsa estate, in cui il pettegolezzo, anche se falso,
è sembrato acquisire dignità di verità e dove è stato necessario farsi segnalare da
qualche parte per ricordare al mondo la propria esistenza, è emerso un nuovo fenomeno
culturale: politici ed intellettuali hanno acquistato lo stesso peso di copertina che
occupavano i vip dello spettacolo. La prestanza o meno del fisico esposto al sole è
diventata allora irrilevante, data l'improbabile competizione fra attori e politici.
L'importante, infatti, è stato mostrarsi.
Se il circo mediatico ha ridotto politica, università, giornalismo e
spettacolo sullo stesso piano balneare, esiste tuttavia un'altra "storia delle
vacanze" che rimanda a differenti luoghi della memoria, a produzioni culturali alte,
ma anche ad insite contraddizioni. Dove andavano in vacanza gli intellettuali prima del
turismo di massa? Se questa può apparire di primo acchito una domanda futile, in un
secondo tempo può rivelare un'inedita storia della cultura europea, della letteratura di
viaggio, ma anche della trasformazione consumistica della villeggiatura e dell'emergenza
dell'esibizionismo mediatico.

Il desiderio di visitare luoghi "già conosciuti" mediante
pitture e libri, di attraversare un composito paesaggio fatto di evocazioni artistiche e
di naturali "contrasti armoniosi", fa cadere anche le ultime renitenze di fronte
alla prospettiva di un "turismo culturale" e all'imbarazzo del
"pellegrinaggio intellettuale". Il varcare con lo sguardo spazi più volte
"citati", il fissare paesaggi ripresi in opere sempre nuove permette così di
ripercorrere i territori della leggenda letteraria e della storia del pensiero, assieme
alle vite e alle vacanze dei suoi protagonisti.
L'arco alpino italo-svizzero si presta a questo esperimento. Racchiuso
fra incantevoli valli e profondi laghi, rappresenta geograficamente l'ultima barriera, il
diaframma che separa il Nord dalle terre più calde del Sud. Tale ubicazione ne ha fatto
un luogo magico per molti intellettuali del Nord Europa. Si dice che anche Goethe, nella
sua discesa verso l'Italia, abbia fatto tappa a Loveno sul Lago di Como, fermandosi presso
quella che è oggi nota come Villa Vigoni, accogliente ed elegante residenza costruita dal
ricco commerciante francofortese Mylius ad uso dei suoi amici di passaggio verso il
Mediterraneo. Poco lontano, a Bellagio, ha sede la prestigiosa e facoltosa Fondazione
Rockfeller, che organizza convegni e soggiorni di studio per esimi ricercatori e
professori provenienti da tutto il mondo. Cultura e natura si coniugano qui perfettamente.
Proseguendo verso la Svizzera, lungo la strada che porta al Passo del
Maloja, si incontra la Fondazione Salecina, un rinomato centro di formazione e vacanze. Fu
fondata nel 1971 in un'antica baita da Theo Pinkus, un rivoluzionario svizzero che aveva
partecipato con entusiasmo a tutte le battaglie e contestazioni, dagli anni Trenta in poi.
Si dice che il centro fosse stato sovvenzionato anche da Giangiacomo Feltrinelli, allora
timoroso che l'Italia fosse travolta da un golpe fascista. Molti illustri ospiti sono
stati qui accolti: Karola ed Ernst Bloch vi dimorarono nel 1934, prima di essere espulsi
dalla Svizzera. Negli anni Sessanta vi soggiornarono lo scrittore Max Frish e il filosofo
Herbert Marcuse, partecipando ad un ormai famoso dibattito. Ora il centro organizza
regolarmente seminari di studio e di formazione, gite ecologiche e visite culturali.

Quali ne siano le ragioni, dobbiamo convenire che il Bernina,
l'Engadina, la Bregaglia e il Passo del Maloja racchiudono il fascino del percorso di
frontiera. Sono lo spartiacque fra mondi geografici e culture diverse, allocato fra
paesaggi che si aprono verso il mare o si rinchiudono verso i monti. Del resto, lo stesso
Thomas Mann era stato stregato da questa magia paesaggistica. Frequentava questi luoghi
anche d'inverno - molte foto lo ritraggono a St. Moritz con gli sci ai piedi - e a Davos
aveva ambientato la "Montagna incantata". Rinomato centro svizzero di
villeggiatura e di cura, Davos aveva tra l'altro rappresentato un sicuro rifugio per molti
ebrei ed antifascisti in fuga dall'Italia e dalla Germania, a causa delle persecuzioni
razziali ed ideologiche.
Paesaggio e alberghi sono spesso diventati il pretesto per scrivere
nuovi romanzi, così come avvenne per "L'ebbrezza della metamorfosi" di Stefan
Zweig. Un intricato paesaggio antropico, che fa scambiare per natura anche le costruzioni
progettate dall'uomo, si unisce senza soluzione di continuità ad innumerevoli suggestioni
letterarie, tanto da diventare "leggendario" sia per gli intellettuali
villeggianti, sia per i visitatori, osservatori di ambienti che fanno ormai parte
dell'immaginario culturale dell'Occidentale.
Non si vuole solo scrutare le radici del "mito letterario",
bensì anche vedere quella realtà paesaggistica di cui siamo soliti ammirare le copie. Ma
quando si arriva in questi luoghi, non si può che ammettere che sono così simili alle
loro riproduzioni pittoriche e letterarie da sembrare quasi inverosimili, poichè
ricalcano appieno il canone estetico della "bellezza naturale".
L'ispirazione scultorea di Alberto Giacometti proviene del resto
proprio da queste valli. Nato a Stampa da una famiglia di artisti, Giacometti passò la
sua vita tra Parigi, la scena internazionale delle avanguardie e la sua terra d'origine.
Anche Giovanni Segantini ebbe da questi paesaggi montani l'impulso decisivo per la sua
opera pittorica. Alla fine dell'Ottocento, aveva fatto costruire al Passo del Maloja,
accanto alla sua casa, un atelier in stile neo-classico. Il museo "Segantini" è
stato però allestito a St.Moritz, dove vengono ricostruiti gli interni del suo
laboratorio assieme alle suggestioni dei suoi quadri, fra narrazioni bucoliche della vita
alpestre (animali e pastori accomunati da una stessa sorte) e rappresentazioni cruda della
fatica esistenziale. E molti disegni di baite, vette, foreste e pascoli rievocano anche
l'archetipo di quella misteriosa "voce dell'essere", al cui ascolto si era
abbandonato Martin Heidegger, rifugiatosi nella sua baita di Todtnauberg nella Foresta
Nera, forse per sottrarsi all'eco del suo passato nazista.

Ma in queste valli risuona anche il ricordo di quella corrente
filosofica di fine Ottocento che ebbe un dirompente influsso su tutto il pensiero di
questo secolo. Friedrich Nietzsche non solo passò di qui, ma addirittura ebbe parole
romantiche per "l'angolo più leggiadro della terra", ovvero per Sils Marie,
dove soggiornò a lungo. Qui veniva a sedare i suoi strazi, ma anche ad alimentare la sua
tormentata vena filosofica, trovando ispirazione per i suoi aforismi.
Un luogo del pensiero può essere addirittura trovato cammin facendo:
si viene infatti a sapere che Nietzsche venne illuminato dall'idea di
"superuomo" lungo un sentiero, accanto a un cippo . Ma questa notizia non
allevia certo la fatica del viandante. Ora sappiamo però che fu la sorella Elisabeth a
manomettere gli inediti di Nietzsche in chiave di "volontà di potenza". A Sils
si possono vedere le copie di tali manomissioni. Sono esposte nella casa dove il filosofo
visse e che è ora adibita a piccolo museo, nonostante si possano ancora affittare camere.
Le foto di Nietzsche sul letto di morte, assopito dalla follia, chiudono il cerchio sulla
sua tribolata esistenza.
Anche Reiner Maria Rilke, un altro importante esponente della
letteratura mitteleuropea della disperazione e del sublime, passò di qui, fermandosi a
Soglio. Assieme a Nietzsche, fu travolto dalla passione d'amore per la stessa donna: la
bella Lou Salomé che diventerà poi paziente del Dr. Freud. Entrambi gli spasimanti
furono rifiutati.
Ritornando verso il confine italiano, sul Lago di Lugano ci si può
soffermare a Montagnola, dove il filosofo Max Horkheimer trascorse alcuni anni della sua
vita, morendovi nel 1973. Fondatore della "teoria critica della società" e
critico dell'esistente, Horkheimer non poté tuttavia esimersi dalla critica che un suo
esimio collega, Georg Lukács, aveva mosso contro gli "intellettuali in
vacanza".
I teorici francofortesi solevano infatti incontrarsi d'estate al
"Grand Hotel Abisso" presso il Maloja. Lukács allora scriveva:
"Nell'albergo della teoria, fornito di tutti i comfort, si sistemano a loro agio gli
intellettuali sull'abisso del nulla, al cospetto dell'esperienza della mancanza di senso
che minaccia ogni prassi in condizioni totalitarie." Era il 1933, anno di ascesa di
Hitler al potere, quando emergevano l'impotenza e le responsabilità degli intellettuali.
Ma nel corso delle vacanze 1999, anche se con una guerra appena finita, queste parole non
si sono volute proprio sentire. Cose d'altri tempi.