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Tra geni e chip: il futuro leggero di Business Week

Raffaele Oriani


Il settimanale americano ‘Business Week’ e’ un riconosciuto segugio di trend economici, sociali, politici. Da sempre tiene d’occhio Wall Street per osservare le strade del mondo, studia fatturati aziendali per capire le evoluzioni del senso comune, stila top ten economiche alla ricerca delle regioni piu’ attive del globo. Ora si lascia tentare dalla previsione millenarista e propone 21 idee per il XXI secolo. Con un’avvertenza: la futurologia non e’ una scienza esatta, ma una passione della quale si ricordano piu’ le cantonate che le analisi azzeccate.

Chi avrebbe detto ad esempio che a trent’anni dallo sbarco sulla luna avremmo dovuto accontentarci… della rievocazione nostalgica del primo sbarco sulla luna? E come dimenticare che quando mancavano solo pochi mesi al crak del ’29 esimi economisti assicuravano che "questo buon livello del mercato azionario puo’ ormai dirsi permanente"? Consapevole che a predire il futuro si rischia lo sberleffo dei posteri, ‘Business Week’ rinuncia allora ai fatti, alle statistiche, alle proiezioni e propone una serie di idee, di spunti, al limite di scenari.

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Una sorta di ‘in’ e ‘out’ che guarda al mondo di domani con gli occhi della scienza e della tecnologia per spaziare quindi su ambiente, lifestyle, politica, vita vissuta. A farla da padrone e’ ovviamente Internet, l’utopia del mondo connesso cui e’ dedicata una delle 21 idee, ma che in realta’ plasma trasversalmente ogni disciplina. Quanto alla Rete in senso stretto a detta di ‘Business Week’ la principale novita’ nascera’ dalla contemporanea diffusione della connessione informatica globale e dei piu’ disparati sistemi di rilevamento (centraline antinquinamento, termostati, microfoni, sensori, eccetera): l’interazione tra i due tipi di sistemi rivestira’ presto il pianeta terra di ‘una pelle elettronica’ pronta a raccogliere milioni di informazioni e a produrre sofisticate elaborazioni che non e’ detto non finiscano a breve per sviluppare procedimenti automatici di funzionamento, reazione, autocorrezione.

La rete provochera’ comunque impressionanti effetti collaterali cambiando il nostro modo di vivere. In Politica innanzitutto: non e’ certo un’opinione originale, ma ‘Business Week’ sostiene che nel giro di qualche anno torneremo al mito toquevilliano del dibattito personale e diretto tra eletti ed elettori; negli Usa finira’ cosi’ l’epoca del degradante marketing politico gestito dai network televisivi e si svilupperanno centri spontanei di creativita’ e di controllo pubblici.

Di Rete e di globalismo rischiano invece di perire le Nazioni, stando almeno al trend attuale per cui in cinquant’anni si e’ passati da 58 a 185 membri riconosciuti dell’Onu. Quali i prossimi stati? Molti i candidati, dal Tibet al Kashmir, dal Kurdistan al Biafra, dall’Ossezia al Quebec alla Scozia; stando al settimanale americano, non piu’ di due invece i principali agenti della disintegrazione: l’economia globale che mina il potere degli stati e invoglia entita’ minori a ‘mettersi in proprio’, e la solita Internet che rende piu’ facile e agile ogni forma di comunicazione.

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Tra le tendenze piu’ pervasive che caratterizzeranno il prossimo secolo c’e’ sicuramente quella che Calvino avrebbe chiamato la ‘leggerezza’. Leggerezza nei campi piu’ diversi: gradualmente ad esempio spariranno le grandi centrali di Energia, sostituite da centri di produzione a domicilio in grado di coprire il fabbisogno famigliare e di eliminare quindi ogni forma di spreco. Si affermeranno nuove modalita’ di Produzione all’insegna della maneggevolezza e della miniaturizzazione manifatturiera. Esempi? Non e’ improbabile che un consumatore del 2020 possa acquistare in Rete la ‘ricetta’ di un Pc per inserirla poi in un ‘nanobox’ casalingo in grado di elaborare molecole plastiche e di confezionare quindi in pochi minuti un computer fatto e finito. Anche nel mondo del Business si affermera’ un approccio ‘soft’ alla gestione d’impresa che releghera’ in secondo piano le figure dei grandi manager per esaltare il valore del gioco di squadra.

In campi invece in cui i limiti della leggerezza siano gia’ stati abbondantemente raggiunti, secondo ‘Business Week’ si assistera’ a graduali (leggere?) inversioni di tendenza: le Citta’ americane torneranno ad esempio a scoprire la dignita’ del centro all’europea interrompendo quella deriva urbanistica che negli ultimi decenni ha portato a metropoli sempre piu’ diffuse, periferie infinite e campagne colonizzate da villette monofamigliari.

Per la stessa ragione anche in campo filosofico recuperera’ terreno una certa pesantezza: pur prestando sempre piu’ ascolto alle scoperte della scienza, la Religione riaffermera’ quindi il suo ruolo di disciplina-limite dell’ingegno umano, di indispensabile contrappeso alle forme di ricerca programmate per scovare il quanto, il come, il quando ma non il perche’ delle cose. Quanto alla scienza, invece, secondo ‘Business Week’ a grandi aspettative non risponderanno sempre rapidi successi.

Prendiamo ad esempio l’ultima frontiera della Medicina: la mappatura dei geni umani portera’ a saperne di piu’ sul nostro organismo ma non ad intervenire sui complicatissimi meccanismi di interazione tra cellule e proteine. E anzi, in attesa di sconfiggere cancro, Alzheimer e altre malattie, le nuove conoscenze porranno soprattutto immani problemi sociali, con datori di lavoro e compagnie di assicurazione naturalmente portati a diffidare dei soggetti geneticamente predisposti ad una particolare malattia. Il medico come delatore? Il pericolo c’e’ e anche se ‘Business Week’ non lo dice, forse proprio chi garantisce la privacy ha in mano la vera professione del futuro.

 

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