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La memoria dell’Occidente
Carlo Scirocchi
Uno dei problemi che la comunicazione moderna deve affrontare è, a
mio giudizio, quello dell’inflazione di significati. L’uso
corrente, spesso a sproposito, di termini importanti come pace,
libertà, e giustizia, che compaiono sulla bocca di personaggi di
tutti i tipi, rende tali termini altrettanto estranei che se fossero
completamente cancellati dal dizionario. In realtà ci troviamo di
fronte a parole che sottendono intere filosofie, intere visioni del
mondo e della vita su questo pianeta e che forse meriterebbero quel
momento di silenzio e di riflessione che il loro fluire indiscriminato
impedisce. Uno dei termini che ha smarrito il suo profondo
significato, sopraffatto da lotte e beghe politiche e di parte,
trangugiato dal tamburo battente dei mezzi di comunicazione di massa,
spesso attratti più dagli estremismi che dalle verità e sottigliezze
storiche, è questo strano termine che suona come: Islam.
Il significato originale di tale parola non ha nulla a che vedere con
terrorismo o sopraffazione o discriminazione o altre situazioni poco
edificanti ma, in accordo con la radice araba della parola, SLM, che
implica i concetti di pace, purezza, sottomissione e ubbidienza, vuole
semplicemente indicare: sottomissione alla volontà di Dio. Ora
se è vero, come è vero, che noi occidentali apparteniamo
prevalentemente a religioni monoteiste, si deduce che nessun vero
credente troverebbe da ridire sul fatto che la Fede impone la
sottomissione all’Onnipotente. Uno dei principi affermati dal
Corano, che è il libro sacro del mondo musulmano, è la tolleranza e
il rispetto per la vita e forse pochi sanno che Gesù è citato nel
Corano in ben 93 versetti.
Se per un momento mettiamo da parte la questione teologica della Sua
natura secondo il punto di vista cristiano, che sicuramente non
coincide con il punto di vista musulmano, Egli è comunque
considerato, proprio per tale menzione coranica, un Profeta di prima
grandezza anche dai musulmani. Insomma a voler anche di poco scavare
nelle cose appare subito chiaro che i punti di contatto tra culture
apparentemente lontane come quella cristiana e quella musulmana, sono
in realtà molti e importanti. Per questo certi anatemi o guerre sante
scagliati e dichiarate dall’una e dall’altra parte trovano ben
poco fondamento nello spirito e nella lettera dei rispettivi testi
sacri.
Che poi in tutte le epoche ci sia stato chi, facendo leva sull’ignoranza
dei fanatici, abbia piegato lo spirito della religione ai propri scopi
è un motivo in più per cercare di non farsi travolgere da visioni
emotive e superficiali nel giudizio dei fatti umani. Non credo che si
possa giudicare e capire il messaggio cristiano, per esempio,
analizzando semplicemente la storia dell’Inquisizione. Da questo
punto di vista sembrerebbe molto più corretto chiamare ‘fondamentalisti’
coloro che vanno al fondamento delle cose, cioè allo spirito
unificante delle religioni e delle culture, piuttosto che quelli che
credono che la base della predicazione dei Santi e dei Profeti sia una
incitazione alla guerra anziché un richiamo alla pace e alla
concordia. La parola jihad non vuol dire affatto ‘guerra
santa’, che è un termine inventato ad uso e consumo di propagande e
fanatismi di parte, ma ‘sforzo’ e fa riferimento allo sforzo e
alla volontà di elevare se stessi verso Dio per collocarsi tra coloro
di cui Lui si compiace attraverso l’applicazione degli insegnamenti
che Egli, attraverso i suoi Profeti, ha inviato agli uomini. Del resto
appare ormai molto azzardato, in base all’analisi storica, vedere
nello spirito delle Crociate contro gli infedeli di medioevale
memoria, l’attualizzazione dello spirito del Vangelo ignorando le
lotte per il potere politico ed economico che esistevano allora come
oggi. In questo senso la storia si ripete visto che la storia è fatta
dagli uomini che, come si sa, possiedono quelle particolari
caratteristiche chiamate: egoismo e avidità.
In realtà l’Occidente deve quasi tutto ciò che sa alla cultura
araba, sia d’Oriente che di Occidente. Quando il mondo musulmano si
estese su tutto il Mediterraneo, dalla Turchia alla Spagna, realizzò
ciò che pochi secoli prima aveva già fatto il mondo romano: l’unificazione
e, in taluni casi, l’integrazione delle culture. Come sappiamo alla
caduta dell’Impero d’Occidente scomparve un modello di
organizzazione che, bene o male, aveva favorito le comunicazioni e la
circolazione di elementi culturali diversi, la assimilazione ed
espansione, attraverso il veicolo delle legioni, di importanti
civiltà come quella greca, etrusca ed egizia. La cultura greca, che
tanta influenza ebbe su quella romana, doveva a sua volta molto a
quella egizia, come testimoniato dallo stesso Erodoto. Con la
conquista dell’Egitto da parte di Alessandro Magno la
compenetrazione tra le due culture si fece ancora più stretta e
Alessandria d’Egitto divenne il faro della cultura di quei tempi,
luogo d’incontro della tradizione egizia, ebraica, e greca. Divenuta
successivamente la capitale della provincia romana d’Egitto
continuò questa funzione unificatrice divenendo più tardi anche polo
della cultura cristiana. Quando nel 642 la città fu conquistata dagli
arabi la sua grande cultura si trasmise a questi ultimi che, peraltro,
avevano già avuto contatti con la grande tradizione spirituale greca,
specialmente attraverso i Siriani. Prima della conquista araba
esisteva già una tradizione di interscambio tra culture diverse
attraverso l’opera di scuole di traduzione di dotti bilingui e i
nuovi dominatori incoraggiarono e incrementarono l’opera di
traduzione in arabo dei grandi testi classici. Si ricorda in
particolare l’istituzione della Bayt al-Hikma (La Casa della
Sapienza) da parte del califfo abbaside al-Mamun che diede un impulso
senza precedenti all’opera di traduzione. Attraverso questi
imponenti lavori autori come Galeno, Tolomeo, Euclide, Aristotele,
Giamblico e Porfirio entrarono nel mondo islamico, ‘emigrando’ dal
mondo antico al Medioevo. I sapienti musulmani fecero proprie le
grandi conquiste matematiche e filosofiche dei Greci, dei Babilonesi e
degli Egizi, facendo del mondo musulmano il nuovo depositario della
sapienza antica. Dopo la conquista araba della Spagna e il fiorire di
quella straordinaria cultura, nata dalla commistione dei musulmani
maghrebini con il mondo latino, questo imponente corpo di opere
classiche venne tradotto dall’arabo al latino, principalmente ad
opera della scuola di traduttori di Toledo, sorta grazie al
mecenatismo del re di Castiglia Alfonso il Saggio, e finalmente questi
testi cominciarono a circolare anche in un Occidente che li aveva
praticamente dimenticati. I sapienti arabo-spagnoli che sorsero
numerosi, come Ibn Arabi di Murcia e Averroè di Cordova, erano
rispettati e studiati in tutta Europa e presso le nuove istituzioni
culturali, che erano le università arabo-spagnole, si recavano a
studiare, in un clima di grande tolleranza, sia ebrei che cristiani.
Ci sono stati pochi esempi, nella storia del mondo, di profonda e
proficua collaborazione e reciproco rispetto come il periodo della
dominazione musulmana della Spagna, a testimonianza che non è affatto
vero considerare la cultura musulmana come sinonimo di intolleranza.
Per fare un esempio autorevole del clima di quel periodo citerò
Gerberto d’Aurillac che, dopo aver studiato presso le università di
Cordova e Toledo, divenne Papa con il nome di Silvestro II°. Dalla
Spagna la cultura classica, attraverso l’opera di studiosi e monaci
che da tutta Europa confluivano in Spagna spinti dalla ricerca delle
fonti del sapere, estese la sua influenza sulla scolastica cristiana
permeando la cultura Europea ed influenzandola praticamente fino ai
giorni nostri. In particolare, oltre ai testi scientifici, venne
trasmesso il corpo della tradizione ermetica e spirituale, che gli
arabi avevano salvato nella loro lingua, e a tale corpo di conoscenze
attinsero gente come Tommaso d’Aquino, Ruggero Bacone, Raimondo
Lullo, Nicola Flamel. Questi a loro volta influenzarono l’opera di
altre grandi personalità come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e
Giordano Bruno, contribuendo a quel grande movimento di rinnovamento
culturale che fu il Rinascimento. Giova notare che negli stessi anni
che videro il fiorire della cultura araba di Spagna fiorì nell'Italia
meridionale un altro importante e fiorente polo culturale: la corte
palermitana di Federico II°, lo 'stupor mundi'. Grazie a lui, che si
attorniava di guardie moresche, di medici ebrei, di trovatori
provenzali e di poeti andalusi, l'influenza musulmana penetrò fino al
cuore del mediterraneo, trasformando Palermo e la Sicilia in un polo
culturale che aveva visto pochi precedenti di tale livello
nell'Occidente mediterraneo. Per merito delle corti di Alfonso e
Federico per la prima volta il mondo cristiano europeo poteva
compararsi sul piano della qualità con la civiltà bizantina e
orientale.
La religione musulmana fu perciò un potente collante tra culture
antiche e nobili come quella persiana, egizia, siriana, maghrebina,
bizantina, andalusa, e ciò che era nato tra le tribù seminomadi dell’Arabia
si giovò ben presto dell’apporto di tali antiche culture che già
possedevano una lunga tradizione di sviluppo. Sia pure a grandi linee
si può intravedere ancora una volta la forza portante delle civiltà
del Mediterraneo nello sviluppo dell’Occidente, civiltà che, pur
attraverso spesso la contrapposizione e la lotta, diedero vita ad un
fermento culturale e a mutue influenze che abbracciano uno spazio di
interi millenni.
Il corpo di conoscenze che la cultura araba trasmise all’Occidente
comprendeva, oltre alle cognizioni scientifiche e ai trattati
filosofici, anche la tradizione alchemica. Riprendendo le antiche
conoscenze greche e babilonesi, fu Jabir ibn Hayyam, conosciuto dagli
alchimisti europei come Geber, a riproporre la Grande Opera. Lo stesso
termine alchìmia deriva dalla parola araba al kemia, cioè la
chimica, così come al tanur divenne per l’Occidente l’athanor.
Tra i grandi alchimisti europei che attinsero le loro conoscenze dagli
arabi ritroviamo ancora i nomi di Raimondo Lullo, Ruggero Bacone e
Alberto Magno che fu maestro di Tommaso d’Aquino. Toledo era
considerato il centro della trasmissione di tali conoscenze assumendo
presto la reputazione di ‘cattedra delle scienze occulte’. A
Toledo studiò Gerardo da Cremona che, appreso l’arabo, tradusse e
diffuse l’opera di Geber, oltre ad altri importanti trattati come
quello di matematica di al-Khuwarizmi. A tale proposito giova
ricordare che proprio dall’opera di tale autore, nato a Baghdad
intono al 780, si deve l’introduzione della parola ‘algebra’ che
deriva da al jabr con un significato che fa riferimento alla
trasposizione dei termini delle equazioni.
Nei secoli in cui l’Islam occupava praticamente tutto il
Mediterraneo sorsero anche le grandi opere letterarie di Rumi,
originario dell’Afganistan e morto in Turchia, di Omar Khayyam,
poeta, filosofo e matematico persiano, e quel monumento dai
significati molteplici e stratificati che conosciamo come le fiabe
delle ‘Mille e Una Notte’. La stessa Commedia di Dante, come messo
in luce brillantemente dall’illustre islamista gesuita spagnolo
Asìn Palacios nel suo Dante e l’Islam, è grandemente
debitoria nella sua struttura e nei suoi significati simbolici alla
cultura islamica. Il fatto che un personaggio come Dante ritenne di
realizzare uno dei massimi capolavori della letteratura di tutti i
tempi coniugando la tradizione cristiana con il simbolismo e la
cultura araba, è la migliore testimonianza della forte influenza
musulmana sulla nascente o rinascente cultura europea. Del resto la
grande influenza che la cultura Islamica ebbe su Dante è stata
abbondantemente confermata da studi successivi a quelli di Palacios,
anche ad opera di autorevoli studiosi italiani come Maria Corti. Lo
stesso Dante fa intravedere i riferimenti della sua cultura nel ‘Convivio’,
scritto in latino con lo scopo di riassumere la cultura della sua
epoca, citando astronomi, matematici e filosofi musulmani tra cui Ibn
Arabi, Avicenna e Averroè.
Sarebbe troppo lungo in questa sede analizzare i collegamenti che
molti studiosi hanno evidenziato tra altri importanti fenomeni storici
dell’Europa e la cultura musulmana come, per esempio, il sorgere
dell’Ordine dei Templari, la letteratura cavalleresca, il fenomeno
dei trovatori e dei Liberi Muratori. E’ interessante però notare
come il fantasma della raffinatezza e vastità della cultura dell’Islam
si aggira anche nella produzione cinematografica rivolta al grande
pubblico. Anni fa, per esempio, Hollywood mise in circolazione un film
sulla vita romanzesca di Omar Khayyam dove veniva enfatizzata la sua
poliedrica personalità.. Successivamente Peter Brook si occupò, in
un suo film, della vita di quello straordinario e misterioso
personaggio venuto dall’Oriente che era Gurdjieff che, per primo,
portò in occidente metodi di insegnamento Sufi, e il sufismo, almeno
come lo conosciamo oggi nella sua formulazione più visibile, è stato
veicolato attraverso la cultura musulmana. Più recentemente nel Robin
Hood interpretato da Kevin Kostner, appare l’insolita figura di un
saraceno che, fuggito dalla prigione insieme al protagonista, lo aiuta
nelle sue imprese. Nel film tale personaggio è rappresentato come
grande guerriero, forte e leale, imperturbabile di fronte alle
avversità, e, soprattutto, come uomo di vasta cultura al cui cospetto
il mondo dei castelli e castellani inglesi appare primitivo e
grossolano. Sembra proprio l’archetipo di quei personaggi tra il
filosofo e lo scienziato, tra il poeta e il guerriero che conosciamo
con il termine, già citato, di Sufi. L’importanza di questi ultimi
non solo per il mondo musulmano ma per tutta la civiltà d’Oriente e
di Occidente richiederebbe una trattazione a parte. Basti ricordare
che sia Rumi che Khayyam sono considerati anche maestri Sufi. Rumi è
forse più conosciuto in Occidente come il fondatore dell’Ordine dei
Dervisci Danzanti, tuttora attivi a Konia. Alla Sua scuola di
spiritualità accorrevano studenti da tutto il mondo conosciuto e si
narra che ai Suoi funerali fosse presente anche un buon numero di
cristiani. Di lui e della sua vasta opera poetica si è anche
recentemente occupato il mondo della musica e del teatro d’avanguardia
attraverso lo spettacolo teatrale, rappresentato in tutta Europa, ‘Monster
of Grace’, dove la lettura dei testi è stata accompagnata da
immagini digitali e dalla musica di Philip Glass.
Insomma, a conclusione di questo breve excursus, appare abbastanza
chiaramente l’esistenza di profondi e insospettati legami tra mondo
musulmano e mondo cristiano, al di là delle strumentalizzazioni
contingenti. L’obiettività storica e l’onestà intellettuale
impongono di porre nella giusta prospettiva una cultura, come quella
musulmana, che appare vasta e articolata e, nei suoi fondamenti, ricca
di tradizioni umanistiche da cui non solo l’Occidente ha attinto
largamente ma a cui deve la continuità della sua memoria con il mondo
classico che, per molti secoli, aveva praticamente dimenticato.
Limitare l’analisi e la conoscenza alla situazione attuale, dominata
da malintesi culturali e interessi di parte che preferiscono la
contrapposizione e la diversità alle affinità dettate dalla Storia,
significa restringere l’orizzonte delle nostre stesse radici che in
Occidente affondano soprattutto nella vasta area che gravita intorno
al Mediterraneo e, in ultima analisi, negare un contributo possibile
alla reciproca comprensione e cooperazione in vista di un mondo
migliore.
Riferimenti Bibliografici
Miguel Asìn Palacios: Dante e l’Islam. L’escatologia islamica
nella Divina Commedia - Milano - Nuova Pratiche Editrice - 1997
Italo Borzi: Introduzione a Dante. Tutte le Opere - Grandi
Tascabili Economici Newton - Roma - 1993
Idries Shah: I Sufi - Edizioni Mediterranee - Roma - 1990
Gabriele Mandel: Il Corano senza segreti - Rusconi - Milano
-1991
Adriano Lanza: Dante e la gnosi. Esoterismo del Convivio -
Edizioni Mediterranee - Roma - 1990
F. Yates: Giordano Bruno e la tradizione ermetica - Laterza -
Bari - 1981
R. Guènon: L'esoterismo di Dante - Atanòr - 1976
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