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E c'è una terza via anche per la
destra
Si
parla un po’ meno di “terza via”? Forse è così. La formula
coniata dal direttore della London School of Economics, Antony Giddens,
non viene più esibita un giorno sì e un giorno no sotto i riflettori
degli incontri internazionali. Ha subito qualche ammaccattura con l’uscita
di scena di Clinton, con la sconfitta di Gore, con la fine dell’effetto
novità per il governo Blair. Ma l’interprete per eccellenza dell’idea,
l’autore del best-seller intitolato alla “Third Way” non
pensa affatto a un declino, anzi torna a lavorare sul tema e rafforza
la sua proposta, sviluppandola in due direzioni: la prima è quella
che dice alla destra di tutto il mondo “badate che anche voi dovrete
fare i conti con la terza via; le vostre politiche, cari Aznar, cari
Bush, cari avversari dei governi di centrosinistra, dovranno passare
dalle stesse strettoie”; la seconda è quella che nasce dall’impasse
dell’Unione europea alla vigilia di Nizza e cerca una soluzione tra
le due alternative: il troppo del federalismo europeo preteso da
Joschka Fischer e il troppo poco degli euroscettici che l’Europa
continuano a non volerla. Dopo il primo libro sul tema Giddens ha
lavorato a un secondo con le "risposte ai critici della terza
via" e ora ne ha appena pubblicato un terzo: The Global Third
Way Debate. Intanto con Will Hutton ha mandato nelle librerie “On
the Edge”, una discussione a più voci sulla globalizzazione.
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